Politiche agricole

Manifestazioni in Italia contro il cibo sintetico

Giovani agricoltori della Coldiretti da tutta Italia davanti a Palazzo Chigi per sostenere il disegno di legge del Governo che vieta la produzione e il commercio di alimenti prodotti in laboratorio: la filiera agroalimentare italiana vale 580 miliardi di euro

«No al cibo sintetico», «Contro il cibo in provetta è meglio una vera porchetta», «Difendiamo la dieta mediterranea», «No agli oligarchi del cibo artificiale», sono alcuni degli slogan su striscioni e cartelli dei giovani agricoltori della Coldiretti che da tutta Italia sono scesi in piazza in un flashmob davanti a Palazzo Chigi per dire no al cibo sintetico, in occasione del Consiglio dei Ministri sul disegno di legge che vieta il commercio e la produzione in Italia di carne e altri alimenti ottenuti in laboratorio, proposto dal ministro dell’agricoltura e della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida e dalla premier Giorgia Meloni, per i quali è stato preparato un cesto di tipicità 100% Made in Italy.

Alla guida dei manifestanti la delegata nazionale di Coldiretti, Veronica Barbati, insieme al segretario generale Vincenzo Gesmundo e al presidente nazionale Ettore Prandini.

«L’Italia, che è leader europeo nella qualità e nella sicurezza a tavola, ha il dovere di fare da apripista nelle politiche alimentari a tutela dei cittadini e delle imprese», ha affermato Prandini. La legge contro carne, latte, formaggi, pesce e mangimi in provetta da parte del Governo è stata sostenuta da oltre mezzo milione di firme tra cui quelle di molte associazioni di agricoltori, esponenti del governo – primi tra tutti la premier Meloni e il ministro Lollobrigida – e della politica nazionale ed europea, imprenditori e vescovi. A firmare anche molti giovani agricoltori che, come sottolinea Coldiretti, sarebbero le prime vittime della sostituzione degli alimenti naturali con quelli prodotti in laboratorio.

Lo stop al cibo sintetico deciso dal Governo salva infatti 580 miliardi di euro di valore della filiera agroalimentare nazionale, quasi un quarto del Pil nazionale, e ben 4 milioni di lavoratori, dal campo alla tavola, tra aziende agricole, industrie alimentari, ristorazione, punti vendita al dettaglio e agricoltori in vendita diretta: il cibo è diventata la prima ricchezza dell’Italia nonostante le difficoltà legate alla pandemia e alla guerra in Ucraina. È quanto emerge dall’indagine della Coldiretti sui danni provocati dalla diffusione degli alimenti sintetici alla filiera agroalimentare italiana diffusa in occasione del Cibus a Parma

L’Italia – evidenzia Coldiretti – può infatti contare su 5450 specialità tradizionali censite dalle Regioni, 320 specialità Dop/Igp riconosciute a livello comunitario e 526 vini Doc/Docg e Igt, la leadership nel biologico con circa 86 mila aziende agricole biologiche e 25 mila agriturismi. Ed è anche il primo produttore Ue di riso, grano duro e vino e di molte verdure e ortaggi tipici della dieta mediterranea come pomodori, melanzane, carciofi, cicoria fresca, indivie, sedano e finocchi. E anche per quanto riguarda la frutta primeggia in molte produzioni importanti dalle mele e pere fresche, dalle ciliegie alle uve da tavola, dai kiwi alle nocciole fino alle castagne.

Senza contare la straordinaria leva di promozione che i prodotti simbolo della dieta mediterranea, i prodotti italiani più venduti all’estero, rappresentano per il Made in Italy nel mondo, che nel 2022 ha raggiunto i 60,7 miliardi di euro segnando un record storico per l’export agroalimentare italiano.

«La pandemia prima e la guerra poi hanno dimostrato che la globalizzazione spinta ha fallito e servono rimedi immediati e un rilancio degli strumenti europei e nazionali che assicurino la sovranità alimentare, riducano la dipendenza dall’estero e garantiscano un giusto prezzo degli alimenti per produttori e consumatori», afferma il presidente Ettore Prandini sottolineando l’esigenza di «raddoppiare da 5 a 10 miliardi le risorse destinate all’agroalimentare nel Piano nazionale di ripresa e resilienza spostando fondi da altri comparti per evitare di perdere i finanziamenti dell’Europa».

(Foto: Pixabay, Coldiretti)

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