Denaro e fiducia al tempo della crisi
«A ottobre del 2011 era a rischio il pagamento di stipendi e pensioni», ha dichiarato il presidente del Consiglio Monti. Se mancano i soldi allo Stato, figuriamoci ai privati. Si chiama, in gergo tecnico, credit crunch, la stretta sul credito e quindi sulla fiducia nel concedere denaro con la ragionevole previsione di riaverlo indietro con gli interessi. Dovrebbe essere questa l’attività delle banche come sostegno a famiglie e imprese. Gli ultimi anni hanno visto crescere, invece, i prodotti della finanza speculativa piazzati sul mercato, creando buchi di bilancio e ingenti profitti a seconda dei casi.
Anni folli che hanno visto lievitare i compensi per l’alta dirigenza, con retribuzioni e liquidazioni spropositate: milioni e milioni di dollari o di euro. Si tratta della conferma dell’anomalia di quel sistema che, secondo la celebre definizione di J.K. Galbraith, tende «a concedere il denaro a chi non lo spende e negarlo a chi lo spenderebbe». Scelte che diventano autodistruttive durante i periodi di recessione, quando i soldi i normali cittadini li chiedono in prestito semplicemente per vivere o sopravvivere: dalle rate del mutuo alle spese sanitarie, come indicano i rapporti dei centri di ascolto della Caritas. Secondo le stime affidabili del Censis, oggigiorno sono oltre 9 milioni gli italiani che rinunciano alle cure per mancanza di denaro.
Un dato che, nonostante tutto, dimostra la tenuta del sistema sanitario pubblico perché il Rapporto della Commissione nazionale sull’esclusione sociale del 2010, oltre i 3 milioni di italiani in condizioni di povertà assoluta, riporta altri numeri: 4 milioni incapaci di sostenere una spesa improvvisa di 700 euro, 3 milioni e mezzo che non ce la fanno ad affrontare spese per beni essenziali (cibo e medicine) e, infine 6 milioni di persone della classe media ma “vulnerabili”, cioè con un reddito sempre più insufficiente per affrontare le spese quotidiane. Avviene come su un taxi bloccato nel traffico e il tassametro che continua a girare. Si comprende, perciò, l’appello dell’Adiconsum per istituire un fondo di solidarietà per pagare le bollette di gas ed elettricità senza staccare le utenze, dato che su 30 miliardi di crediti inesigibili in Italia, la metà riguarda le utenze domestiche.
Dal 2010 al giugno 2012, terremoti a parte, sono infatti cresciuti i casi di ricorso alla cassa integrazione, se non la chiusura di attività che fanno rientrare molti clienti nella categoria dei “non bancabili”, già affollata dai precari e dai senza reddito. Davanti al box dell’impiegato che istruisce la pratica comincia, per persone e imprese, la classificazione dell’affidabilità: dalla lettera A alla E. Come accade agli Stati che sono costretti a pagare interessi sempre più alti ai creditori, invece di destinare le stesse somme per mettere in sicurezza scuole e ospedali.
Di fatto le banche hanno l’obbligo di accantonare una certa cifra sempre più elevata a seconda del rischio che corrono, per evitare il fallimento in caso di richieste improvvise ed elevate dei propri clienti; ma, così facendo, rischiano di perdere l’attenzione verso l’economia reale e di non concedere ossigeno ad imprese solide ma a corto di liquidità, spesso perché, a loro volta, sono creditrici verso lo Stato. Una mancanza di fiducia reciproca che porta alla paralisi.
Che fare? La Banca d’Italia ha riconosciuto che le misure a favore delle famiglie «appaiono limitate anche in prospettiva» e che il rifinanziamento del fondo di solidarietà sui mutui prima casa «non sembra abbastanza elevato».
Come afferma da anni Giovanni Bazoli, tra i maggiori banchieri italiani, non serve un correttivo ad una crisi del sistema; bisogna piuttosto cambiare l’idea dell’impresa chiamata «a farsi carico degli interessi generali della comunità in cui opera» e non esclusivamente «dei profitti di azionisti e manager». Il caso delle banche etiche sembra incoraggiante, visto che esse dichiarano di aver aumentato la raccolta di risparmio e la concessione del credito, proprio perché estranee ad operazioni speculative. Affiora, così, il dibattito sulla necessità di tornare ad una separazione, per legge, tra attività di credito e attività di speculazione.
Domande e ricerca di soluzioni, per un’“etica amica della persona”, al centro di un laboratorio sperimentale promosso dalla commissione finanza di Umanità Nuova per metà giugno, a Loppiano (Fi), in un momento cruciale, tra il possibile fallimento della Grecia e il termine di tre mesi per salvare l’esistenza dell’Euro, secondo il Fondo monetario internazionale.
Città Nuova seguirà l’esito del laboratorio sul web e nei prossimi numeri.