L'esperto risponde / Educazione

Ezio Aceti

Laureato in psicologia, consigliere dell’Ordine degli psicologi della Lombardia, esperto in psicologia evolutiva e scolastica, è nella redazione del giornalino Big Bambini in giro. ha pubblicato per Città Nuova: I linguaggi del corpo (2007); Comunicare fuori e dentro la famiglia (nuova ed. 2012), Crescer(ci) (2010); Mio figlio disabile (2011); con Giuseppe Milan, L’epoca delle speranze possibili. Adolescenti oggi (2010); Educare al sacro (2011); Mio figlio disabile (2011); Nonni oggi (2013); Crescere è una straordinaria avventura (2016); con Stefania Cagliani, Ad amare ci si educa (2017).

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Scuola

Scuola: palestra di relazioni

Ricomincia la scuola in presenza, dopo la pandemia e la didattica a distanza. Mi piacerebbe un suo commento e un suo consiglio a studenti e insegnanti. Un lettore

(AP Photo/Daniel Cole, pool)

Da metà settembre in tutte le scuole d’Italia sono riprese le lezioni in presenza. Naturalmente è importante seguire tutte le indicazioni che permettono la convivenza sicura e protetta, affinché questo piccolissimo virus non si diffonda ulteriormente.

Era importantissimo, però, riprendere la scuola in presenza perché la relazione faccia a faccia è insostituibile e permette la convivenza fra le persone umane. È fondamentale ricordare quanto siano importanti i cardini basilari affinché la relazione sia efficace e utile per i nostri ragazzi, per aiutarli in questo delicato momento.

Ricordiamoci che la scuola non è solo un luogo d’istruzione, ma soprattutto di formazione ove la dimensione relazionale e umana contribuisce allo sviluppo psicofisico.

Affinché tutti possano riprendere con maggior serenità l’avventura scolastica, ricordiamo tre cardini educativi fondamentali:

L’ascolto

L’uomo è un essere sociale. Il paradosso della condizione umana è che l’individualità si realizza solo nella relazione e che il soggetto non esiste al di fuori del riconoscimento reciproco con l’altro da sé. L’ascolto è allora la capacità più importante per la convivenza, perché un ascolto vero e autentico permette all’altro di scoprire sé stesso e soprattutto di sentire che è importante per gli altri.

Ci sono tre modi di ascoltare, due delle quali sono difettose:

ASCOLTO DISTURBATO: avviene tutte le volte che, mentre qualcuno ci parla, noi ci mettiamo a fare qualcos’altro o pensiamo ad altro, cercando di mantenere contemporaneamente l’attenzione sull’interlocutore e su quello che stiamo facendo. Questo tipo di ascolto, mortifica chi ci sta parlando perché non si sente compreso e lascia una scia di tristezza e di vuoto.

ASCOLTO FRAMMENTARIO: avviene quando interrompiamo continuamente chi ci sta parlando per manifestare il nostro parere, impedendogli spesso di completare la frase. Quanto è antipatico questo modo di ascoltare! L’altro si sente umiliato e impedito nell’esprimere le proprie idee.

ASCOLTO VERO E PROFONDO consiste invece nell’essere pienamente disponibile per l’altro, nel “fare il vuoto dentro di sé per accogliere quanto ci sta dicendo“. Questo tipo di ascolto richiede due azioni particolari e cioè innanzitutto nel fare una “piccola violenza” su noi stessi per impedire al nostro pensiero di esprimersi mentre l’altro sta parlando, e poi soprattutto nel pazientare in modo che l’altro possa dire tutto quanto desidera.

Carl R.Rogers (1902-1987), nel suo libro La terapia centrata sul cliente, parla di una “forza di base” presente nel cliente, definita “tendenza attualizzante”, considerata come la forza essenziale che è all’origine della crescita e dello sviluppo di ogni persona.

L’ascolto profondo è quindi il presupposto per un rapporto empatico fra madre e bambino, fra partner, fra insegnanti e studenti, fra le persone in genere, per una comprensione profonda e reciproca, che accompagnerà per tutta la vita la relazione con gli altri simili.

