Vita religiosa e movimenti ecclesiali

L'autore, scomparso il 19 giugno 2006, è stato per molti anni una delle firme di maggior prestigio di "Unità e Carismi".
Jesús Castellano Cervera

Uno dei doni dello Spirito al nostro tempo è certamente la fioritura dei movimenti ecclesiali, che sin dall’inizio del mio Pontificato continuo a indicare come motivo di speranza per la Chiesa e per gli uomini”. Con queste parole pronunciate il giorno di Pentecoste Giovanni Paolo II sottolinea nuovamente la sua speranza nella grande corrente carismatica che oggi percorre la Chiesa e che trova, proprio nei movimenti ecclesiali, una delle espressioni più feconde. Essi, aveva scritto precedentemente, “sono da considerarsi certamente uno dei frutti più belli del vasto e profondo rinnovamento spirituale promosso dall’ultimo Concilio”.

 

Questo ricco fenomeno ecclesiale, che si qualifica fondamentalmente come laicale, ma che coinvolge ormai tutte le vocazioni della Chiesa, non poteva non entrare in rapporto con le altre grandi tradizioni carismatiche che hanno costantemente rivitalizzato la Chiesa: gli istituti religiosi.

Sul tema del rapporto tra movimenti e vita religiosa si nota una sempre maggiore convergenza di orientamenti. Da un confronto problematico, a volte polemico, si è gradualmente passati ad una più serena valutazione della ricchezza di rapporti che si è chiamati ad instaurare tra queste differenti manifestazioni dello Spirito.

 

Ne è testimonianza la sostanziale positiva intonazione con la quale la recente Esortazione apostolica postsinodale, Vita consecrata, accenna al tema: “In questi anni, non poche persone consacrate sono entrate in qualcuno dei movimenti ecclesiali sviluppatisi nel nostro tempo. Da tali esperienze gli interessati traggono in genere beneficio, specialmente sul piano del rinnovamento spirituale”.

 

Il documento non manca tuttavia di richiamare la necessità che “l’adesione ai movimenti ecclesiali avvenga nel rispetto del carisma e della disciplina del proprio Istituto, col consenso dei Superiori e delle Superiore e nella piena disponibilità ad accoglierne le decisioni” (n. 56).

Questi brevi accenni dell’Esortazione apostolica ci offrono l’occasione per una breve riflessione, dal punto di vista teologico e pratico, sulla partecipazione dei religiosi alla spiritualità ed alle attività dei movimenti ccclesiali.

 

Una ecclesiologia di comunione, un rapporto dl fraternità

 

Il rapporto fra vita religiosa e movimenti deve esser visto alla luce della ecclesiologia di comunione, così presente nella Christifideles laici e in Vita consecrata ogni qualvolta si parla del rapporto fra le diverse e complementari vocazioni nella Chiesa e in modo speciale fra i laici e i religiosi.

 

La prospettiva di Christifideles laici ha rappresentato una autentica novità. Esso sottolineava a diverse riprese la circolarità o pericóresi delle diverse vocazioni nella Chiesa, la loro intima reciprocità, la loro vicendevole dipendenza. Così ad esempio si afferma: “Nella Chiesa-comunione gli stati di vita sono tra loro così collegati da essere ordinati l’uno all’altro. Certamente comune, anzi unico è il loro significato profondo: quello di essere modalità secondo cui vivere l’eguale dignità cristiana e l’universale vocazione alla santità nella perfezione dell’amore. Sono modalità insieme diverse e complementari, sicché ciascuna di esse ha una sua originale e inconfondibile fisionomia e nello stesso tempo ciascuna di esse si pone in relazione alle altre e al loro servizio” (cf. CfL 55).

Vita consecrata, a sua volta, richiama i “rapporti reciproci” che intercorrono tra le varie forme di vita, “al servizio l’una dell’altra, per la crescita del Corpo di Cristo nella storia e per la sua missione nel mondo” (n. 31).

 

Una più intensa comunione per una più efficace missione

 

Il segreto di questa reciproca e dinamica diversità e complementarietà bisogna ricercarlo nel duplice movimento che nella Chiesa, come nella Trinità, si traduce nella comunione e nella missione: “Tutti gli stati di vita, sia nel loro insieme, sia ciascuno di essi in rapporto agli altri sono al servizio della crescita della Chiesa, sono modalità diverse che si unificano profondamente nel mistero di comunione della Chiesa e che si coordinano dinamicamente nella sua unica missione” (cf. CfL 55). Comunione quindi per la missione: ma comunione dinamica. In maniera specifica, per la nuova evangelizzazione nel contesto del momento attuale della Chiesa.

