Bambini: un inferno poco noto

Il randagismo giovanile al tempo di Lenin e Stalin

Gli orrori del ’900 pensavamo di conoscerli: dai lager nazisti ai gulag staliniani, dalle trincee della Grande guerra ai bombardamenti sulle città, da Hiroshima al Napalm, dalle stragi dell’Isis al Mediterraneo-tomba-dei-poveri. Certe brutture, grazie a tv e web, le abbiamo viste in diretta, come la strage “sportiva” allo stadio di Heysel e l’incipit della prima guerra nel Golfo Persico: missili e traccianti come fuochi pirotecnici! Per non parlare di catastrofi umanitarie, epidemie indotte, deportazioni, esodi di massa, frutti velenosi di guerre e carestie, alcune ancora in corso. Ma in fatto di orrore novecentesco, non avevamo visto tutto.

Besprizornye è una parola russa, al plurale, che letteralmente vuol dire “senza controllo”. È adoperata solo per un fenomeno preciso nella storia dell’Unione Sovietica, dalla Rivoluzione del 1917 all’apogeo dell’era staliniana, metà anni ’30. Per besprizornye si intende la massa enorme di bambini e adolescenti dei due sessi (per lo più maschi) rimasti senza genitori e senza parenti, o amici disposti ad allevarli, e quindi vaganti senza meta per l’Urss. Una moltitudine che, secondo gli storici, forse superò i 7 milioni di individui. Sparsi nell’immenso territorio sovietico, specie nel Sud-Est e in Ucraina, organizzati in gruppi o bande più o meno numerose, con i ragazzi più grandi, 16-17enni, a far da capibranco.

Il libro, terribile per la tematica e i contenuti, si occupa del drammatico e scottante (non solo allora) tema dei Bambini randagi nella Russia sovietica, come recita il sottotitolo. Mentre il titolo è proprio Besprizornye (Adelphi, 2019), “I fuori controllo”. Quanto all’autore, Luciano Mecacci, è un docente universitario di psicologia con una lodevole curiosità per i fatti storici sconvolgenti e controversi (ha scritto sull’attentato a Giovanni Gentile). I titoli dei 6 capitoli sono espliciti: I figli del cuculo (uccellini abbandonati, come si sa), Fuggire, Mendicare, Rubare, Uccidere, Prostituirsi, Drogarsi, Tormentare (loro stessi e la gente). Si tratta della vita quotidiana, delle “attività” che queste mandrie di ragazzini sventurati, orfani, degradati in ogni senso, compirono tutti i giorni, per 20 anni, correndo o trascinandosi per le città e le province dell’Urss. Erano il frutto del conflitto russo-tedesco, a causa del quale i genitori erano morti, oppure avevano smarrito o abbandonato i figli.

La maggior responsabilità l’hanno avuta la Rivoluzione leninista, la guerra civile che la seguì, le Grandi Purghe staliniane e le stragi di kulaki, che crearono orfani sbandati a milioni. Aggrappati sotto i treni per viaggiare, ammassati la notte dentro i grandi forni per l’asfalto stradale, sepolti nei sotterranei delle stazioni, nei cassonetti della spazzatura e in cento altri luoghi incredibili, i piccoli bruti erano temuti e scansati dalla gente. Se non guardavano altrove, i poliziotti li fermavano e li chiudevano in prigione o negli orfanotrofi (non molto diversi).

Per cui la storia-incubo dei Besprizornye si mischia con quella dei gulag, dove ne finivano molti, come documenta l’Autore. Infatti, da membro dell’Associazione italiana degli slavisti, Mecacci domina una notevole quantità di autori e fonti letterarie russo-sovietiche sul tema, e li getta a piene mani in quasi tutte le pagine del libro. Molti scrittori sovietici (tra cui alcuni ex randagi) sono i migliori testimoni di questa gravissima e insanabile piaga della neonata Urss, e descrivono uno per uno tutti i gironi di quest’inferno. Il continuo aumento dei besprizornye, il loro imbestialimento fisico e morale (fino al cannibalismo!), i reati che commettono, le violenze di cui sono sia autori che vittime, l’impotenza delle autorità e gli sbagli o le utopie di educatori come il pur noto Makarenko, allineato col regime e alla fine sollecito della propria carriera politica.

Come finì? Tanti ragazzi morirono. Alcuni, in qualche struttura-isola felice, ricevettero un po’ di formazione e lavorarono. Molti furono assoldati dalle polizie, dal futuro Kgb e dall’esercito. Così un’altra guerra, e i tedeschi, finirono il lavoro.
Di attualità ce n’è, eccome. I media ci mostrano spesso quanto i piccoli e i giovanissimi siano esposti, fragili, in pericolo, in certi Paesi ora sconvolti dalla guerra, oppure nel pieno delle correnti migratorie. È qualcosa di diverso dal randagismo sovietico ’20-’30. Ma le vittime sono sempre i bambini e gli adolescenti, i più indifesi.

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