Questo modo di ascoltare si rende concreto semplicemente nel lasciar dire all’altro tutto quanto vuole e soprattutto nel mantenere alta l’attenzione nei suoi confronti.

A questo proposito sono espressive le parole della grande filosofa francese Simone Weil quando diceva che “l’attenzione è la dimensione più bella fra gli esseri umani”. Sì, perché l’attenzione mi spinge verso l’altro, proteso nell’accoglienza piena: il risultato è che l’altro si sente accolto, amato e considerato.

La parola

Quanto è importante che il nostro parlare sia innanzitutto frutto dell’attenzione e dell’ascolto in modo tale che quanto si dice sia comprensivo del pensiero dell’altro, sia insomma un atto d’amore perché comprende il tempo che ho dedicato nell’ascolto.

Ricordiamoci che la parola nutre, da senso, può fare miracoli se è espressa in maniera rispettosa e autentica.

Inoltre il nostro parlare non deve mai essere volgare o sbrigativo, ma deve dare valore a quanto si dice. A questo proposito è importante, essere semplici, sintetici, chiari e soprattutto veri. Il nostro parlare sia sempre vero e autentico. Tutto ciò fa nascere la stima dell’altro nei nostri confronti e ricordiamoci che la stima è la forma più alta dell’amore.

Quindi, in sintesi, dire e ascoltare rappresentano due cardini basilari di un processo educativo condiviso. Ascoltare e dire sempre, a fronte di attese, speranze, aspirazioni, diventano allora gli elementi fondanti di un’educazione come comprensione/condivisione. È così che l’educazione è sempre un rapporto fra soggetti. Solo da una visione dell’altro, come “altro da sé” e come “importante per me” può nascere un’autentica comunicazione.

Il sostegno

Insieme all’ascolto e alla parola, il sostegno si caratterizza nell’esprimere fiducia con gesti, intenzioni, propositi e con la parola espressa in un certo modo. È importante sostenere sempre, anche quando l’altro ha sbagliato. Il sostegno rappresenta la base della relazione. Infatti, se l’ascolto e la parola sono le ali che fanno volare chiunque e che permettono di avanzare, il sostegno ne è la base, è come l’humus del terreno educativo.

Un’insegnante deve sostenere sempre, sempre, anche quando lo studente non ha studiato o si è comportato male. Infatti l’insegnante può dire «Guarda non hai studiato, ho dovuto darti una valutazione negativa», ma alla fine deve dire:”Sono però sicura che la prossima volta farai meglio!”.

Il sostegno però richiede alcuni presupposti importanti:

  • avere una visione positiva dell’altro;
  • vedere sempre l’altro nell’attimo presente, dimenticando i torti magari appena subiti;
  • credere che tutti possono ricominciare.

 

In conclusione

Se l’insegnante farà attenzione nell’esercitare questi cardini educativi, l’esperienza della pandemia e della sofferenza lentamente rientrerà nella dimensione umana e gli studenti assaporeranno la bellezza dello stare insieme e soprattutto comprenderanno di avere adulti educatori che si interessano di loro.

Perché, come diceva bene don Milani, l’educare è soprattutto il “prendersi cura”.

Allora “I Care”, tutti insieme!

 

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Psicologia

Come posso amare mia madre?

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Mia madre mi ha abbandonato all'età di 9 anni. Una madre che non c'è mai stata per me, non è venuta alla mia comunione né cresima, la vedevo ogni quindici giorni per mezz'ora. E adesso che è rimasta vedova ha bisogno di tutto, perché è anche una persona ignorante, nel senso che non sa leggere né scrivere. In realtà ha bisogno solo di aiuto pratico perché comunque mi tratta male e parla male dei suoi figli (siamo cinque). Adesso che mi sono ammalata di cancro, non è molto interessata alla mia condizione. Io non voglio vederla, di Lei mi irrita tutto, faccio quello che posso, l'aiuto nelle urgenze, ma dipendesse da me non vorrei vederla più. E questo mi fa sentire in colpa. Prego per lei tutti i giorni. Se penso di rincontrarla in Paradiso... mi sento male!! M. Grazia   anziana-sola


