Coalizioni in fermento dopo le comunali del 12 giugno

Comunali del 12 giugno. Il crollo previsto del M5S mette in difficoltà il centro sinistra del “campo largo”. Si conferma la crescita della destra di Fratelli d’Italia in vista delle politiche del 2023. Intanto la Bce ha deciso di alzare i tassi di interesse e non si ferma la guerra in Ucraina. Dilemma aperto sul voto alle Camere del 21 giugno
Comunali 2022 Foto Roberto Monaldo / LaPresse

La politica italiana ha sospeso i lavori parlamentari per concentrarsi sulle elezioni comunali del 12 giugno, ma la vera novità è arrivata in questi giorni dalla Bce con la decisione della governatrice Lagarde di alzare i tassi di interesse e quindi il costo del denaro come risposta alla crescita dell’inflazione. Una scelta che mette a rischio il piano di ripresa italiano e obbliga a stringere la cinghia ai bilanci sempre più esigui delle amministrazioni comunali e quindi dei cittadini.

Gli effetti non sono immediati, anche se le Borse sono in discesa, ma si faranno sentire a fine estate, quando si tratterà di discutere la legge di bilancio e definire le strategie per la campagna elettorale decisiva, che ridisegnerà il Parlamento italiano nella primavera del 2023.

Palermo Foto La Presse

Il centro destra può cantare vittoria perché ha conquistato al primo turno Genova, Palermo e a L’Aquila. Il test serviva a capire la consistenza dei 5 Stelle, o almeno del suo elettorato di riferimento, nel sostenere il campo largo del centrosinistra che fa perno sul Partito democratico. Parla da solo il dato di Palermo dove i pentastellati hanno raccolto grandi consensi alle politiche del 2018, ma porteranno in consiglio comunale un numero di eletti (3) pari a quelli della nuova formazione politica promossa da Totò Cuffaro. Primo posto nel centro destra è invece Forza Italia, il partito fondato da Berlusconi nel 1994 con il sostegno di Marcello Dell’Utri, altro nome di rilievo in questa tornata elettorale per il sostegno offerto all’ormai nuovo sindaco Lagalla.

Azione di Calenda ha trovato nell’ex dem Ferrandelli, nonché ex candidato del centro destra, che ha raccolto il 14,2% dei voti, l’uomo giusto su cui far convergere i voti anche di +Europa per far valere l’esistenza di un’area cosiddetta riformista che potrebbe allearsi con il Pd in alternativa ai 5 Stelle. Il centro sinistra si è fermato al 29,2%.

Ancora più netta la vittoria a Genova di Marco Bucci che arriva al 55,55% dei votanti, con una coalizione dove la sua lista personale raggiunge da sola il 19,1%, più del doppio di Fratelli D’Italia che prende comunque il 9,3%. Bucci ha avuto il sostegno anche di Italia viva. Nel centrosinistra il Pd arriva al 21,1% mentre i 5Stelle prendono il 4,4%, superati da Europa Verde (5,2%) vicina all’ex candidato sindaco Sansa.

A L’Aquila il centro destra vince al primo turno (54,4%) con il candidato Pierluigi Biondi e una forte affermazione di Fratelli D’Italia (20,5%). Il centro sinistra arriva terzo con la candidata Stefania Pezzopane, dopo Americo Di Benedetto che esprime l’area del cosiddetto centro riformista.

Per restare ai capoluoghi di regione, c’è infine Catanzaro dove il candidato di centro destra Valerio Donato, ex Pd che ha il sostegno di Italia Viva e alcuni ex esponenti dem, parte in netto vantaggio ( 43,8%) su quello di cento sinistra Nicola Fiorita (31,9%) in vista del ballottaggio del 26 giugno.

