Il papa ha detto che bisogna «accarezzare il conflitto». Che vuol dire? – Giovanni
Laureato in psicologia, consigliere dell’Ordine degli psicologi della Lombardia, esperto in psicologia evolutiva e scolastica, è nella redazione del giornalino Big Bambini in giro. ha pubblicato per Città Nuova: I linguaggi del corpo (2007); Comunicare fuori e dentro la famiglia (nuova ed. 2012), Crescer(ci) (2010); Mio figlio disabile (2011); con Giuseppe Milan, L’epoca delle speranze possibili. Adolescenti oggi (2010); Educare al sacro (2011); Mio figlio disabile (2011); Nonni oggi (2013); Crescere è una straordinaria avventura (2016); con Stefania Cagliani, Ad amare ci si educa (2017).
Il papa ha detto che bisogna «accarezzare il conflitto». Che vuol dire? – Giovanni
«Il futuro sarà accarezzare il conflitto». Questa frase, pronunciata da Papa Francesco in un suo discorso ai responsabili dei movimenti religiosi, illumina in modo straordinario il percorso per una convivenza più umana e autentica. Infatti il binomio accarezzare – conflitto sembra un paradosso, ma rappresenta una intuizione che è propria dello Spirito Santo, in quanto è valida per l’oggi, per il vissuto contemporaneo.
Proviamo infatti a riflettere su come erano impostati i rapporti nel passato, quando spesso si taceva la propria opinione per paura dell’altro e delle critiche. Spesso, in famiglia, non si aveva il coraggio di esprimere pareri contrari al giudizio del padre o della madre, perché si temeva di mancare rispetto e, se si osava una minima risposta, spesso si riceveva uno scappellotto perché non si obbediva alla autorità costituita.
Anche le istituzioni come la Chiesa, la scuola, la famiglia, erano strutturate sul binomio autorità – obbedienza, come cardine costitutivo della convivenza. Ciò naturalmente aveva i suoi vantaggi in termini di ordine, rispetto, convivenza ordinata e poco turbolenta…
Presentava però anche i limiti perché spesso impediva una creatività insita nelle giovani generazioni che sentivano impellente il bisogno di emanciparsi e di esprimere liberamente il loro pensiero. Un altro limite era caratterizzato dal fatto che talvolta i pareri dei genitori erano errati e si basavano su convinzioni rigide e pre-costituite.
Oggi naturalmente la musica è completamente cambiata. Sembra che parole come rispetto, obbedienza, autorità siano messe al bando e diventate obsolete, per fare spazio a discussioni, al parlare a tutti i costi, ad esprimere tutti i pareri possibili, indipendentemente da chi si ha di fronte. Non è raro infatti assistere a dialoghi ove l’insulto, il linguaggio volgare e scurrile sia frequente, senza il minimo rispetto della persona che si ha di fronte.
Anzi l’assurdo sembra che chi più grida ed usa un linguaggio spinto, venga ascoltato maggiormente. Il risultato però è sotto gli occhi di tutti in termini di aumento della violenza, decadimento dei costumi sociali e mancanza di rispetto verso le persone anziane. Quindi una volta si aveva paura a parlare, oggi non ci si tace più. Una volta gli anziani erano al centro del dibattito, oggi per farsi ascoltare devono scimmiottare i giovani. Una volta il conflitto era raro, oggi il conflitto verbale è di moda.
Eppure il litigio non è del tutto negativo. L’esperienza negativa in assoluto è l’indifferenza, perché testimonia il totale disinteresse verso le persone e le cose. Il conflitto e il litigio contengono qualcosa di positivo, perché se si litiga con una persona significa che ci interessa, che vogliamo discutere e sentire il suo parere. Ma se il litigio deborda in volgarità e sopraffazione, il risultato è pessimo e ci si allontana sempre più.
L’importante allora sarà “litigare bene, accarezzare il conflitto appunto”! Ciò permettere all’altro di esprimere il suo parere, anche discordante dal mio, in modo tale che alla fine, dopo il litigio ci si senta più uniti, più uomini, con una unità d’intenti che, anche se è costata fatica, comprende entrambi, è frutto dello sforzo di tutti. Occorre allora abituarsi a litigare bene, a non tacere il proprio parere, con l’intento però di costruire, di arrivare ad una realtà più grande
Ma come si può fare? Come si può litigare bene? Penso che siano necessari alcuni atteggiamenti:
1) vedere sempre il positivo dell’altro.
2) considerare l’altro come degno di stima, anche se ha pareri differenti.
3) considerare la relazione come la realtà più importante e l’altro come co-essenziale.
4) evitare di denigrare l’altro e introdurre lo “scusarsi” e la tolleranza come cardini del dialogo.
Tutto ciò poi sarà importante per il futuro ove, con la forte immigrazione e con gli scambi culturali sempre più frequenti, l’armonizzazione del vivere e della convivenza dovrà essere costruita con assiduità e determinazione. Quindi “accarezzando i conflitti” riusciremo lentamente ad integrarci, a costruire ricchezze sempre più vere, frutto del dialogo e non di coercizioni od esclusioni.
Forse la grande famiglia universale potrà allora non essere più una chimera o un sogno per ben pensanti, ma una realtà costruita sulla fatica di tanti, sulla sofferenza di molti che credono che il dialogo sia più importante di ogni differenza. Allora la relazione sarà più vera, frutto dell’amore sudato, della “croce di molti” che, alla luce della croce di Gesù, si lasceranno illuminare dal Suo amore affinchè Lui costruisca l’unità dei popoli.
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