Carissima, carissima Maria Grazia, i sentimenti che albergano nel tuo cuore sono quelli di una persona ferita. Sei stata ferita nel momento più delicato della vita: l'infanzia. Tutto questo si è inserito nella tua persona e ti ha accompagnato per tutta la vita, facendoti soffrire. I nomi della sofferenza li ha descritti tu stessa: abbandono, disinteresse, solitudine. Questa stessa sofferenza, d'altro canto, ti porta agli altri sentimenti di fatica, rifiuto, irritazione di fronte al bisogno di cura e di assistenza di tua madre. Ma nella tua lettera sofferta c'è un inciso. Sai, carissima M. Grazia, per noi psicologi gli incisi sono molto importanti, perché testimoniano altre possibilità. L'inciso è questo: “dipendesse da me”. Questo inciso manifesta il cuore che si scioglie, la rabbia che si trasforma... perché è normale e forse umanamente giusto non volerla vedere più. Questo grido poi è coronato dal bisogno di cura e attenzione che la tua malattia necessiterebbe. Ma... ti senti in colpa e ... tutti I giorni preghi per lei. Questo è il segno del cuore che Dio ti fa sciogliere. Questo è il segno che noi esseri umani siamo chiamati ad un amore che è sbilanciato, è rivolto verso il bene anche di chi ci ha fatto del male. Sappi però che per noi umani ciò è impossibile, a meno che un Altro ci illumini e ci dia la forza. È questa la forza che il tuo cuore ti sta dicendo, è una forza che non nega i sentimenti e il desiderio di rifiuto, ma che si innalza nonostante tutto. Sono sicuro che saprai seguire questa forza, nonostante I tentennamenti e le arrabbiature che ancora proverai. Il risultato, vedrai, sarà straordinario, perché l'amore ha origini divine e realizza l'umano, perché in questo modo farai la cosa più bella per Dio, che è quella di amare I nemici. E vedrai che anche Dio si commuoverà.
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Cosa è l’amore?

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Gentile dottor Aceti, mi sono innamorata più volte…e spesso sono rimasta delusa….dopo un po’ tutto torna come prima…. Ho assistito ad una sua conferenza…e mi è piaciuta…mi dica , per favore, cos’è per lei l’amore.. Anna di Viterbo


Carissima Anna, grazie della tua lettera e del desiderio nascosto e profondo che hai nel voler vivere la vita per l’amore… Ma vedi, le strumentalizzazioni dell’amore sono molteplici e variano a seconda dell’umore delle persone. L’amore si confonde spesso con l’attrattiva improvvisa e incessante verso qualcuno o qualcosa che sconvolge e provoca movimenti, palpitazioni, emozioni forti. Questa attrattiva contiene l’energia del momento, lo sguardo intenso della creatura, il coinvolgimento temporale di un incontro. Ma, dopo , spesso , tutto sbiadisce e ritorna in un ricordo stantio, o rimane un’esperienza fugace che lascia sconcerti e attoniti, senza respiro e senza storia. L’amore, talvolta , consiste nel rinnegamento delle proprie luci , nello sforzo costante verso il bene che crediamo, nel sacrificio di sé verso qualcosa di più grande e meritevole. Dopo però, tutto ritorna alla fatica concreta, alla stanchezza del tempo, alla durezza del cuore. Ma allora, allora, cos’è l’amore? Ma… Carissima Anna, è la domanda che è sbagliata! Non si può rispondere perché l’amore non è! Non lo si può descrivere. L’Amore ti avvolge, ti crea, ti porta con sé. Solo lasciandoti fare puoi gustarne gli effetti. Solo abbandonandoti puoi carpirne i segreti. Si, perché l’amore ha il volto dell’Altro che, ritirandosi, ti fa essere e contemporaneamente si commuove nel vedere quanto Tu sei bello. È così, cara Anna, l’amore ti possiede fin nel midollo e …sei tu , generata dall’Amore .. L’amore esige solo una cosa: l’umiltà Perché l’umiltà è l’altra faccia dell’amore. È per questo che il bambino appena nato è l’amore passivo per eccellenza . Nella sua completa dipendenza dall’adulto, suscita i sentimenti più nobili e ci “ costringe “ nella tenerezza dell’amore Cerca all’ora di Amarti e Amare.  
Psicologia

Come avvicinarmi all’handicap?

