Disordini a Washington, condanna globale

Il mondo intero guarda a quanto accaduto al Congresso americano a Washington e, seppure con toni e misure diverse, riserva parole dure a questi avvenimenti e allo stesso presidente Trump
Usa, poliziotti con le pistole puntate sui sostenitori di Trump che hanno assaltato il Congresso a Washington, foto Ap

L’assalto al Congresso statunitense a Washington da parte dei sostenitori di Trump, quando in Italia era ieri sera, ha avuto larga eco sui mass media di tutto il mondo. Unanime la condanna per gli assaltatori e per il presidente uscente.

“Rivolte istigate da Trump“, “Caos“, “Le rovine del Trumpismo“: sono alcune delle parole che si trovano oggi nella home page dello spagnolo El Paìs, che apre con un resoconto minuzioso delle rivolte e di quanto affermato dai rivoltosi – «È il nostro Congresso, abbiamo il diritto di stare qui». Ma è soprattutto l’editoriale di Luìs Bassets ad usare parole pesanti: «Il bilancio è di distruzione. Trump è riuscito efficacemente a demolire l’ordine internazionale liberale costruito nel corso di 70 anni». Anche l’editoriale di El Mundo, giornale con uno sguardo particolarmente attento ai fatti internazionali, titola il proprio editoriale “Così muoiono le democrazie“, e parla di «dimostrazione che i rischi del populismo non sono mera retorica».

Il britannico Guardian si spinge a definire il tutto «carneficina americana», e punta il dito contro l’azione inefficace della polizia nel contenere le violenze; mentre i rivoltosi erano «liberi di saccheggiare il Campidoglio», a dimostrazione che «Trump, come ha messo in chiaro da mesi, è pronto a fare una carneficina di quello stesso sistema politico che l’ha elevato al potere più alto». Anche il Times titola “Il Campidoglio Usa sotto assedio”, e l’editoriale di Daniel Filkenstein afferma che «Trump ha disonorato la tradizione e questa sarà la sua eredità duratura».

Il tedesco Der Spiegel titola “La Trump-ribellione” e “Il colpo di Stato di colui che ha perso le elezioni“; e si sofferma in particolare sulla scia di dimissioni all’interno dello staff di Trump e delle persone a lui più vicine in segno di protesta verso quanto accaduto, nonché sullo stato d’emergenza dichiarato nella capitale fino all’insediamento di Biden. Die Zeit titola “Così finisce” – che forse in italiano vedremmo meglio con un “Questa è la fine“-; ma sottolinea come, per quanto la democrazia americana sia stata «apertamente attaccata», è stata «una giornata disastrosa per Donald Trump». E Heinrich Hefing nel suo editoriale ammonisce: «È così che finisce quando le regole non si applicano più e la legge viene disprezzata».

Sul fronte francese, Le Monde sceglie toni più tranquillizzanti nel rassicurare sul fatto che la situazione è sotto controllo; ma non lesina un titolo forte dell’editoriale di Sylvie Kauffmann, “Donald Trump, il presidente insurrezionalista“, in cui si evidenziano le responsabilità dirette di Trump nel fomentare le rivolte. Anche Le Figaro pone l’attenzione sulla capacità di reazione del Congresso, scegliendo di aprire con le parole del senatore McConnell, “Il Congresso non si lascerà intimidire“; ma comunque parla di «presa del Campidoglio» e di «democrazia americana spezzata».

E in Russia, Paese di cui tanto si vocifera rispetto ai rapporti con Trump? La Komsomol’skaja Pravda relega la notizia ad un trafiletto, seppure in seconda posizione (l’apertura è riservata agli auguri di Natale del Patriarca: ricordiamo che gli ortodossi celebrano oggi la la nascita di Gesù), in cui si parla genericamente di «Crisi politica negli Usa», e di «minaccia di impeachment» per il «il vecchio presidente» mentre «il nuovo non è ancora stato nominato». Insomma, pare più una questione tra Trump e Biden che di ordine pubblico. Diversa la scelta di una testata non legata al governo, la Novaja Gazeta, che invece apre con la notizia delle rivolte; e si chiede, quasi sconsolatamente, come andrà a finire.

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