Armi di distrazione di massa per il dopo Mattarella?

La proposta di candidatura di Silvio Berlusconi, se confermata, impedirebbe la formazione di un’ampia coalizione intorno a un nome di alto profilo e di trasversale autorevolezza. Si spera che sia altro il vero stato del dialogo tra le forze politiche perché il tempo si è fatto breve
Dopo Mattarella Foto Mauro Scrobogna /LaPresse

Quale presidente dopo Mattarella? Tra gli elementi messi in luce nella cronaca di questi giorni, gli opinionisti sottolineano come una novità il grande coinvolgimento del Paese nell’elezione del Capo dello Stato, solitamente affare per addetti ai lavori. Nel cercare di coglierne le ragioni, si mette in luce la solidità di quella istituzione, che è l’unica a mantenere un consenso elevato e un livello di fiducia alto nei cittadini, evidenziando come vi sia una immedesimazione diretta tra popolo e Presidenza della Repubblica, come se la vera rappresentanza si ricapitolasse lì.

Gioca molto il profilo del presidente e proprio la sostituzione di Sergio Mattarella è uno degli elementi che catalizzano l’attenzione dei cittadini, giacché si percepisce una specie di horror vacui al pensiero che Mattarella, di cui tutti hanno imparato a conoscere l’affidabilità, vada via senza sapere chi ne prenderà il posto. In più il secondo più amato dagli italiani (al momento), Mario Draghi, è ben percepito al suo attuale posto di capo del Governo; da qui le richieste popolari, espresse in vario modo al Presidente Mattarella, di restare ancora al Quirinale.

In ogni modo, tutti si sentono, ci sentiamo, della partita. Questo generale coinvolgimento dovrebbe preludere a un approccio, da parte delle forze politiche, il più alto e lungimirante possibile, spingendole alla ricerca di una personalità che raccolga le migliori eredità dei predecessori e che, anche considerando il momento di dolorosa difficoltà del Paese, sappia trasmettere fiducia e senso di comunità.

Ancora non è detto che la scelta finale non sia di questo livello, ma l’ora della prima chiama per il voto si avvicina e ancora non è possibile capire che piega prenderà davvero questo importante appuntamento. In superficie, le dichiarazioni e le prese di posizione degli schieramenti e dei vari esponenti politici sanno ancora di schermaglia tattica benché in qualche caso abbiamo un’incidenza diretta nella gestione del voto.

La proposta di candidatura di Silvio Berlusconi, ad esempio, se confermata, avrebbe l’effetto di impedire l’elezione del presidente nelle prime tre votazioni, a largo consenso, quindi deludendo le aspettative di ampia coalizione intorno a un nome di alto profilo e di trasversale autorevolezza.

Il PD, il M5S e altre forze politiche di sinistra e non, come Italia Viva, hanno infatti espressamente escluso qualsiasi possibilità di appoggio a Silvio Berlusconi, sul quale continuano a insistere valutazioni di segno diametralmente opposto e reciprocamente incomunicabili. Fatto sta che la sua candidatura deve misurarsi con problemi di numeri minimi necessari, che ancora non appaiono raggiunti e sui quali si assiste al “reclutamento” di singoli elettori (l’ “operazione scoiattolo”) che non ha precedenti nell’elezione di un Capo dello Stato.

Ma in verità l’insistenza di Berlusconi a voler essere “candidato” più probabilmente serve a nascondere un’altra personalità che potrebbe essere nominata al momento opportuno. Gianni Letta? Giuliano Amato? Chi altri? Si tratterebbe in ogni caso di operazioni spericolate: il voto segreto, si sa, riserva sempre sorprese e se ne è avuto un antipasto già con l’elezione dei rappresentanti regionali.

Difatti, non si comprende ancora se e quanto le iniziative dell’ex presidente del Consiglio siano prese in accordo con gli altri leader del centro destra, salvo Forza Italia. In particolare Salvini, che guida un’altra forza politica che fa parte del Governo, deve tenere assieme la partita del Quirinale con quella del Governo e non può fare a meno di parlare con gli altri leader della maggioranza, impegnati nella stessa impresa.

Per questo si può sperare che il vero stato del dialogo non lo si conosca e che le quotidiane prese di posizione potrebbero essere armi di distrazione di massa. La complessità della trattativa, che probabilmente include anche la legge elettorale, è tale che può restare cacofonia di voci con l’avvio delle elezioni al buio e l’esito aperto a qualunque ipotesi; oppure può portare a un rinsaldamento della maggioranza che parta proprio dalla scelta di una figura che magari raccolga consensi anche oltre. Il tempo rimasto è poco, ma auguriamocelo.

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