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Conosco una persona con handicap e vorrei diventare sua amica, anche per aiutarla. Ma non è facile avvicinarmi e ho paura di fare qualcosa di sbagliato e offenderla. Meglio se lascio perdere? Non so bene cosa fare. Anna   La carrozzella di un portatore di handicap


A volte scegliere di andare incontro all’altro, fare il primo passo, è molto difficile, faticoso, inquietante, mentre altre volte è bello, facile, interessante. Tutto ciò dipende dal carattere di ciascuno, dall’educazione ricevuta, dalle sofferenze subite o da molteplici altre variabili. Capita inoltre che quello che a una persona risulta facile, all’altra sembra difficilissimo, in quanto molte sono le difese dell’Io davanti a questi tipi di rapporti che possono risultare anche fonte di ansia e di paura. Spesso poi capita che, nell’andare verso l’altro, si commettano un sacco di sbagli che magari ci scoraggiano e ci convincono dell’inutilità di quanto stiamo facendo. Ma non deve essere così. L’altro ha bisogno di noi come noi dell’altro. Ha bisogno del nostro aiuto e non della nostra perfezione. E se nel porgere aiuto si commettono errori, ciò che conta è ricuperare, chiedere scusa, ricominciare nel dialogo e nell’impegno. In questo modo la relazione d’aiuto non è perfetta, ma umana. Anzi, tutta la pedagogia dell’errore sta lì a dimostrarci come lo sbaglio possa essere fonte di saggezza e di crescita se noi lo sappiamo sfruttare bene, cercando di cogliere gli aspetti che hanno determinato l’errore, per essere maggiormente attenti verso noi stessi e verso gli altri. Lo sbaglio inoltre contribuisce a non farci sentire onnipotenti e, soprattutto, a farci sentire solidali con tutti. L’andare verso l’altro ci permette di cogliere, almeno emotivamente, la sofferenza che l’altro sta vivendo, senza identificarci con essa. Serve prima di tutto una grande capacità di ascolto. Questo richiede la massima attenzione, cercando di far tacere in noi tutti i giudizi e i pregiudizi. E non tanto per una predisposizione naturale, quanto per una scelta e decisione personale. Serve poi una partecipazione attiva, nel presente, alla sofferenza dell’altro. Questo è possibile se sono capace di spogliarmi di quello che sono per fare spazio all’altro, ai suoi bisogni, alle sue richieste, ai suoi sorrisi, ai suoi pianti, alle sue arrabbiature, insomma a tutto quanto l’altro mi esprime, sia di bello che di brutto. Infine, amare permette di scoprire le risorse presenti nell’altro, in quanto chi si sente amato risponde all’amore mediante un impegno con tutte le risorse che ha. Potrà essere uno sguardo, un sorriso, un accenno in caso di handicap grave, o mediante una progressione delle capacità presenti nei casi di disabilità minore, o comunque in qualsiasi altro atteggiamento e impegno costruttivo. Coraggio Anna.
Psicologia

Se mio genero picchia mia figlia…

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Mia figlia si sta separando dal marito e io sono molto preoccupata per le mie nipotine di 3 e 7 anni, che sono sempre irrequiete e nervose, forse perché mio genero ha picchiato mia figlia davanti a loro. Cosa posso fare per aiutarle? Una nonna angosciata   violenza


