Dialogando con Davide Prosperi

Presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione (CL), sposato, padre di quattro figli, è docente di Biochimica e direttore del centro di Nanomedicina all’Università Bicocca.

Come è entrato in contatto con CL?

Mia mamma, rimasta sola con me e mio fratello ancora piccoli, dopo che mio padre è morto in un incidente, ha trovato lavoro in una scuola di Milano che alcune famiglie del movimento avevano appena fondato (La Zolla, esiste ancora). L’esperienza della perdita di mio padre aveva segnato me e mio fratello. Guardando mia madre mi chiedevo spesso: cosa permette a una persona di reggere quando le viene tolto così tanto?

La fede. Questa era la risposta che mi dava mia madre. Con lei, nonostante le difficoltà, non ho mai percepito la vita come negativa. Poi ho fatto il percorso di studi nelle scuole di CL, dove sono stato educato a guardare la realtà sempre come un bene. Ma è all’università che è avvenuto il mio vero incontro con Gesù, quello che Giussani chiama il bel giorno.

Cosa ha significato?

È un avvenimento che mi ha aperto una strada nuova. Ho cominciato insieme agli amici del CL Università a fare esperienza di una fede vissuta e comunitaria, dando un contributo alla presenza del movimento e quindi della Chiesa negli ambienti dell’università. Le circostanze mi portarono, a metà anni ’90, a conoscere don Giussani. Per un certo periodo l’ho potuto frequentare molto.

Lo sguardo che don Giussani ha avuto su di me è stato fondamentale per capire che io non sono determinato da quello che so o riesco a fare. Ciò che realmente mi definisce è il rapporto con Cristo. Tutto ciò implicava una radicalità di vita, intesa positivamente, sulla quale Giussani non faceva sconti. Quando Giussani morì lasciò inizialmente un grande vuoto nel cuore di molti. Ma per me, che avevo perso il papà da piccolo e avevo trovato in lui una figura paterna, la sua morte coincise col rendermi conto che seguire lui fino in fondo voleva dire seguire la strada su cui lui mi aveva messo.

Don Luigi Gioussani (foto CL)
Don Luigi Gioussani (foto CL)

Cento anni fa (il 15 ottobre) nasceva don Luigi Giussani. In cosa consiste la sua eredità?

La prima eredità di Giussani è la sua stessa vita, il suo metodo di vita proteso al riconoscimento in ogni istante della presenza amorevole di Gesù, capace di rispondere al nostro desiderio di vivere una vita piena. Questo riguarda ogni uomo, non è prerogativa dei ciellini. Celebrare il centenario della sua nascita è l’occasione per ringraziare Dio del dono di don Giussani e del dono del carisma a lui affidato dallo Spirito per la Chiesa. Il centenario ci rilancia in avanti, non è uno sguardo nostalgico al passato. E poi c’è un avvenimento che viviamo con grande gioia e gratitudine: Papa Francesco ci ha fatto il dono di un’udienza in piazza S. Pietro riservata a tutto il movimento, proprio nel giorno in cui si celebra il centenario della nascita di don Giussani.

I tempi sono cambiati dagli anni ’60 e ’70 in cui CL è nata. Oggi la società “liquida” tende a privilegiare il provvisorio e l’indistinto. Cosa ha da dire il carisma di Giussani?

Don Giussani credeva nell’educazione dei giovani. Voleva educarci a prendere sul serio le esigenze ultime del nostro cuore. Perché solo con questa postura l’incontro con Cristo si sarebbe rivelato nella sua pienezza e sarebbe diventato interessante anche per gli altri. Per educarci così Giussani scommetteva sulla nostra libertà, provocandoci a prendere sul serio innanzitutto noi stessi. Anche nel contesto odierno è importante tenere alta l’asticella, credere al desiderio di infinito che c’è nel cuore dei giovani e degli adulti, consapevoli che solo nell’incontro con Cristo esso può trovare soddisfazione. Don Giussani diceva: «Noi soffochiamo i giovani se pretendiamo da loro un entusiasmo per le cose limitate».

Don Giussani ha lasciato un vuoto. Poi le dimissioni di Carron in seguito alle nuove norme sul governo delle associazioni laicali e la lettera del card. Farrell del 10 giugno. Sembra che CL – come altri Movimenti ecclesiali – stia passando un periodo di travaglio. È così?

