Discorsi di ieri per oggi

Parole nuove per ogni epoca, quelle pronunciate da Chiara Lubich in 200 interventi nei più diversi contesti pubblici. Il pensiero della fondatrice dei Focolari tocca ogni ambito dell’agire umano.
Chiara Lubich mentre prepara i suoi discorsi.

«Io c’ero». La prima reazione, quando ho iniziato a sfogliare il libro Discorsi, terzo volume della collana Opere di Chiara Lubich (ed. Città Nuova), è stata proprio quella di ricordare le tante volte in cui ho avuto la possibilità di ascoltare di presenza alcuni dei 200 discorsi pronunciati dalla fondatrice dei Focolari in contesti pubblici. I più vari, da quello civile a quello ecclesiale, dall’ambito accademico a quello istituzionale; rivolti ai giovani e alle famiglie; a cristiani e a persone di qualsiasi fede; a laici come a consacrati.

Senza considerare le migliaia di volte in cui la Lubich ha incontrato le persone che a vario titolo fanno parte del Movimento dei Focolari, con interventi mai solo limitati a una sfera personale, semmai occasioni non meno importanti per formare una coscienza del “noi”. In tutti i casi parole pensate una per una, riviste, cancellate e riscritte (come testimoniano le minute conservate negli archivi) fino a quando la Lubich non era certa che quanto avrebbe donato non fosse veramente frutto di un attento ascolto dello Spirito.

E forse per questo hanno ancora oggi tanto da dire a chi le rilegge e a chi vi si accosta per la prima volta, a chi cerca spunti per il proprio impegno quotidiano, a coloro che si interrogano su come affrontare i grandi problemi personali e sociali. Discorsi in cui non mancano la profezia e il realismo, le proposte ardite e quelle più praticabili, la visione ampia e l’intelligenza concreta, la comprensione dei problemi fino in fondo e la capacità di cogliere la trama di un disegno più grande che apre alla speranza e allontana la rassegnazione. Discorsi che portano a riflettere ma anche a vivere perché mai astratti, sempre frutto, invece, di un’esperienza personale o maturata all’interno del Movimento.

Chiara Lubich alla sede dell’Onu di New York, 1997

Sfogliando questo volume di circa 800 pagine, che raccoglie comunque una selezione di soli 82 discorsi, ho ripercorso con la mente e col cuore tante sensazioni ed emozioni che ne hanno accompagnato l’ascolto. E anche per tanti di quelli che non ho ascoltato in diretta, il ricordo è vivo per averne visto le riprese, per averne utilizzato i contenuti nella mia vita personale e professionale. Di alcuni ricordo il carattere fondante, anche se, quando sono stati pronunciati, ero ancora piccolina e ne sono venuta a conoscenza successivamente. Così potrei dire, ad esempio, del discorso pronunciato a Londra il 6 aprile 1977, quando le fu conferito il Premio Templeton per il progresso delle religioni. In quell’occasione, raccontando la sua esperienza «di fede e di vita» a persone di diverse religioni, Chiara Lubich ebbe la profonda sensazione che tutti facessero parte dell’unica famiglia umana e per la prima volta intuì che il Movimento dei Focolari, nato in seno alla Chiesa cattolica, avrebbe avuto a che fare con persone di ogni tradizione religiosa. Il dialogo interreligioso, tipico dei Focolari, e sviluppato ad ogni latitudine, le ha dato ragione.

In questa raccolta ognuno può ritrovare o imbattersi per la prima volta nel suo discorso preferito, quello che ha portato o porterà qualcosa di nuovo nella sua vita. Se dovessi sceglierne uno, non saprei quale. Ma come non ricordare la forza con la quale la Lubich, in occasione del ricevimento della cittadinanza onoraria di Roma nel gennaio 2000, impegnò se stessa e il Movimento a dedicarsi «d’ora in poi a questa città più e meglio»; o la determinazione con la quale promise a Giovanni Paolo II nello storico incontro dei movimenti nel 1998 che «essendo il nostro specifico carisma l’unità, ci impegneremo con tutte le nostre forze a contribuire a realizzarla pienamente».

Chiara Lubich a Innsbruck, 9 novembre 2001, per il congresso “Mille città per l’Europa”.

O ancora la sua proposta della fraternità, avanzata a Stoccarda nel 2004, generata dal Vangelo vissuto da appartenenti a comunità delle varie Chiese cristiane. E addirittura l’“utopia” della fraternità in politica lanciata a Innsbruck al convegno dei sindaci europei “Mille città per l’Europa” nel 2001.

Non si finirebbe più. Prima di chiudere, un accenno a un discorso fondamentale per noi comunicatori, pronunciato nel giugno 2003, dal titolo “Maria e la comunicazione”. Tanti i “trucchi” del mestiere che possiamo apprendere da Maria, fino a diventare «capaci di far nascere e crescere una comunicazione secondo il cuore di Dio».
Una Chiara Lubich poliedrica, insomma, ancora tanto da scoprire.


Il Movimento un’opera di Dio
«Sono stata invitata ad offrirvi la mia testimonianza di vite e di fede, che va di pari passo con la fondazione e lo sviluppo del Movimento dei Focolari. È un’esperienza forse un po’ singolare. Sì. Perché la penna non sa quello che dovrà scrivere, il pennello non sa quello che dovrà dipingere e lo scalpello non sa ciò che dovrà scolpire. Così, quando Dio prende in mano una creatura per far sorgere nella Chiesa qualche sua opera, la persona scelta non sa quello che dovrà fare. È uno strumento. E questo, penso, può essere il caso mio».

E ancora: «Il Movimento, che ne è nato, ha tutte le qualità proprie di un’opera di Dio: (…) fecondità e diffusione sproporzionate a ogni forza o genio umano, croci, croci, ma anche frutti, frutti, abbondantissimi frutti. E gli strumenti di Dio in genere hanno una caratteristica: la piccolezza, la debolezza. (…) E mentre lo strumento si muove nelle mani di Dio, Egli lo forma con mille e mille accorgimenti dolorosi e gioiosi. Così lo fa sempre più atto al lavoro che deve svolgere. Finché, acquistata una profonda conoscenza di sé ed una certa intuizione di Dio, può dire con competenza: io sono nulla, Dio è tutto.

Quando l’avventura iniziò a Trento, io non avevo un programma, non sapevo nulla. L’idea dell’Opera era in Dio, il progetto in Cielo. Così all’inizio. Così durante i 34 anni di sviluppo del Movimento dei Focolari». (Pescara, 15 settembre 1977. Al XIX Congresso eucaristico nazionale).

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