Carissima Nonna, innanzitutto la ringrazio per la lettera e soprattutto per il sincero e amorevole interessamento nei confronti delle nipotine che, ovviamente, stanno soffrendo per la situazione familiare. Senza entrare nelle motivazioni che stanno spingendo i genitori verso la separazione ( a questo proposito suggerisco sempre, ove sia possibile, prima di arrivare ad una soluzione così travagliata, un percorso di mediazione e counseling per la coppia, in modo da potersi fare aiutare a comprendere le dinamiche relazionali che procurano sofferenza e poter eventualmente trovare qualche soluzione alternativa), cerchiamo di analizzare quanto stanno probabilmente vivendo le nipotine , in modo da poter dare un po’ di aiuto e sollievo. Per le nipotine i genitori sono i giganti ai quali sono affidate e, soprattutto verso la madre, provano una fiducia smisurata nel loro amore. Quando c’è ansia e tensione forte, a causa del loro egocentrismo infantile, del loro modo di ragionare, a volte pensano di essere loro le bambine cattive che fanno litigare i genitori. Altre volte, di fronte alla violenza subita dalla madre, temono di subirla anche loro o di essere abbandonate. Insomma le bambine fanno fatica a comprendere che i genitori vogliono loro bene, anche se litigano. Fanno fatica a discernere la sofferenza e a comprendere le ragioni che stanno dietro. Si instaura così un’ansia, una sofferenza, una paura forte che crea agitazione e tensione fisica e psichica. Segnali come l’insonnia, l’inappetenza, l’enuresi notturna e diurna, l’agitazione spasmodica, l’irrequietezza esagerata, sono tutti campanelli d’allarme che ci dicono che “qualcosa non va”, proprio come lei, carissima nonna, descrive nella lettera. Cosa fare? Certo i grandi devono fare di tutto perché la tensione si allenti e trovi una soluzione, in quanto le bambine non possono rimanere a lungo in questo stato di paura e di sofferenza. Nel frattempo, però, qualche indicazione sul suo ruolo di nonna si può dare. È importante che i bambini possano in qualche modo scaricare questa tensione. È importante che sappiano che loro non c’entrano. È importante che sentano che loro sono comunque brave bambine e che tutto andrà bene. A questo proposito allora la nonna può tollerare maggiormente qualche loro disubbidienza o qualche loro scatto di arrabbiatura o qualche loro comportamento strano, evitando castighi e punizioni. È importante che la nonna sia sempre disponibile all’ascolto, senza mai però chiedere o forzare le bambine a raccontare quello che succede in famiglia. Le bambine devono sentire che la nonna li accoglie, sia che raccontino, sia che non raccontino. Se per caso raccontano qualche situazione spiacevole, la nonna le deve rassicurare dicendo che spera che tutto si risolverà e andrà bene, e soprattutto dicendo che loro non c’entrano e che i grandi a volte litigano per le loro cose. Inoltre la nonna non perderà occasione per gratificarle ogniqualvolta le nipotine fanno qualcosa di positivo e di bello. Insomma la nonna può essere quel porto sicuro, discreto, sempre presente, al quale loro possono rivolgersi e che le accoglie sempre, e che le sostiene sempre. È questo amore semplice e vero che aiuterà le bambine a “farsene una ragione”, a comprendere che loro valgono anche se a volte i grandi litigano e che in loro c’è la capacità di fare bene. E poi, carissima nonna, lasci che le sia vicino con la mia preghiera per lei, per sua figlia, per suo genero e per le sue nipotine… Sono convinto che spesso la preghiera può fare miracoli. Un forte abbraccio aceti
Psicologia

Ho 68 anni. Dovrei preoccuparmi?

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Ho 68 anni e non posso sapere come sarò e mi trasformerò. Penso però che sarà sempre più dura. La mia domanda è “Perché preoccuparsi?”. Ho dato tanto a figli e nipoti (ne ho tre di 14 ,10 e 6 anni), che voglio di più? A loro, figli e nipoti, può bastare eccome!!! Non speravo nemmeno di conoscerli. La mia futura vecchiaia, il mio rimbambimento, vorrei che lo vivessero con distacco e intelligenza... Amore ce ne siamo dato tanto... avrò più bisogno di un geriatra capace e competente che di loro, ma in giro ce ne sono ben pochi. Lilla Merlino   [caption id="attachment_63130" align="alignleft" width="234"]genova anziani genova anziani[/caption]


