Consiglio europeo, un altro sì al rafforzamento delle frontiere

Un Consiglio straordinario che si riunisce in tempo di guerra e di pandemia avrebbe potuto osare una maggiore apertura alla solidarietà e all’accoglienza
migranti
(AP Photo/Javier Bauluz)

Nulla di nuovo è emerso in tema di immigrazione dai lavori del Consiglio europeo straordinario del 9 febbraio scorso.

Sebbene siano trascorsi oltre dieci anni da quando l’Italia ha iniziato a chiedere aiuto all’Unione Europea per l’accoglienza dei migranti che arrivano dalle traversate del Mediterraneo, le risposte sono ancora scarse.

Il tema è tra i più spinosi perché tocca i nervi sensibili dei populismi particolari che digeriscono male la presenza degli stranieri nei propri territori, anche quando in fondo potrebbero essere una presenza quantomeno utile.

Negli anni molte situazioni sono cambiate e conosciamo molte cose: il flusso migratorio è più consistente a causa delle dittature sempre più repressive in tanti paesi dell’Africa e dell’Asia; le tratte dei viaggi sono molte, via mare e via terra; i trafficanti sanno avere doppia faccia: interlocutori istituzionali se rivolti all’Europa, ma aguzzini quando rivolti ai centri in cui costringono i migranti; i Paesi della UE non trovano alcuna coesione sull’unica risposta importante (accogliere o respingere?) e quindi c’è ampia dispersione di fondi, di idee, di soluzioni.

A fronte di tale complessità cosa ha deciso il Consiglio straordinario? In sostanza nulla di nuovo. Il documento finale – che occorre leggere per non restare incastrati nei titoli dei giornali o nelle dichiarazioni autocelebrative delle conferenze stampa – invita a realizzare quanto già detto e ridetto alle altre istituzioni dell’Unione negli anni scorsi: «rafforzate il controllo delle frontiere, cooperate con i Paesi terzi e fate tutto quanto è indispensabile per non avere intrusi in casa». Ad ogni costo (in senso letterale).

È chiaro che l’idea di fondo è quella di alzare ancora di più le mura della fortezza Europa per renderle sempre più inaccessibili.

I valori che hanno fondato l’Europa unita reduce da due terribili guerre oggi sono messi a durissima prova, come se non vedessimo in diretta ogni giorno cosa succede quando ogni nazionalismo vuole dettare legge con la forza in ogni parte del mondo.

Una nota – piccolissima – del documento finale riguarda la questione dei salvataggi in mare: poiché non si può scrivere nero su bianco ‘lasciamoli morire’, il Consiglio precisa di volere riconoscere «le specificità delle frontiere marittime, anche per quanto riguarda la salvaguardia delle vite umane, e sottolinea la necessità di una cooperazione rafforzata in ordine alle attività di ricerca e soccorso e, in tale contesto, prende atto del rilancio del gruppo di contatto europeo in materia di ricerca e soccorso».

Vedremo cosa succederà nel nostro Parlamento nei prossimi giorni quando si dovrà convertire in legge il decreto che interviene sulle operazioni di salvataggio delle Ong.

Un Consiglio europeo straordinario che si riunisce in tempo di guerra e di pandemia, due giorni dopo un terremoto che ha colpito Paesi con regimi certamente non democratici, in cui nemmeno i soccorsi riescono ad arrivare, avrebbe potuto alzare lo sguardo – e lo spirito europeista più genuino – per osare una maggiore apertura alla solidarietà e all’accoglienza. I soldi distribuiti nelle azioni più diverse (Turchia e Libia ad esempio) non risolveranno mai un problema che non è di natura economica. Ma si fa finta di non capirlo.

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