Carne coltivata, ne abbiamo bisogno?

Dopo che il governo ne ha vietato la produzione, il dibattito è aumentato. Abbiamo chiesto al nostro esperto biologo nutrizionista Daniele Signa il suo contributo sul tema. Possiamo approfondire tematiche di alimentazione sostenibile nel corso di formazione agile tenuto dal dott. Signa "TUTTI  A  TAVOLA. Come organizzarsi per un’alimentazione sana e sostenibile"
16 novembre 2023. Il segretario di +Europa Riccardo Magi e Benedetto Della Vedova davanti alla Galleria Colonna dove era in presidio Coldiretti in occasione del voto finale del Parlamento sul disegno di legge che introduce il divieto alla carne coltivata. Foto Lapresse

Il governo ha approvato il divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi costituiti o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati.

La carne coltivata è carne prodotta utilizzando la tecnologia di coltura cellulare in vitro in cui le cellule animali sono principalmente cellule derivate dal muscolo scheletrico isolate tramite biopsia muscolare e da bestiame macellato. La prima carne coltivata è stata prodotta nel 2013 da Mark Post dell’Università di Maastricht, Paesi Bassi, da cellule muscolari scheletriche primarie bovine. Da allora, diversi laboratori universitari e aziende, in diverse parti del mondo, sono entrati in questo campo di ricerca. Successivamente, numerose start-up e aziende hanno prodotto diversi tipi di prodotti a base di carne coltivata: polpette, fajitas di manzo, pollo e anatra, crocchette di pollo.

L’allevamento oggi produce il 30% delle emissioni di metano di origine antropica. (1) Il metano è uno dei gas che contribuiscono all’effetto serra. Inoltre, circa il 70% della deforestazione in Amazzonia è avvenuta a causa della conversione in pascoli e in colture foraggere. Gli attuali studi stimano che il 30% delle terre coltivate sia adibito a produzione di mangime per la popolazione bovina allevata. Il consumo di suolo agricolo per l’allevamento porta ad una impronta idrica pari a 15.415 litri al giorno per kg di manzo e 4.235 litri per kg di pollo rispetto ai 962 litri per kg di frutta e solo 322 litri per kg di verdure. (2) Il sistema di produzione di carne coltivata richiede, invece, un minore utilizzo di acqua, terra, cereali rispetto al sistema di allevamento tradizionale. (3)

La carne in vitro non è una vera e propria bistecca ma un insieme di cellule muscolari che andranno coltivate su un’impalcatura commestibile che supporta strutturalmente e biologicamente il loro assemblaggio. Servono cellule adipose, fibrose e vascolari per imitare meglio il sapore, la consistenza e i valori nutrizionali della carne tradizionale. E il dibattito sulla carne coltivata inizia proprio qui.

Si parla di presenza di grassi saturi: bisogna aggiungere infatti cellule adipose. Ma anche la carne tradizionale presenta naturalmente cellule adipose, è il famoso grasso che dà sapore alla carne. Ma il consumatore sa, da ormai diversi anni, che si tratta di un grasso correlato all’aumento delle patologie cardiovascolari. (4) Il Fondo Mondiale per la Ricerca sul Cancro (WCRF) afferma che occorre limitare il consumo di carni rosse ed evitare il consumo di carni conservate. Si raccomanda di non superare 500 grammi alla settimana. (5) Alcuni ricercatori ipotizzano però di migliorare il profilo lipidico della carne coltivata inserendo quei lipidi che fanno bene alla salute e che, anche se in minor misura, sono presenti nella carne tradizionale.

Un’ulteriore controversia deriva dall’origine delle impalcature utilizzate per dare consistenza e struttura alla carne coltivata: la carne in vitro è più simile alla carne macinata ma per fornire consistenza al palato e al gusto occorre che le cellule crescano all’interno di una struttura simile alla carne tradizionale come connettivi, fibre, vasi… Si parla anche di carne stampata con stampanti 3D per posizionare le cellule all’interno dell’impalcatura e poi crescere. Vi sono alcuni pareri negativi sui materiali usati, ma alcuni recenti studi hanno portato all’uso di strutture di origine vegetale commestibili.

