In cammino verso l’unità

Da più di 100 anni, dal 18 al 25 gennaio si celebra la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, un’iniziativa ecumenica istituita nel 1908 dal rev. Paul Wattson di New York. Nell’emisfero Sud, invece, si celebra attorno a Pentecoste.

Ci sono voluti 150 anni. Questa l’esclamazione piena di gioia alla fine di un momento importante nel percorso di riconciliazione fra la Chiesa battista e quella cattolica a Barletta. Ce lo raccontano Angelo e Anna Torre da Barletta. «Nel 2012, con mia moglie, ci siamo guardati intorno e abbiamo pensato alla Chiesa evangelica battista a 200 metri da casa nostra – dicono –. In realtà avevamo seguito negli anni precedenti gli appuntamenti previsti nella Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, ma tutto finiva lì. Non c’erano, nell’anno, ulteriori momenti di condivisione. Siamo andati a trovarli.

In quell’occasione ci siamo accorti in chiesa di una lapide commemorativa di un episodio che in città non si conosceva o, peggio, era sottaciuto. Libri di storia locale non ne fanno alcun cenno. Ricordava l’evento del 19 marzo 1866 causato da un gravissimo episodio d’intolleranza. La comunità evangelica battista fu assalita da una folla inferocita, aizzata da alcuni preti cattolici: furono barbaramente uccisi 5 evangelici battisti e un fedele cattolico. Una ferita enorme, mai sanata.

Abbiamo scoperto che di lì a qualche anno la comunità battista avrebbe festeggiato i 150 anni di presenza in città. Partendo da questa ricorrenza, abbiamo scritto al vescovo, proponendo di chiedere perdono per i lutti arrecati dalla comunità cattolica. Abbiamo coinvolto anche l’amministrazione comunale, perché tutta la città di Barletta facesse lo stesso passo, per la responsabilità avuta dai suoi numerosi cittadini.

Intanto con la comunità battista è aumentata la stima e abbiamo partecipato ad alcuni loro momenti di culto. Ci siamo dati tutti appuntamento per sabato 19 marzo 2016, appunto il 150° anniversario della strage. Nella commemorazione, due pastori hanno detto quanto sia stato importante il processo d’integrazione con le altre confessioni, mentre il vescovo, dopo aver chiesto perdono, ha invitato tutti a camminare insieme. È stato un momento di forte grazia e commozione!».

Quella riportata è solo una delle numerose esperienze che testimoniano un cammino sul quale la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che si celebra dal 18 al 25 gennaio, accende i riflettori. Un’occasione preziosa per intensificare la preghiera chiedendo al Padre l’unità visibile tra i cristiani, e allo stesso tempo rafforzare i rapporti tra fratelli e sorelle delle varie Chiese. Il tema di quest’anno è: «Rimanete nel mio amore: produrrete molto frutto» (cfr. Gv 15, 5-9).

In Italia l’introduzione del libretto con i testi per la Settimana di preghiera è firmata dal presidente della Commissione episcopale italiana, il vescovo Ambrogio Spreafico; dal presidente della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, il pastore Luca Maria Negro; e dall’arcivescovo ortodosso d’Italia e di Malta ed esarca per l’Europa meridionale (Patriarcato ecumenico), sua eminenza reverendissima il metropolita Gennadios. Un dono particolare avere ancora quest’anno la firma del metropolita scomparso il 16 ottobre scorso.

 

Il metropolita Gennadios con Piero Coda
Il metropolita Gennadios con Piero Coda

 

Il metropolita Gennadios Zervos
E a proposito del metropolita Gennadios, riportiamo una testimonianza di grande amicizia. Ce la raccontano Anita Gei e Giancarlo Farina. «Da una decina d’anni abbiamo avuto la gioia di conoscere sua eminenza il metropolita Gennadios Zervos, arcivescovo ortodosso d’Italia e Malta. Durante quest’arco di tempo lo abbiamo incontrato periodicamente, scoprendolo padre e maestro. In occasione di alcune festività importanti, sua eminenza presiedeva la solenne Divina Liturgia, concelebrata talvolta anche da ecclesiastici di altri Patriarcati, presenti rappresentanti della Chiesa cattolica e il clero e i fedeli ortodossi provenienti da varie città d’Italia. Non mancava mai un invito personale al Movimento dei Focolari, anche al momento conviviale successivo.

