Come non radicalizzarsi

Nei Paesi islamici spesso si trascura la formazione intellettuale aprendo un varco al radicalismo aiutato anche dal differente sistema di interpretazione del Corano nelle diverse scuole

«La guerra è la madre di tutti i peccati». La radicalizzazione è nata come conseguenza del conflitto, durato 8 anni, tra sciiti e sunniti, tra Iran e Iraq. Fenomeno amplificato dall’invasione Usa in Kuwait e dalla prima e seconda Guerra del Golfo. In questo contesto di disagio politico, sociale, economico proliferano gli estremismi e i fondamentalismi. Paesi destabilizzati come l’Iraq e la Siria diventano una calamita che attira la solidarietà internazionale dei foreign fighters, persone ai margini della società, più vulnerabili, radicalizzati dai social media o in carcere, non nelle moschee e nei centri islamici.

In Italia, rispetto ad altri Paesi europei, il fenomeno ha attecchito meno perché è un Paese di più recente immigrazione e non si è sviluppato un senso di rancore rispetto ai disagi della mancata integrazione sociale nei cittadini di seconda generazione. L’Italia, inoltre, ha avuto meno danni d’immagine dal fatto di esser stato un Paese colonizzatore. Non è giudicata come una nazione che ha sfruttato le colonie e ha causato guerre e danni ancora percepibili. L’Islam in Italia, favorito da diverse personalità musulmane, è più equilibrato, moderato e non è legato alle scuole wahabite e al fondamentalismo religioso. Per questo è indispensabile l’aspetto educativo per far conoscere l’Islam nella sua interezza, con insegnamenti completi che includano la fede, la pratica religiosa, la cultura. Nei Paesi islamici spesso si trascura la formazione intellettuale aprendo un varco al radicalismo aiutato anche dal differente sistema di interpretazione del Corano nelle diverse scuole.

In Italia bisognerebbe sostenere gli Imam nel loro lavoro di educatori alla pace, all’amore del prossimo, al bene comune affinché sia riconosciuto il loro ruolo come ministri di culto, anche con protocolli d’intesa che aiutano a disciplinare il rapporto tra Stato e comunità islamiche.

Le moschee sono luoghi di culto per tutta la cittadinanza ed è importante che le comunità islamiche si aprano al dialogo interreligioso, partecipino alla vita sociale, conoscano le feste, i costumi, la cultura locale. È la migliore prevenzione per emarginare qualsiasi pensiero estremista e la radicalizzazione.

Nadeer Akkad, Imam di Trieste

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