Innanzitutto è bello, gentilissima Lilla, constatare che la sua vita finora è stata spesa bene, nell’amore verso i figli e i nipoti e questo le darà l’opportunità più grande di “vivere in loro”. Infatti gli studi di psicologia confermano che i genitori vengono interiorizzati dai figli e persisteranno nella loro opera educativa anche quando loro non ci saranno più, perché l’affetto e l’amore sinceri hanno una dimensione che va oltre la percezione fisica e concreta. Veniamo alla sua domanda: perché preoccuparsi? Si è saggi se non andiamo troppo in là con il pensiero, in quanto non saremmo in grado di prevedere quello che ci capiterà;mentre è opportuno occuparci di quanto stiamo vivendo oggi, facendo in modo di viverlo nel migliore dei modi. E quale è il miglior modo se non quello di vivere intensamente, con tutto noi stessi quello che stiamo facendo, come se fosse l’unica cosa che abbiamo da fare? Questo essere continuamente concentrati nel presente risulta benefico per noi e per gli altri. Per noi, in quanto ci esercitiamo a concentrare tutte le nostre attenzioni riempiendo di senso e di amore tutto quanto stiamo facendo; e per gli altri che apprezzeranno il nostro impegno e si sentiranno al centro della nostra attenzione, aumentando così la loro stima nei nostri confronti. È stata la grande filosofa francese Simone Weil (1909-1943) a dire che la realtà più bella fra gli esseri umani è l’attenzione, intendendo con questa la capacità di concentrare nel presente tutto noi stessi. In questo modo, non verremmo presi dal tempo e non ci lasceremo condurre in modo stentato dai momenti che passano, ma saremo noi a determinare il tempo. Quando poi la malattia e l’invecchiamento si faranno sentire in modo più intenso, lasciamo che chi ci vuole bene (figli e nipoti) si occupino di noi. Questo amore passivo permetterà loro di crescere nell’amore attivo. Questa nostra docilità sarà pregnante di amore umile e sincero. Quello che conta è che in qualche modo, con la nostra vota attiva o passiva, facciamo circolare l’amore Un caro saluto Aceti
Psicologia

Cosa succede alla nonna che invecchia?

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Negli ultimi mesi la nonna è molto peggiorata come salute e come umore. Anche i nipoti se ne sono accorti. Cosa ci aspetta? Lucia

nonni    


I nonni sono caratterizzati da una particolare attenzione nei confronti dei nipoti, sostenuta da una capacità di costruire empatia che rende particolarmente felici i piccoli. Tutto questo è reso possibile dal sentimento emotivo dei nonni che, per la prima volta, si sentono a totale disposizione delle piccole generazioni e avvertono un vigore particolare nello stare con loro. Con l’avvicinarsi alla morte, però, in molti nonni si accelera un processo di invecchiamento fisico e psichico. Con l’invecchiamento, l’affettività tende a modificarsi sia quantitativamente che qualitativamente. La disponibilità mostrata verso i nipoti può lentamente trasformarsi proprio a causa del decadimento fisico e neurologico. L’anziano tende a concentrarsi sulla propria condizione personale, sul proprio benessere fisico e sociale, iniziando a disinteressarsi degli altri. Si nota una tendenza a un egocentrismo che assomiglia a quello infantile, portato a concentrarsi sulle proprie preoccupazioni, anche in modo logorroico e incessante, a scapito dell’interesse verso gli altri. Si nota un concentrarsi incessante sui problemi del presente e del passato, tendente ad essere preponderante sui problemi delle altre persone. Per molti, inoltre, in una fase dell’età senile può manifestarsi una rapida diminuzione dell’adattamento alla vita sociale, degli interessi nei riguardi delle altre persone e della capacità di adeguarsi al modo di pensare del prossimo. Spesso, i più anziani tendono a evitare i rapporti umani cercando di nascondere se stessi agli altri, uscendo dagli schemi usuali di vita, evadendo dalla realtà nella fantasia e considerando i valori non essenziali. I nonni cercano ansiosamente un adattamento ambientale, ma si allontanano sempre più dalla possibilità di raggiungerlo, restringendo i loro interessi e le loro ambizioni aumentando la suscettibilità alle influenze esterne. Spesso, nel medesimo periodo, può manifestarsi un brusco abbassamento del tono umorale. Vanno in depressione e in ansia, aumentando l’instabilità e la suscettibilità. Tutte queste variabili possono avvenire lentamente o bruscamente e in molti sono fonte di vera e propria angoscia. A questo proposito è importante il tessuto sociale e familiare che può favorire una vera e propria accettazione nell’anziano della propria condizione psicofisica che cambia.
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