Il siero fetale di nutrimento poi è un altro punto a sfavore della carne coltivata, siero ottenuto dal sangue raccolto dal feto di bovine gravide, durante il processo di macellazione tramite un sistema che ne garantisce la sterilità. Contiene fattori di crescita tissutale che possono interagire eventualmente con le nostre cellule, ma recentemente si sta procedendo ad utilizzare del siero di origine vegetale.

Alcuni denunciano anche l’eventuale uso di antibiotici in coltura, anche se le cellule sono coltivate in bioreattori sterili non a contatto con l’ambiente e quindi con microrganismi patogeni. Anche nell’allevamento tradizionale gli animali sono sottoposti a profilassi antibiotiche per proteggerli da eventuali patogeni, ma qui gli animali sono più a contatto tra loro e con l’ambiente.

Insomma, l’aumento della popolazione umana e la conseguente richiesta di maggiore cibo ha stimolato l’uomo a trovare un’alternativa più sostenibile agli allevamenti intensivi di carne. Ma forse bisogna mettere a fuoco il punto di partenza? Servono davvero più proteine nella dieta dell’uomo? Il fabbisogno proteico è di circa 0.7-0.8 g per Kg di peso corporeo per un adulto, è maggiore per un infante, nell’anziano e in caso di gravidanza e allattamento. (6) L’aliquota proteica non deve superare i 1,8 – 2 g di proteine al giorno per Kg di peso, neppure da chi pratica sport di potenza, come l’atletica pesante. Le diete moderne, lontane dalla tradizione mediterranea, sono caratterizzate da un eccessivo consumo di proteine, soprattutto di origine animale. Ma bisogna ricordare che le proteine sono contenute, anche se in minor misura, negli alimenti vegetali come i cereali integrali, frutta, verdura e legumi. Non dimentichiamoci che associando i cereali (grano e derivati, riso, mais…) ai legumi (lenticchie, fagioli, piselli, ceci, fave…) si ha lo stesso profilo amminoacidico di una bistecca con un contenuto maggiore in fibre e un contenuto minore di grassi.

Quindi penso che, se la carne coltivata possa rappresentare una possibile alternativa, di sicuro tutti concorderanno che sia più sostenibile un piatto di pasta e lenticchie, pertanto meglio consumare una quantità più limitata di carne e dare più spazio alla nostra tradizione contadina vicina all’agricoltura.

  1. Xu, Xiaoming, Prateek Sharma, Shijie Shu, Tzu-Shun Lin, Philippe Ciais, Francesco N. Tubiello, Pete Smith, Nelson Campbell, and Atul K. Jain. “Global greenhouse gas emissions from animal-based foods are twice those of plant-based foods.” Nature Food 2, no. 9 (2021)
  2. Mottet, Anne, Cees de Haan, Alessandra Falcucci, Giuseppe Tempio, Carolyn Opio, Pierre Gerber. “Livestock: On our plates or eating at our table? A new analysis of the feed/food debate.” Global Food Security 14 (2017): 1–8. 10.1016/j.gfs.2017.01.001199 Mekonnen, Mesfin M. and Arjen Y. Hoekstra. “A Global Assessment of the Water Footprint of Farm Animal Products.” Ecosystems 15
  3. Tuomisto HL, Teixeira de Mattos MJ. 2011; Environmental impacts of cultured meat production.
  4. Zhong, Victor W., Linda Van Horn, Philip Greenland, Mercedes R. Carnethon, Hongyan Ning, John T. Wilkins, Donal M. Lloyd-Jones, and Norrina B. Allen. “Associations of processed meat, unprocessed red meat, poultry, or fish intake with incident cardiovascular disease and all-cause mortality.” JAMA Internal Medicine 180, no. 4 (2020)
  5. World Cancer Research Fund, American Institute for Cancer Research. Food, Nutrition, Physical activity and the Prevention of Cancer: a Global Perspective. Washington DC: AICR; 2007
  6. Società Italiana di Nutrizione Umana-SINU,LARN – Livelli di assunzione di riferimento per la popolazione italiana: PROTEINE.

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