Chiara Lubich, una vita per l’ecumenismo

Dal 1969 al 2008 l’autrice ha collaborato per lo sviluppo del dialogo ecumenico del Movimento dei Focolari come co-responsabile del Centro “Uno”. Nel suo intervento alla Giornata Ecumenica Internazionale: “Chiara Lubich: un carisma, una vita per l’unità dei cristiani”, che si è svolta a Trento il 12 marzo, ripercorre alcune tappe dell’impegno di Chiara Lubich per l’ecumenismo
Movimento dei focolari 1969-2008
 Giovanni Paolo II a Trento nell’aprile 1995 ha detto: “Chiara è nata qui, viene da Trento, Chiara è tridentina. Possiamo scrivere un trattato, dal Concilio tridentino a Chiara tridentina. Sarebbe molto interessante…”. Queste parole tracciano la biografia ecumenica di Chiara Lubich. Ma lei non se lo immaginava, dapprincipio.

 

Sette anni dopo l’inizio del Movimento un episodio lo conferma. A Roma, Charles Boyer, sj, ecumenista, le chiese se il Movimento si occupasse dell’unità dei cristiani. Chiara, ignara, rispose semplicemente: “No”.

Più tardi esporrà il suo programma: “Il nostro spartito è scritto in cielo e noi suoniamo sulla terra quello che vediamo in cielo”. Ma come questo “spartito”, l’ecumenismo, uno degli scopi dei Focolari, si è manifestato?

 

Il primo passo in Germania

Il 14 gennaio 1961 a Darmstadt (Germania) Chiara fu invitata a parlare della sua spiritualità a delle suore evangeliche (Marienschwestern) e a dei pastori luterani, tra cui Klaus Hess, Dieter Fürst e Ernst Gleede (di Fraternità luterane). Essi ebbero una reazione molto positiva, inattesa. Iniziò una collaborazione così stretta con gli evangelico-luterani da fondare insieme nel 1968 una cittadella ecumenica in Germania.

 

Chiara abitava a Roma dai primi anni Cinquanta e nel 1960, quando fervevano i preparativi per il Concilio Vaticano II, l’arcivescovo Agostino Bea lavorava perché il Concilio avesse un traguardo ecumenico. Fu lui ad incoraggiarla.

La Chiesa anglicana in Inghilterra s’interessava dell’imminente Concilio e gli arcivescovi di Canterbury e York mandarono a Roma il canonico Bernard Pawley, per vedere – questa la meta – “cosa combinava Giovanni XXIII”. La provvidenza di Dio fece incontrare a Roma il canonico assieme alla moglie Margaret con Chiara il 19 maggio 1961.

 

La fondazione del Centro “Uno”

Cinque giorni dopo, il 24 maggio, Chiara fondava a Roma il Centro “Uno” per l’unità dei cristiani, segreteria ecumenica dei Focolari. Dirà: “La volontà di Dio è l’amore scambievole. Perciò per suturare questa rottura è necessario amarsi… È necessario agitare, cioè tener vivo fra i cristiani il problema dell’unità fra tutti mentre è in preparazione il Concilio. Noi non sappiamo quando ci sarà un altro Concilio perciò è necessario fare adesso questo lavoro.

 

Il primo direttore, nominato da Chiara, è stato il pioniere ecumenico Igino Giordani. Scrittore, giornalista, deputato alla Costituente, Giordani è vissuto per l’unità. Sono stata al suo fianco al Centro “Uno” per undici anni, fino alla sua morte nel 1980. Lui è stato il maestro che aveva colto dall’anima di Chiara il carisma alla radice, e in tutta la sua prorompente ricchezza: le sue parole erano quelle di un patriarca, di un profeta del carisma di Chiara: “Vedrai – mi diceva – vedrai quanti corrispondenti, quanti personaggi dell’ecumenismo Chiara incontrerà… vedrai!”.

 

Alla segreteria ecumenica del Movimento a Roma hanno lavorato vari membri dei primi focolari: Gis Calliari, Bruna Tomasi, Giosi Guella, Dori Zamboni, Aldo Stedile, Enzo Fondi. Un ricordo particolare va a Iolanda Calderari e a Fabio Graziadei.

A Trento l’inizio è datato il 17 aprile 1966 quando, proprio al Teatro Sociale, il vescovo Alessandro Gottardi inaugurò il centro ecumenico “Bernardo Clesio” di via Barbacovi n. 4, affidandolo al Focolare. Chiara seguì la cosa con un gran cuore tramite Antonio Petrilli e i focolari locali. E ricordiamo vicino a Trento, a Cadine, il Centro “Parola di Vita” ora dedicato a Chiara Lubich.

 

Ben presto la spiritualità dell’unità fu accolta in Inghilterra, tra i Riformati della Svizzera, dell’Olanda e dell’Ungheria, e fra le varie Chiese in Europa e nel Medio Oriente. È apprezzata al Consiglio Ecumenico delle Chiese (Ginevra).

Dal 1962 per mantenere e sviluppare i contatti, il Centro “Uno” organizza “Settimane ecumeniche”: finora ne ha svolte 58.

Dal 1981 nascono “scuole di ecumenismo” in Germania, Gran Bretagna, Svizzera, Brasile, Argentina e negli USA. Si svolgono “scuole” internazionali a Castel Gandolfo: tra i professori, gli ortodossi Metropolita Bartolomeo ora Patriarca, il Metropolita Gennadios Zervos, l’Arciprete Traian Valdmann della Chiesa romena ortodossa, padre Sarkis Sarkissian della Chiesa armena, il vescovo anglicano John Dennis dell’Inghilterra e i vescovi cattolici come il Card. Walter Kasper e Mons. Eleuterio Fortino del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, Mons. Martin Molyneux dell’Inghilterra e Mons. Albert Rauch di Regensburg (Germania). Nelle “settimane ecumeniche” e nelle “scuole” si approfondisce il pensiero ecumenico di Chiara.

 

Il dialogo della vita, il dialogo del popolo

Nel 1996 a Londra, incontrando un migliaio fra anglicani, cattolici, metodisti, battisti e di Chiese libere, Chiara sente che la spiritualità dell’unità, il Vangelo vissuto “insieme”, dà vita a una comunità legata da un vincolo che offre qualcosa di più al percorso dell’ecumenismo: è il “dialogo della vita”, il “dialogo del popolo”!

 

Poi,negli ultimi anni il suo messaggio ecumenico ha avuto uno sviluppo maggiore nelle Americhe, Asia, Australia e Africa.

Il 2002 a Ginevra e il 2004 a Londra segnano gli ultimi viaggi ecumenici di Chiara che ho avuto la fortuna di accompagnare.

È il gennaio 2008, quando da Liverpool una delegazione giunta a Rocca di Papa le consegna l’ultima laurea honoris causa. Chiara che aveva pianto sulla tomba di Atenagora I, ortodosso, da cui era chiamata “figlia”; lei, definita “sorella” da riformati e da evangelici, riceveva ora, malata, tra le pareti domestiche del suo focolare, una laurea per l’ecumenismo.

 

A marzo, pochi giorni prima della sua morte, il Patriarca Bartolomeo I si recò di persona a visitarla all’Ospedale Gemelli.

Sì, l’anelito al “Che tutti siano uno”, le tornava ora espresso in preghiera e riconoscenza. Ed è quello che il Centro “Uno” nel suo 50° vorrebbe dire a Chiara: “Grazie”.

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