Aborto: la lezione di Norberto Bobbio

Secondo l’Europarlamento l’interruzione di gravidanza è un diritto umano. Rileggiamo invece la riflessione del filosofo torinese, padre della cultura laica in Italia
Norberto Bobbio

Per molto tempo il tema dell’aborto è stato motivo di dura divisione tra i laici e i cattolici: per gli uni infatti l’interruzione volontaria della gravidanza veniva a sopprimere una vita umana che è sempre uno splendido dono di Dio; per gli altri invece l’aborto era considerato generalmente un male minore, una sofferta necessità se non addirittura un diritto della donna.

Questa contrapposizione si è riproposta anche nei mesi scorsi quando l’Europarlamento a grande maggioranza (324 sì, 155 no, 38 astenuti) ha approvato una Risoluzione in cui l’aborto viene considerato un diritto umano e si chiede di inserirlo nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. L’aborto rientra tra questi diritti?

A riguardo di tutto ciò è utile richiamare la lezione di colui che è considerato il padre della cultura laica in Italia, il filosofo torinese Norberto Bobbio, che ci ha lasciato nel 2004 all’età di 94 anni. Docente universitario, senatore a vita dal 1984, Bobbio è autore di innumerevoli pubblicazioni sulle tematiche del diritto e della politica, tra cui, attualissimo, il volume Il problema della guerra e le vie della pace del 1979.

L’indifferentismo morale
Il 16 marzo 1979, in occasione del primo anniversario del sequestro di Aldo Moro e della brutale uccisione della sua scorta, Norberto Bobbio interviene su La Stampa con un articolo dal titolo La politica non può assolvere il delitto, dove sostiene l’idea che tra i tanti deleteri effetti della politicizzazione della vita vi è l’indifferentismo morale.

«Questo diffondersi dell’indifferentismo morale – scrive Bobbio – si rivela nella facilità con cui si accusa di moralismo chiunque compia un timido tentativo di porre i problemi del nostro tempo risalendo ai principi primi, come “non uccidere”, “non mentire”, “rispetta l’altro come persona” ecc. Mi riferisco soprattutto a coloro che si professano laici, ovvero non fedeli di alcuna religione, i quali con il loro sempre più incosciente rifuggire dal porre i problemi della condotta dal punto di vista morale, sembrano voler dare ragione a chi ha detto: “Se Dio non c’è, tutto è permesso”. L’aggettivo “immorale”, come espressione negativa di un atto, è caduto in disuso».

All’interno di questa riflessione sull’indifferentismo morale, Norberto Bobbio porta come esempio il problema dell’aborto. «Le conseguenze di questo indifferentismo morale sono apparse chiare nella discussione intorno al tema dell’aborto da parte degli abortisti. Si è considerato il divieto dell’aborto esclusivamente dal punto di vista giuridico, intendo del diritto positivo, come se la depenalizzazione, cioè il fatto che lo Stato non intende intervenire per perseguire penalmente chi compie o aiuta a compiere l’aborto, lo avesse fatto diventare moralmente indifferente».

Un diritto umano fondamentale
È soprattutto però nel corso del maggio 1981 che Norberto Bobbio interviene più diffusamente in merito al problema dell’aborto. Siamo alla vigilia del referendum per l’abrogazione della legge 194, un referendum che vede una dura contrapposizione fra laici e cattolici. Norberto Bobbio è uno dei pochi laici che interviene pubblicamente, in modo chiaro e netto, contro l’aborto.

L’8 maggio, in un’intervista che concede a Giulio Nascimbeni per il Corriere della Sera, Bobbio sottrae il tema in questione alla contrapposizione fra credenti e non credenti, per porlo nell’alveo dei diritti umani.

«Innanzitutto esiste il diritto fondamentale del concepito, quel diritto di nascita sul quale, secondo me, non si può transigere. Si può parlare di depenalizzazione dell’aborto, ma non si può essere moralmente indifferenti di fronte all’aborto. C’è anche il diritto della donna a non essere sacrificata nella cura dei figli che non vuole. E c’è un terzo diritto: quello della società in generale e anche delle società particolari a non essere super-popolate, e quindi ad esercitare il controllo delle nascite. Ho parlato di tre diritti: il primo, quello del concepito, è fondamentale; gli altri, quello della donna e quello della società, sono derivati. Inoltre, e per me questo è il punto centrale, il diritto della donna e quello della società, che vengono di solito addotti per giustificare l’aborto, possono essere soddisfatti senza ricorrere all’aborto, cioè evitando il concepimento. Una volta avvenuto il concepimento, il diritto del concepito può essere soddisfatto solo lasciandolo nascere».

Esistono – chiede Nascimbeni – azioni moralmente illecite, ma che non sono considerate illegittime? «Certamente. Cito il rapporto sessuale nelle sue varie forme, il tradimento tra coniugi, la stessa prostituzione. Mi consenta di ricordare il Saggio sulla libertà di Stuart Mill. Sono parole scritte 130 anni fa, ma attualissime. Il diritto, secondo Stuart Mill, si deve preoccupare delle azioni che recano danno alla società: “Il bene dell’individuo, sia esso fisico o morale, non è una giustificazione sufficiente”.

Dice ancora Stuart Mill: “Su se stesso, sulla sua mente, sul suo corpo, l’individuo è sovrano”. Adesso le femministe dicono: “Il corpo è mio e lo gestisco io”. Sembrerebbe una perfetta applicazione di questo principio. Io, invece, dico che è aberrante farvi rientrare l’aborto. L’individuo è uno, singolo. Nel caso dell’aborto c’è un altro nel corpo della donna. Il suicida dispone della sua singola vita. Con l’aborto si dispone di una vita altrui».

Tutta la sua lunga attività, professor Bobbio – osserva ancora Nascimbeni –, i suoi libri, il suo insegnamento, sono la testimonianza di uno spirito fermamente laico. Immagina quale sorpresa ci sarà nel mondo laico per queste sue dichiarazioni? «Vorrei chiedere quale sorpresa ci può essere nel fatto che un laico consideri come valido in senso assoluto, come un imperativo categorico, il “non uccidere”. E mi stupisco a mia volta che i laici lascino ai credenti il privilegio e l’onore di affermare che non si deve uccidere».

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