Cosa c’entrano i curdi con Svezia e Finlandia nella Nato?

Un certo trionfalismo mediatico occidentale vede l’entrata nella Nato di Svezia e Finlandia quasi come cosa fatta. Non sarà così facile senza trovare un accordo con la Turchia, che in un modo o nell’altro continua ad essere membro dell’Alleanza Atlantica. Ma quale accordo è possibile con Ankara, che si oppone caparbiamente a questa ammissione?
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ispeziona una guardia d'onore militare durante una cerimonia che segna l'attracco di un sottomarino, a Kocaeli, Turchia, lunedì 23 maggio 2022. Foto: Presidenza turca tramite AP

Il presidente turco Erdogan ha ribadito più volte che non può acconsentire all’ingresso nell’Alleanza Atlantica dei due Paesi scandinavi, Svezia e Finlandia. Essendo la Turchia membro (problematico e talvolta scomodo, comunque fondamentale) della Nato, il presidente sa molto bene che il veto turco è determinante: le regole per ammettere nuovi candidati esigono l’unanimità. A prescindere dall’abilità ampiamente dimostrata da Erdogan di sfruttare le occasioni come questa per ottenere qualcosa di più per la propria “causa”, il rifiuto è coerente, per così dire, non solo con il personaggio ma anche con oltre un secolo di politica turca (a prescindere dai governi) nei confronti dei curdi. Curdi che, pur rappresentando in Turchia il 20% della popolazione, sono da sempre guardati con sospetto dai governi che si sono succeduti (fin da prima di Atatürk) per le loro rivendicazioni di autonomia se non di indipendenza. Ma senza entrare in una questione complicatissima e dolorosa, costellata com’è da decine di migliaia di morti (curdi ma non solo) e di forse 2 milioni di esuli (curdi) in giro per il mondo, quello che il presidente turco non può né vuole digerire è il fatto che i due Paesi scandinavi abbiano da sempre (fin dagli anni 70) accolto i “curdi dissidenti”, anche quelli provenienti dalle fila del Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan), anche quelli condannati in Turchia per terrorismo. E il Pkk, secondo Ankara, è in assoluto il terrorismo per definizione.

Emigrati curdi che in Svezia sarebbero circa 85 mila e in Finlandia 15 mila. Esuli che si sono integrati fino al punto che in Svezia sei deputati eletti al Parlamento, per quanto evidentemente cittadini svedesi, provengono da famiglie di origine curda. Erdogan fa riferimento a questi quando affermascandalizzato che «ci sono dei curdi perfino in Parlamento». Non solo: Svezia e Finlandia, secondo Ankara, ospiterebbero le basi in cui il Pkk ordisce le sue oscure trame. Sembra che il governo turco negli ultimi anni abbia chiesto ufficialmente l’estradizione di 33 “terroristi curdi” residenti nei 2 Paesi scandinavi: richieste mai accolte. Un certo complottismo di ambiente turco avrebbe recentemente rispolverato la tesi dell’omicidio ad opera di organizzazioni curde del premier svedese Olof Palmer, assassinato nel 1986 da sconosciuti. La pista curda fu ben presto accantonata dagli inquirenti, ma all’occorrenza riemerge.

Ulteriori motivi di contrarietà turca all’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato sono da ricercare nel sostegno soprattutto svedese alle autorità curdo-siriane del Rojava (che non nascondono i loro rapporti con il Pkk) e all’embargo decretato dal governo svedese all’esportazione di armi verso la Turchia, a motivo di attacchi e occupazioni, tuttora in corso, di terre curde in Siria e Iraq.

Secondario ma non meno importante è anche l’addestramento di milizie Ypg/Ypj a guida curda, messo in atto negli anni scorsi da militari svedesi e finlandesi in funzione anti-Isis. Si tratta delle stesse milizie attualmente impegnate non solo contro il riespandersi dell’Isis, ma anche contro l’invasione turca di una parte del Rojava, che Ankara giustifica con la presenza nella regione di terroristi del Pkk. Veri o presunti.

In tutto ciò, evidentemente, si è perso di vista il motivo che ha spinto Svezia e Finlandia ad abbandonare la neutralità di fatto che ha segnato le posizioni dei 2 Paesi scandinavi: la Svezia dai tempi delle guerre napoleoniche e la Finlandia come Paese non allineato, dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Il motivo della domanda di ingresso nell’Alleanza Atlantica di Svezia e Finlandia non ha nulla a che vedere con i curdi, ma è dovuto, oltre che ad una certa solidarietà europea, al timore che l’operazione speciale di Putin non si fermi all’Ucraina.

L’occasione di essere arbitro di un do ut des così significativo è troppo ghiotta per il governo di Ankara: un semplice assenso in cambio dello smantellamento dei due “stati-santuario” del Pkk e della revoca all’embargo di armi.

C’è solo da sperare che il prezzo della trattativa, se ci sarà, non debbano pagarlo solo i curdi. Non sarebbe la prima volta. E sebbene il Pkk sia stato da tempo dichiarato “organizzazione terroristica” anche da Usa e Ue, e abbia la sua parte di responsabilità, i curdi come popolo (40 milioni sparsi in 4 Paesi) meritano molta più considerazione e rispetto.

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