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Giornata mondiale del rifugiato: Bread and roses, l’accoglienza attraverso la cultura di Cies onlus

(AP Photo/Pau de la Calle)

Poco meno di 90 milioni di individui hanno lasciato le proprie case, i propri contesti, e si sono messi in viaggio in fuga da conflitti, disastri, dittature e povertà nel 2021. Circa la metà sono bambini, alcuni dei quali vagano per terre difficili se non ostili, da soli. La maggior parte resta nei contesti di prossimità e va ad ingrossare le fila già numerose degli sfollati in Africa, Asia, America del Sud. Molto pochi, anche per le politiche restrittive e miopi dei governi occidentali, vengono in Europa. Per chi raggiunge in modi rocamboleschi ed estremamente pericolosi il nostro Paese, il CIES Onlus, con la sua quarantennale esperienza nel campo dell’inclusione sociale dei migranti e delle fasce deboli della popolazione,  la lotta alle discriminazioni e le strategie educative di integrazione, propone una via originale di accoglienza nello Spazio Giovani e Scuola d’Arte MaTeMù
“A MaTeMù – spiega Adriano Rossi, direttore – crediamo che  al di là dei  generi di prima necessità, ai migranti forzati vada garantita la possibilità di esercitare la propria cultura, sviluppare le proprie aspirazioni più alte, e pareggiare, così, le opportunità di accesso. Da oltre 12 anni offriamo corsi di musica, teatro e danza gratuiti a migliaia di giovani e giovanissimi e spesso abbiamo osservato che un giovane migrante forzato/rifugiato talvolta non riesce a pensarsi in un corso di sassofono, di chitarra o di teatro. Lavorare sul pareggiare le opportunità di accesso all’arte significa pensare gli spazi, i servizi e l’offerta di un progetto educativo dicendo “questo è per tutti, è per te. È un tuo diritto”. Per noi è la via migliore all’integrazione”.
MaTeMú è lo Spazio Giovani e Scuola d’Arte del Cies. Situato nel cuore del quartiere Esquilino, è aperto nei giorni feriali per tutto l’anno e offre corsi gratuiti di musica, danza, teatro, hip-hop, italiano a ragazze e ragazzi dai 10 ai 25 anni. Negli anni, grazie al contatto con oltre diecimila giovani romani della periferia e del centro, migranti, richiedenti asilo e minori stranieri non accompagnati, è divenuto un polo di riferimento per la città di Roma e si pone come modello di integrazione attraverso un approccio multiculturale e artistico.
“Ho fatto un percorso migratorio molto complicato – dice Soumaila rifugiato ventiquattrenne arrivato da minore nel nostro Paese – e all’inizio è stato molto difficile: dovevo lavorare ma senza permesso di soggiorno non era possibile. Per ottenerlo, però, dovevo dimostrare di avere un impegno stabile, un percorso impossibile quindi. Ero molto stressato, in uno stato di ansia pesante. Rimanevo chiuso nella mia comunità concentrato solo sul mandare soldi a casa. Non ero venuto qui per questo, io avevo sogni e desideri. Il corso di batteria gratuito che mi hanno proposto a MaTeMú mi ha cambiato la vita. Mi ha permesso di non rinunciare a quel lato spirituale, artistico, culturale che c’è in ognuno di noi, non ho dovuto scegliere tra il pane e i miei sogni e questo mi ha aperto la via per sentirmi integrato”.
“Il CIES i- conclude Etta Melandri, presidente – da sempre lavora per rendere il tempo del rifugiato una seconda opportunità e cercando di valorizzare le sue competenze. Proprio pochi giorni fa abbiamo ricevuto il premio dell’UNHCR “
Welcome. Working for refugee integration”per essere un’entità del terzo settore che promuove l’inclusione dei rifugiati anche attraverso il lavoro. Per il rifugiato è fondamentale inserirsi nella nuova realtà che lo ospita ma anche poter usare il tempo dell’esilio per fare tesoro di nuove esperienze formative e lavorative che potrà un giorno, se vorrà e potrà, mettere a frutto nella propria terra. Oggi con i rifugiati ucraini , questo doppio obiettivo è la sfida più grande. Le attività formative e l’esposizione alla bellezza dell’arte sono indubbiamente due potenti strumenti per far fronte alla sfida dell’integrazione”.

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