Ogni città ha, come al solito, delle particolarità che sfuggono ad analisi di carattere generale. Ad esempio il grande successo al primo turno, con il 59% dei voti, del candidato del centro sinistra Andrea Furegato in un territorio leghista come Lodi. Padova si conferma un’isola di centro sinistra nel Veneto con la riconferma  al governo della città dove il candidato sindaco Sergio Giordani ha raggiunto il 58,4% dei voti. Nel centro destra Fratelli D’Italia supera la Lega.

Un dato importante da seguire con attenzione è la schiacciante vittoria di Rinaldo Meucci (60.6%) a Taranto sull’onda di una posizione molto critica, nonostante l’appartenenza al Pd, sulla gestione nazionale dell’ambiente nella città dell’ex Ilva.

Nella Toscana, ex feudo rosso, vince a Pistoia il centrodestra al primo turno con il 51,2% dei consensi raccolti da Alessandro Tommasi. Mentre a Lucca parte in vantaggio il centro sinistra con il 42,7% dei voti dati a Francesco Raspini davanti al centrodestra di Mario Pardini 34,3% e altri candidati di destra che messi assieme avrebbero la maggioranza.

Il caso più eclatante di rottura del centrodestra si è registrato a Verona dove andrà al ballottaggio Damiano Tommasi per il centro sinistra (39,8%) contro Federico Sboarina ( 32,7%) sostenuto da Fratelli D’Italia che ha raccolto più voti (11.3%) della Lega (7,3%). Flavio  Tosi, sostenuto tra gli altri da Forza Italia (4,3%), ha raggiunto il 23,9% . La ricomposizione di questa frattura, necessaria per mantenere il controllo di una città importante del Nord sarà la cartina di tornasole per capire l’intenzione del blocco di centro destra di serrare le fila in vista della conquista della maggioranza nel Parlamento che si deciderà nel 2023.

Il fallimento del referendum sulla giustizia del 12 giugno è stato subito archiviato, anche se la competizione è stata voluta da Lega, Radicali e sostenuta da Italia Viva.

Salvini si trova davanti al dilemma se accettare o meno la primazia di Fratelli D’Italia emersa nelle urne del 12 giugno. Nella sua analisi post elettorale il leader leghista ha puntato molto sulla questione della crisi economica aprendo alla possibilità di una sorta di scala mobile, per mantenere il salario dei lavoratori in linea con l’aumento dei prezzi. Ha dichiarato di farsi paladino di un blocco o rinegoziazione di quell’ “orda di cartelle esattoriali” in arrivo a milioni di italiani. Una moratoria sotto i 10 mila euro è una misura necessaria per Salvini che dovrà, ad ogni modo, sciogliere la riserva sul voto da esprime il 21 giugno sulla relazione di Draghi, che alla Camere chiederà di inviare nuove armi pesanti in Ucraina. Come è noto la Meloni, dai banchi dell’opposizione, ha espresso una linea molto più atlantista della Lega.

Il dilemma più gravoso è quello che attende i 5 Stelle al voto del 21 giugno. La linea di compromesso sulle istanze originarie, mutuate in parte dalla sinistra, è all’origine del tracollo di consensi. Il movimento è un partito diviso in due tra linea di Conte e quella di Di Maio. Un voto di dissenso dal governo il 21 giugno sull’invio di armi all’Ucraina può aprire scenari di rottura dell’esecutivo e all’interno del M5S.

Ma ovviamente tutte queste analisi non tengono conto ella massa degli astenuti che si mantiene alta anche nelle elezioni comunali: ha votato solo il 54,12% degli aventi diritto.

L’acuirsi della crisi economica trainata dal perdurare della guerra, con il problema energetico e il mancato sostegno della Bce, può aprire scenari del tutto imprevedibili ai radar delle previsioni elettorali.

Ne è un segnale eloquente il fatto che, in queste ore, Draghi si trovi in Israele per cercare un’alternativa alla fornitura russa nel fabbisogno energetico e una possibile mediazione nel conflitto in Ucraina che si prolunga pericolosamente.

Dati completi sul voto delle amministrative sul sito del ministero degli interni

 

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