Altre volte incontravamo sua eminenza nel suo studio, in Metropolia: momenti profondi e semplici di comunione di quanto stava vivendo. Quando parlava del patriarca Athenagoras e di Chiara Lubich, non ci si accorgeva più del tempo che passava: erano due fari nella sua vita di Pastore e si diceva molto grato per aver ricevuto da loro quello che considerava il dono più prezioso della sua vita, il carisma dell’unità. È stato promotore e codocente della Cattedra ecumenica “Patriarca Athenagoras – Chiara Lubich” istituita nel 2017 presso l’Istituto universitario Sophia.

Nell’estate del 2019 ha partecipato alla Mariapoli europea di Fiera di Primiero, sulle Dolomiti trentine, insieme all’archimandrita p. Anatolie, alla moglie Svetlana e ai loro figli, tra cui il piccolo Mihail. Con loro abbiamo condiviso momenti di famiglia, nel clima gioioso e distensivo della Mariapoli. Poi, nella primavera di quest’anno, la tragica partenza per il cielo di Mihail di due anni e il dolore struggente per la famiglia di p. Anatolie. Lo scorso ottobre, gravemente malato e debilitato anche da questa prova, il metropolita Gennadios ha completato il suo santo viaggio su questa terra. Ora dal Cielo, lo sentiamo vicino, ad operare per il compimento del Testamento di Gesù, “che tutti siano una cosa sola”».

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Il dialogo della vita

«[…] Gesù, prima di essere messo in croce, prima di soffrire l’abbandono del Padre, l’aveva pregato, in una lunga preghiera per l’unità, “perché tutti siano una cosa sola” (Gv 17, 21). E l’unità vissuta ha un effetto, che è pure esso, per così dire, un pezzo forte per un ecumenismo vivo. Si tratta della presenza di Gesù fra più persone, nella comunità: “Dove due o tre – ha detto Gesù – sono uniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18, 20).

L’abbiamo mai pensato? L’abbiamo mai sperimentato? Gesù fra un cattolico e un evangelico che si amano; Gesù fra gli anglicani e gli ortodossi, fra un’armena e una riforma¬ta… Gesù! Quanta pace sin d’ora, quanta luce per un retto cammino ecumenico. Gesù in mezzo a noi è un dono, fra il resto, che rende meno penosa l’attesa del tempo in cui sarà condiviso da tutti noi sotto le specie eucaristiche.

[…] So, anche per esperienza, che, se noi tutti vivremo così, ci saranno frutti eccezionali. E – lo si può intuire – si avrà soprattutto un particolare effetto: vivendo assieme questi diversi aspetti del nostro cristianesimo, avvertiremo di formare, in certo modo, già da ora un solo popolo cristiano, che potrà essere – con tutto ciò a cui conducono le altre forze suscitate dallo Spirito Santo in questo tempo ecumenico – un lievito per la piena comunione tra le Chiese.

Sarà quasi l’attuarsi di un altro dialogo, dopo quello della carità – come ai tempi di Athenagoras –, quello teologico e quello della preghiera: sarà il dialogo della vita, il dialogo del popolo, del popolo di Dio. Io l’ho visto questo dialogo, l’ho vista la realtà di questo popolo di Dio, di questo popolo di Dio in cammino».

Chiara Lubich, “Una spiritualità per l’unità dei cristiani – Pensieri scelti” (Città Nuova, 2020, pp. 88-89)

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