Zaide di Mozart, aspettando il Don Giovanni

Nel mese di ottobre il Teatro dell’Opera di Roma ha messo in scena Zaide, opera incompiuta di Mozart

Riuscirà il romano Teatro dell’Opera ad aprire a dicembre la nuova stagione con il capolavoro mozartiano? Speriamo.

Intanto, il mese scorso coraggiosamente è andata in scena Zaide, opera “turca” di Mozart (1779-1780), mai rappresentata in vita perché incompiuta dopo quindici brani e un finale nell’atto secondo “aperto”, perché sospeso.

La storia è la solita sull’Oriente raffinato e crudele: Gomartz ama Zaide e vogliono fuggire da Solimano insieme al guardiano Allazim. Scoperti, sono condannati a morte ma poi, illuministicamente, verranno liberati, come succederà nel futuro Ratto dal serraglio.

Nel 1981 il regista Graham Vick affidò ad Italo Calvino la riscrittura del testo e così è stato rappresentato a Roma con la lettura di un grande attore come Remo Girone. Onestamente, il testo si rivela altra cosa dallo spirito mozartiano – appare troppo letterario –  e la regia di Vick, tra gabbie metalliche, lascia comunque liberi i cantanti di eseguire la musica bellissima, anticipatrice delle opere maggiori di Mozart.

I quindici brani musicali, diretti con finezza e limpidezza di suono da Daniele Gatti, sono stupendi, più seri che comici, in verità. Si tratta di una partitura luminosa, moderna nei giochi cromatici orchestrali, nella chiarezza dei cori e nelle arie ispirate e varie.

Penso al terzetto del primo atto tra Zaide, Gomartz e Allazim sprizzante e lucente, all’aria di Zaide “Riposa sereno” molto italiana, dolcemente accompagnata da flauto e fagotto con soluzioni ardite e inusuali, a quella di furore di Gomatz “Infuria destino”, una tempesta canora che non ha nulla da invidiare a certe soluzioni del futuro Don Giovanni.

Gli interpreti – Juan Francisco Gatell, Markus Werba, la Zaide di Chen Ress –   hanno dato il loro meglio che è stato poi evidenziato, come si diceva, dalla direzione “cameristica” di Gatti. Egli ha saputo e potuto trarre dall’orchestra il suono trasparente e dolce di Mozart: una gioia, una finezza aristocratica, quanto mai consolante in questo periodo. Mozart fa sempre bene.

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