Abitazioni vuote e famiglie senza casa. Paradosso italiano

La questione abitativa è più che mai attuale, riproponiamo perciò la prima parte dell'intervista all’urbanista Paolo Berdini
case popolari

Paolo Berdini è un noto urbanista, autore di testi come La città in vendita (Donzelli editore) e Breve storia dell’abuso edilizio (Donzelli editore), che non ha timore ad esporsi nel sostenere i comitati e le associazioni che, in varie parti d'Italia, nascono in difesa del territorio dalla cementificazione senza regole. Eppure, ad esempio, una metropoli come Roma continua a registrare una carenza di abitazioni per crescenti fasce sociali impoverite. Sono almeno 60 le occupazioni non legali di complessi abitativi nella Capitale. Recentemente alcuni occupanti “illegali” hanno ottenuto l’obiettivo di sedersi al tavolo con il ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, per un confronto serrato dopo la recente manifestazione del 19 ottobre incentrata sul bisogno dei senza casa, senza ovviamente giungere ad alcun tipo di accordo.

La vertenza è destinata a crescere nel tempo mentre anche l’Ance, l’Associazione nazionale dei costruttori, ha lanciato, il 12 novembre, la campagna “Home day”, per «rimarcare la necessità di politiche a sostegno della casa e delle famiglie», con un evento pubblico che ha visto la presenza di Antonio Patuelli, presidente dell’Associazione nazionale delle banche (Abi), assieme allo stesso ministro Lupi. I dati esposti parlano di un crollo del 60 per cento dei mutui concessi per la casa nel periodo dal 2007 al 2012.

Per cercare di comprendere i termini della questione e aprire piste di riflessione, che si epliciteranno nel forum del 5 dicembre che Città Nuova ha organizzato nella sua sede invitando anche Elena Granata, editorialista di Città Nuova, docente del Dipartimento di architettura e studi urbani al Politecnico di Milano e Francesco Erbani, giornalista, capo servizio nella redazione Cultura de La Repubblica.

Dottor Berdini si può difendere il diritto alla casa e bloccare la costruzione di nuovi alloggi per motivi ambientali e paesaggistici? Non esiste una contraddizione?
«Direi di no. Il problema del diritto alla casa infatti non ha origine dalla penuria di alloggi o da una domanda abitativa superiore all’offerta. Al contrario, in Italia ci troviamo di fronte a una notevole quantità di alloggi nuovi che non trovano acquirenti e a centinaia di migliaia di famiglie che non hanno i mezzi economici per acquistare o affittare un alloggio a prezzo di mercato. Si è creata insomma una divaricazione tra domanda e offerta. La domanda della parte della società che non può sostenere il libero mercato e un’offerta che è interamente dedicata a un segmento di mercato che oggi risente fortemente della crisi economica».

Quindi?
«Il problema della casa non si aggrava bloccando nuove costruzioni edilizie. Si aggrava, al contrario, se la mano pubblica continua a non svolgere il ruolo di governo del settore edilizio. Il problema italiano è che, al pari di altri Paesi europei come la Spagna, si è abdicato al ruolo pubblico nel comparto delle abitazioni confidando nella capacità del “mercato” di risolvere tutte le contraddizioni. Il fallimento di questa filosofia è sotto gli occhi di tutti».

Secondo i rappresentanti dei costruttori mancherebbero in Italia mezzo milione di alloggi popolari. Perché, a suo avviso, l’housing sociale o il project financing (opere pubbliche con impiego prevalente di capitali privati da remunerare o compensare) sono da considerare soluzioni non adeguate?
«La domanda è intimamente legata alla precedente. La mano pubblica non è stata messa nelle condizioni di intervenire. Avrebbe potuto farlo con i normali strumenti di controllo del settore che vengono applicati in tutti gli altri Paesi dell’Europa del Nord, ma si è puntato tutto sull’iniziativa privata. E quando questa si è dimostrata incapace di risolvere un problema di squilibri sociali si è ricorsi all’ingegneria normativa e finanziaria. In altri termini, invece di prendere atto della manifesta incapacità del mercato a risolvere i problemi abitativi della fascia più povera della società, si è risorsi all’ideologia e alle alchimie tecniche».

Cosa occorre davvero, a suo giudizio, per rispondere in maniera coerente all’emergenza abitativa?
«Per risolvere il problema delle abitazioni c’è bisogno dell’intervento pubblico sia in termini di regia del settore che di realizzazioni concrete di nuova edilizia sociale o di acquisto di edifici già esistenti da destinare alla popolazione priva di casa. Si continua invece a pensare a formule vaghe come l’housing sociale che, bene che vada, ripetono i canoni degli alloggi convenzionati che negli anni ’70 e ’80 hanno dato risultati straordinari, fornendo casa a milioni di italiani. Erano però decenni di espansione economica, mentre oggi siamo nel settimo anno della più grave crisi economica dell’Occidente. Per questo l’housing sociale e il project financing non possono funzionare: non fanno i conti con la crisi che attraversiamo».

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