Barbareschi: «La storia di Chiara Lubich è un vaccino per lo spirito»

Il 3 gennaio in prima serata andrà in onda il tv movie "Chiara Lubich. L'amore vince tutto", ispirato alla fondatrice del Movimento dei Focolari. La parola ai protagonisti.

«In questi giorni che iniziano le prime vaccinazioni contro il virus del Covid, penso che la figura di Chiara Lubich sia una vaccinazione per lo spirito, per milioni di italiani. Contro la maldicenza. Viviamo in un mondo di maldicenza, come ha citato da poco da papa Francesco, una parola per cui noi ebrei facciamo grandi riflessioni. Oggi c’è una specie di gravità verso il basso, verso il brutto, il male. La Lubich fa volare verso l’alto. Rappresenta la cura per lo spirito per l’inizio di questo 2021, in cui spero che la difesa immunitaria non sia solo quella delle iniezioni, ma quella della “aspirazionalità” che porterà le nuove generazioni a ricostruire con dignità e con una politica responsabile il nostro Paese, perché “l’aspirazionalità” delle responsabilità di quello che uno fa deve essere dedicata agli altri. Chiara ne è un esempio». Con queste riflessioni il produttore Luca Barbareschi ha chiuso ieri l’affollatissima conferenza stampa di presentazione del Tv movie Chiara Lubich. L’amore vince tutto (prodotto da Rai Fiction ed Eliseo Multimedia) con la regia di Giacomo Campiotti, film che il 3 gennaio inaugura il palinsesto 2021 della rete ammiraglia.

«Un grandissimo onore – ha dichiarato il direttore di Rai1 Stefano Coletta – iniziare la stagione televisiva con un messaggio di grande profondità, restituito, nel film, senza retorica, ma con vicinanza alla verità». E nel tratteggiare la figura di Lubich aggiunge: «Era una donna molto pratica, che aveva incontrato Dio più che nell’attività contemplativa, nell’azione. E così lo ha veicolato per tutta la vita. Il film di Campiotti condensa in maniera molto dritta, senza retorica, la sua storia. Il racconto arriva senza troppa enfasi, come in fondo era lei, una figura che, spero, anche i giovani possano scoprire, perché, al di là del nostro privato, del nostro credo personale, abbiamo bisogno sempre più di figure che nell’operatività, hanno rivoluzionato il modo di pensare, di agire di tante persone».

Nelle parole di Maria Pia Ammirati, direttore di Rai Fiction, troviamo altri spunti di riflessione: «Ringrazio Campiotti per la delicatezza con cui è riuscito a riscrivere un biopic nella difficoltà di non essere stucchevoli e retorici. La storia della Lubich è un’agiografia, ma non nell’accezione retorica che noi diamo al termine; è la storia di una donna che ha le coloriture di una santa, però non come noi la pensiamo. I santi sono prima di tutto uomini e donne normali, e in questo c’è il bello della carnalità e c’è la straordinarietà. Questa storia è un viatico per il nuovo anno, e un inizio positivo in una situazione tenebrosa che oggi viviamo. Quello di Chiara era il disegno dell’avvicinamento, della comunità, a cominciare dalle piccole per allargarle attraverso la solidarietà, il bene comune, e l’amore, quello che, come dice il sottotitolo del film, vince su tutto».

Nel tratteggiare ancora la figura della Lubich evidenzia la sua «grande personalità, che ha anteposto il bene comune alla propria individualità. È una donna molto sfaccettata, dalle diverse coloriture. Non è solo una donna di Chiesa, che pratica in maniera manichea il cattolicesimo. Al contrario. La sua è una storia importante, molto femminile. Nel vuoto di dolore, di povertà, in cui era immerso il Paese negli anni terribili della guerra, con lei emerge la figura nuova del femminile. Con l’incredibile forza di volontà e della bontà e con un’autorevolezza unica, Chiara riesce a fare qualcosa di impossibile a quei tempi».

Il regista Giacomo Campiotti, nel rivelare quanto questa sceneggiatura sia stata la più difficile della sua carriera, ha sottolineato che «quella di Chiara non è una storia solo per il mondo cattolico o cristiano. È per tutti. Abbiamo provato a fare un film che potesse arrivare al cuore di tanti, nel rispetto e nella ricchezza delle differenze. Una donna laica, molto vicino a noi, che non ha fatto nulla di clamoroso, ma in tutta la sua vita, giorno dopo giorno, nelle piccole e grandi scelte, ha sempre seguito la via della giustizia, della carità e dell’amore, al servizio degli altri, cercando cioè ‘semplicemente’ di vivere il Vangelo».

Riguardo al rapporto di lavoro con la protagonista Cristiana Capotondi (ascolta l’intervista a cura di Aurelio Molè), ha aggiunto: «Abbiamo lavorato verso la semplicità, contro i rischi della retorica, raccontando Chiara che non pontifica mai, ma condivide con gli altri la gioia delle sue scoperte. Una giovane donna allegra, profonda ma leggera, concreta e umile. È stata una bellissima esperienza di condivisione profonda».

La stessa espressione l’ha usata l’attrice Aurora Ruffino che interpreta il personaggio di Ines, una delle prime amiche di Chiara: «Si è creato tra noi attrici e regista un rapporto molto forte, profondo. Avevamo l’impressione di essere amici da anni. Ci siamo supportati tutti i giorni. Si è creato un amore speciale. Quando si incontra una personalità come quella di Chiara ci si innamora. Infatti Ines stima tantissimo Chiara, che quasi desidera essere come lei. Questa cosa la porta a sentirsi inadeguata, insicura, imperfetta. È qualcosa con cui deve fare i conti, che poi la porterà ad allontanarsi. Ma poi negli anni capirà che l’unicità, l’essere diversi, rappresenta un valore. La storia di Ines ci insegna che ci si può voler bene prendendo delle strade diverse rispetto a quelle che magari gli altri intraprendono».

E continua: «Ines si oppone con forza alla propria famiglia (il padre è un gerarca fascista, ndr), perché sente che essa non è nel giusto. Scappa per andare a vivere con Chiara e le sue amiche, per aiutare le persone bisognose. Di Chiara mi ha colpito che, pur vivendo nell’incertezze del domani, aveva la assoluta certezza che le cose sarebbero andate bene, perché Dio avrebbe trovato la strada per lei».

Alla conferenza stampa è intervenuto anche Maurizio Fugatti, presidente della Provincia di Trento: «Chiara è nata a Trento, ma ha avuto esperienze come insegnante anche nelle valli del nostro territorio. Siamo orgogliosi di averla avuta come cittadina e contenti per questo progetto che abbiamo sostenuto tramite la nostra Film Commission e la Fondazione, e che farà conoscere, grazie al film, la vera essenza di questa donna carismatica».

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