Ciò che la Chiesa da tempo sta proponendo a tutti i movimenti, ha per CL un significato particolare. Innanzitutto va detto che questa è un’occasione di crescita per tutto il movimento e per ciascuno di noi. Non si tratta semplicemente di adeguarsi a norme giuridiche che sono cambiate, piuttosto dobbiamo riconoscere che ci è stata fatta una correzione che va accolta con gratitudine e con atteggiamento di apertura a un rinnovamento, pur nella fatica e nelle possibili incomprensioni da parte di alcuni.  La Chiesa non ha mai mancato di ribadire la propria stima per la nostra esperienza.

In cosa consiste questa correzione?

Riguarda la “teoria della successione del carisma”, quindi il rapporto con l’autorità. È una correzione che non è staccata dalla vita perché l’esperienza si fa sempre dentro la strada tracciata da un insegnamento ricevuto. In sintesi, ci viene detto che è sbagliata l’idea che esista un punto ultimo nel movimento che possiede l’unica interpretazione autentica del carisma. Don Giussani, che non ha mai fatto un approfondimento dottrinale sulla natura del carisma, una volta lo ha definito come un “impeto di vita”, che è stato donato dallo Spirito Santo a don Giussani e da lui trasmesso a coloro che hanno aderito alla sua proposta. Attraverso di lui quindi tale carisma è stato donato alla Chiesa. È chiaro che nessuno, neanche Giussani, è “proprietario” del carisma.

Quindi?

Se si inizia a ritenere che tale carisma è partecipato a tutti – sebbene in misura diversa in rispetto della libertà di Dio e della generosità di ciascuno –, ma a qualcuno in una misura a tal punto eccezionale da farne l’unico o comunque il supremo interprete nel presente, ecco che cominciano i problemi. L’errore, ed è qui che la Chiesa ci sta correggendo, sarebbe cioè pensare che l’indicazione per la designazione dell’autorità debba avvenire dall’alto in quanto solamente colui nel quale il carisma vive di più è abilitato a riconoscere il suo legittimo successore. L’autorità così intesa diventa un’autorità insostituibile e infallibile.

Dire invece che bisogna eleggerla è la traduzione pratica del principio per cui il carisma è per volere dello Spirito donato a tutti i battezzati che sono stati afferrati da questo dono. La Chiesa ci richiama a riconoscere che la guida è espressione di una comunione e quindi che la proposta educativa è frutto di un’autorità che vive nella corresponsabilità.

Cultura, carità, missione sono parole che identificano l’operato di CL, che non si è mai tirata indietro dallo “sporcarsi le mani” in azioni concrete, nel sociale e in politica. Il futuro di CL va in questa direzione?

Lo “sporcarsi le mani” è stata una conseguenza dell’educazione ricevuta da don Giussani sul fare i conti con la “pretesa cristiana”, ovvero che se Cristo c’è, c’entra con tutto. La prima preoccupazione di don Giussani e del movimento non è mai stata l’azione in sé. Bensì quella di generare adulti nella fede, in grado di stare di fronte alle sfide che la società e il mondo pongono, in ogni loro declinazione. In questo senso la presenza sociale e politica non è mai stata il punto di partenza né tantomeno l’obiettivo di CL, ma una delle forme espressive della responsabilità personale di adulti cresciuti nell’appartenenza alla nostra compagnia. Forme che nel tempo sono cambiate, adeguandosi al contesto.

CL – come altri Movimenti ecclesiali – ha privilegiato l’apostolato d’ambiente rispetto a quello della parrocchia. Nell’ottica del Sinodo e della nuova stagione che sta vivendo la Chiesa, pensa che i tempi richiedano una sinergia più attiva fra i vari Movimenti? E anche con le parrocchie?

Il movimento deve tenere presente che il dono che ha ricevuto è per tutti. Talvolta le parrocchie sono luoghi che hanno perso la loro originale spinta missionaria, ma possono anche essere luoghi di incontro se vivificate da una presenza attiva e propositiva, che può diventare facilmente ambito di collaborazione anche tra diversi movimenti presenti nella stessa realtà parrocchiale.

Recentemente nella diocesi di Milano è stato intrapresa una collaborazione tra i movimenti che si sta rivelando fruttuosa, sia per le iniziative relative al Sinodo diocesano sia per vari momenti sociali comuni. Per esempio l’organo di coordinamento tra i vari movimenti ha espresso un giudizio unitario sulle scorse elezioni amministrative. Mi pare un esempio virtuoso di come sia possibile lavorare insieme e contribuire alla maggiore unità delle realtà ecclesiastiche locali.

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