Bambini immersi nel web

I ragazzi al tempo del Covid, tra zoom e video chat. Quali rischi per i giovanissimi, quali possibilità per i genitori
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Giulia ha 9 anni, fa la quarta elementare ed è una bimba estroversa e irrequieta. Da quando è costretta a restare a casa e non può andare a scuola ha imparato a cercare i compiti assegnati dalla maestra su una piattaforma online, a fotografarli una volta fatti con lo smartphone della mamma e a inviarli via whatsapp. Proprio su whatsapp, tutte le sere, prima di cena, sempre col cellulare della mamma, fa una videochiamata con le sue “amiche” per raccontarsi e giocare ancora un po’. Ma non troppo a lungo perché il wi-fi è debole e non regge se si collega contemporaneamente sua sorella.

Sara di anni ne ha 11, frequenta la prima media ed è invece una ragazzina riservata e pacata. Lei di cellulare ne ha uno tutto suo già da un anno, concesso dai genitori – dopo mesi di richieste pressanti –, perché altrimenti sarebbe rimasta esclusa dalla chat dei compagni di classe dove si ricordano i compiti, le date delle interrogazioni e si fa esperienza – spesso per la prima volta – di queste chiacchiere “condivise”. Uno dei tanti “gruppi” in chat a cui a breve avrebbe preso parte.

Una “necessità” in origine, presto diventata un bel passatempo, e che oggi – in tempo di quarantena da coronavirus – la assorbe quasi totalmente. In effetti Sara negli ultimi mesi è sempre “connessa”, se non al telefono via pc, perché le lezioni si sono traferite dalla scuola alla Rete. Tre, quattro a volte cinque al giorno se si considera anche lo sport. Una vera overdose.

A guardarle non si può non cogliere la differenza fra il loro modo di vivere la socialità oggi – dentro e fuori dalla scuola – e quello dei bambini di qualche anno fa. E chiedersi come la loro giovane mente riesca a tenere insieme in maniera coerente, costantemente, l’essere allo stesso tempo in due luoghi: quello fisico, “reale”, e quello fluido e immateriale del web, reale con riserva. Come incide questo sullo sviluppo delle loro abilità cognitive, sulle competenze sociali e sulla costruzione della propria identità. Quali conseguenze abbia l’essere esposti potenzialmente a stimoli propri del mondo adulto, a richiami alla sessualità, a contenuti violenti. Se abbiano o meno gli strumenti per scegliere fra comportamenti costruttivi e distruttivi, per sé e per gli altri.

Domande che molti genitori e educatori in genere si pongono. Spesso senza avere una risposta definitiva. Cercando piuttosto di navigare a vista, osservando i propri figli passeggiare a cavallo tra queste due dimensioni, e cercando ancoraggi sicuri.

Qualche riflessione allora può essere utile. Anzitutto, la tentazione – comprensibile di fronte alle trappole di cui è disseminato il web, dal cyberbullismo, all’hate speech, dalla pedopornografia al sexting, alle dipendenze e la manipolazione delle fake news –, di bloccare, controllare, spiare o limitare i loro comportamenti online è certamente controproducente. Meglio piuttosto costruire con i propri figli un rapporto di fiducia che li porti a condividere con i genitori esperienze, pensieri, scoperte, dubbi e preoccupazioni legati alla loro vita connessa. Anche perché filtri e blocchi impostati sui dispositivi sono armi spuntate se poi usano gli smartphone dei loro amici.

Più efficace piuttosto è valutare insieme i rischi e le opportunità che offre la Rete e farne esperienza insieme, stimolare un comportamento critico, insegnare come proteggere la propria sfera privata e quali implicazioni può avere il loro comportamento online. Concordare delle regole da rispettare nell’uso dei dispositivi.

È evidente che i genitori sono chiamati anzitutto ad interessarsi all’offerta di applicazioni e giochi disponibile online per i bambini e ragazzi, a conoscere le app di tendenza, a sperimentarle prima di concederne l’uso o di permettere ai figli di aprire un profilo sui social. Per poi concentrarsi sulle opportunità che offre la Rete.

Anzitutto quella di acquisire competenze sociali, instaurare rapporti, condividere idee e pensieri, sviluppare il senso di appartenenza a gruppi che non siano solo quello familiare, e progredire nel percorso di autonomia nei confronti dei genitori. Poi sviluppare la propria identità, scoprendo cosa piace e non piace a loro e ai loro amici, conoscere persone con gli stessi interessi ed essere vicino ai propri amici sempre. Anche postare dichiarazioni e video propri, twittare a proposito di temi attuali, discutere nei forum, creare un proprio sito Internet o un blog.

In ultimo, i genitori sono chiamati a dare l’esempio, nelle modalità ma anche nel tempo che trascorrono online.

 

 

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