Addio a Massimo Toschi, l’uomo che ha salvato 10 mila bimbi palestinesi

Se ne è andato Massimo Toschi, una persona che ha dedicato la sua vita alla pace. Storico, politico, scrittore, disabile. Il 13 novembre avevamo presentato una sua biografia a Lucca, il giusto tributo a un uomo che ha incarnato nella sua esistenza la beatitudine dei pacifici.
Michele Zanzucchi, a sinistra, e Massimo Toschi, al centro, in Siria, a un doposcuola per bambini nel 2018.

Eravamo tutti lì, i suoi amici con Romano Prodi, Alberto Melloni, Patrizia Giunti, col generale Fioravanti, con Manuela Dviri, don Daniele Simonazzi, il presidente della Provincia di Lucca, i sindaci delle sue città, Lucca che ci ospitava e dove Massimo abitava, e Porcari, paese dove nacque nel 1944 e dove un anno più tardi contrasse la poliomielite, il presidente della Caritas diocesana, il prefetto, la figlia Sara e tanta gente. Si presentava una sua biografia, l’ultimo libro su e con Massimo Toschi: Beati i pacifici. Massimo Toschi, una vita da cristiano comune, pubblicato per gli abbonati alla rivista PassaParola e per i Tipi di Città Nuova. Un incontro di famiglia e nello stesso tempo di altissima caratura civile e politica, sull’esempio della sua figura di professore e ricercatore di storia, di

Libro di Città Nuova Beati i pacifici, Massimo Toschi, una vita da cristiano comune.

politico, di esponente della società civile, di artigiano di pace, di disabile.

Avevo avuto la fortuna di incrociare i passi di Massimo Toschi, o meglio le tracce delle ruote della sua carrozzina, tanti anni fa, ero direttore di Città Nuova. Ci vedemmo più volte, poi iniziò la collaborazione a cittanuova.it, che è andata avanti per vent’anni, nella franchezza e nella creatività più limpida. Tutti questi suoi interventi sono stati raccolti in un prezioso volume: Sentinella, quanto resta della notte? (Maria Pacini Fazzi editore).

La collaborazione è poi proseguita, una volta che le nostre vite avevano cambiato di segno: lui non era più assessore alla cooperazione internazionale, alla riconciliazione e al perdono (un nome dell’assessorato che era, in fondo, il programma della sua vita) per la Regione Toscana; io avevo lasciato la direzione della rivista, trasferendomi in Libano. Organizzammo un viaggio in Siria, nel 2018, da cui abbiamo tratto un libro dal titolo evocativo: Siria, una guerra contro i civili (CNx), con la prefazione di Romano Prodi. Poi, lo scorso anno, abbiamo scritto un secondo libro a quattro mani, Scoperchiarono il tetto, i disabili spiegano il Vangelo (EFI). Infine, Aurora Nicosia, che aveva preso il mio posto a Città Nuova, all’inizio dell’anno mi chiese di scrivere la sua biografia. Cosa che ho fatto.

Lunedì 13 novembre, ospiti della Provincia di Lucca, il libro è stato presentato da un panel fuori dal comune. Ognuno a modo suo, ha tracciato il profilo dell’amico Massimo Toschi. Ha detto ad esempio il generale Fioravanti: «Perché un militare parla di pace? Perché non c’è migliore difensore della pace di chi ha conosciuto la guerra. I militari sono più a favore della pace di tanti politici, perché ogni volta che i militari intervengono viene sancita la sconfitta della politica e della pace. Massimo l’ha capito, e continuamente ci chiedeva cosa fare e come farlo, per evitare la guerra».

In collegamento da Tel Aviv, Manuela Dviri, partner di tanto avventure in Israele e Palestina di Massimo, in particolare per il progetto Saving Children, ha voluto ricordare gli ostaggi israeliani e le vittime civili della guerra in corso. «Massimo non ha mai avuto parole di guerra, ma solo di pace concreta», ha detto.

La presidente della Fondazione La Pira, Patrizia Giunti, ha voluto ritracciare la figura del sindaco di Firenze associandola a quella di Toschi. «La pace non è spontaneismo dell’apostolato, è l’urgenza di agire nel quotidiano. Il mio problema è risolvere il tuo problema, questa è la più alta politica. È l’urgenza di un agire concreto, non eclatante ma reale. Ma la pace è frutto di un percorso, non è questione di estemporaneità». Patrizia Giunti ha colto nel segno: Massimo era un artigiano di pace “performante”: c’era un guaio, cercava di risolverlo. In questo modo, ad esempio, con un’operazione avviata con la Regione Toscana e tanti altri partner è riuscito a far curare bambini palestinesi malati gravi negli ospedali israeliani, meglio attrezzati di quelli dei Territori palestinesi: ha così salvato diecimila bambini.

Lo storico Alberto Melloni ha dichiarato: «Nel mondo della post-guerra fredda, si è avuta la convinzione che tutti possono fare la guerra, tutti ne hanno i mezzi, magari imbottendosi di tritolo. Massimo, invece, ha detto “tutti possiamo fare la pace”», confermando la caratura di un piccolo-grande uomo che ha incontrato Mandela, Peres, i papi (aveva con sé un lungo carteggio con papa Francesco), un uomo che non si fermava dinanzi a nessun ostacolo pur di portare a termine i suoi progetti di pace.

Don Daniele Simonazzi, grande amico di Massimo e dei poveri, ha detto: «La pace è il seme, non è la terra nel quale viene gettato il seme, la pace è il seme stesso. Gesù non si è occupato della pace, ma ha disarmato i cuori, sentendo la violenza di chi colpisce e la sofferenza di chi ha subito. Così Massimo». E Romano Prodi: «Questo libro insegna una ricomposizione pratica della pace, quella che Massimo ha attuato nella sua lunga vita. Un amico che ha saputo mettersi nelle spaccature della nostra umanità, quelle stesse che noi stessi avevamo contribuito a creare. Ma alla fine si deve tornare sempre alla pace, e Massimo anticipava i tempi».

Massimo Toschi è quello che è, era quello che era perché il suo cuore, la sua mente, il suo corpo erano un mosaico dei mille e mille cuori, menti e corpi coi quali ha condiviso un passaggio della sua vita. Massimo non ha mai aiutato nessuno, Massimo si è fatto tutti a tutti, con-pativa. Incontrando Margaret Karram, presidente del Movimento dei Focolari, poco più di un anno fa, che si era recata a casa sua per visitarlo, Massimo aveva detto: «Vedi, la pace per diffondersi non ha bisogno di pubblicità, di grandi parole gridate sui media, ma di persone che si rimbocchino le maniche e testimonino la pace».

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