 

Questa reciprocità aiuta tutti i membri del popolo di Dio a raggiungere pure la perfezione della propria vocazione e della corrispondente missione. E quanto afferma un altro passo della Esortazione postsinodale Christifideles laici: Nella formazione che i fedeli laici ricevono nella diocesi e nella parrocchia in particolare al senso della comunione e della missione, di speciale importanza è l’aiuto che i diversi membri della Chiesa reciprocamente si danno: è un aiuto che insieme rivela e attua il mistero della Chiesa madre ed educatrice. I sacerdoti e i religiosi devono aiutare i fedeli laici nella loro formazione… A loro volta, gli stessi fedeli laici possono e devono aiutare i sacerdoti e i religiosi nel loro cammino spirituale e pastorale(CfL 61); tema ripreso da Vita consecrata (cf. n. 54).

 

Le parole sottolineate sono importanti. La comunione e la reciprocità nella Chiesa non sono mai a senso unico. Per questo anche dai laici e dai movimenti si può e si deve attendere un aiuto per i sacerdoti e per i religiosi, sia per progredire nel cammino della vita spirituale, sia per un rinnovato slancio pastorale.

Questi semplici cenni sembrano sufficienti per capire in quale contesto ecclesiologico dobbiamo porre la questione dei rapporti fra vita religiosa e movimenti. Infatti, fuori di questo contesto di comunione reciproca e di dinamico stimolo, per raggiungere la perfezione della propria vocazione e per collaborare insieme nell’unica missione della Chiesa, “essendo una cosa sola affinché il mondo creda” (cf. Gv 17, 21-23), sarà difficile evitare le posizioni di tipo pregiudiziale o soggettivo.

 

Ora, è evidente che quanto si dice nel contesto della ecclesiologia di comunione a proposito dei laici e dei religiosi, vale, spesso in modo speciale, per il rapporto fra religiosi e movimenti ecclesiali. Questi infatti rappresentano nella Chiesa di oggi una esperienza ricca, carismatica, comunitaria, con forte densità spirituale e prospettive apostoliche; in quanto carismi dello Spirito per la Chiesa di oggi, sono particolarmente rispondenti ai bisogni della Chiesa e della società e spesso coinvolgono con la loro forza rinnovatrice tutte le componenti vive del Popolo di Dio.

 

Un mutuo rapporto di rinnovamento spirituale

 

Se in altri tempi, come documenta la storia, sono stati i religiosi a creare, nutrire spiritualmente e dirigere forme aggregative di laici, oggi può succedere che siano i movimenti ecclesiali, con forte maggioranza di laici, con la loro forza carismatica e la loro aderenza ai bisogni della Chiesa attuale a coinvolgere i religiosi e anche ad aiutarli “nel loro cammino spirituale e pastorale”.

 

Nessuno deve gridare allo scandalo se si afferma quindi che anche dai movimenti laicali nella Chiesa possono venire alla vita religiosa motivi e stimoli di orientamento nel campo spirituale e pastorale. Lo Spirito Santo, che agisce in seno alla Chiesa con sovrana libertà all’interno della comunione reciproca, può provocare una salutare tensione di rinnovamento spirituale e pastorale che, in questo momento specifico della Chiesa, più aperto verso la nuova evangelizzazione e verso la presenza del Regno di Dio nel mondo, può venire alla vita religiosa da parte dei movimenti ecclesiali.

 

In realtà, questa visione della reciprocità delle vocazioni nella Chiesa, che costituisce l’orizzonte teologico nel quale dobbiamo collocare la questione dei rapporti fra vita religiosa e movimenti, è iscritta in una pagina luminosa della Costituzione sulla Chiesa: “In virtù di questa cattolicità, le singole parti portano i propri doni alle altre parti e a tutta la Chiesa, di maniera che il tutto e le singole parti si accrescono con l’apporto di tutte, che sono in comunione le une con le altre, e coi loro sforzi si orientano verso la pienezza dell’unità. Ne consegue che il Popolo di Dio, non solo si raccoglie da diversi popoli, ma in se stesso si sviluppa mediante l’unione di vari ordini. Infatti fra i suoi membri c’è una diversità sia per gli incarichi, quando alcuni sono impegnati nel sacro ministero per il bene dei loro fratelli, sia per le condizioni e l’organizzazione della vita, quando molti, nello stato religioso, tendendo alla santità per una via più stretta, sono di stimolo ai fratelli, con il loro esempio” (LG 13).

 

In questo nuovo clima di comunione ecclesiale i religiosi e i laici, lungi dall’ignorarsi vicendevolmente o dall’organizzarsi soltanto in vista di attività comuni, o dal rapportarsi solo attraverso una certa subordinazione nella quale i laici sarebbero solo dipendenti dai religiosi, possono ritrovare il giusto rapporto di comunione e una rinnovata esperienza di fraternità evangelica e di vicendevole emulazione carismatica.

 

Vita religiosa e movimenti: bilancio e discernimento

 

Tutti questi principi non sono affermazioni di verità teoriche, ma in parte documentano una esperienza di comunione e di fraternità che negli ultimi decenni si è sviluppata nei rapporti fra religiosi e laici nei movimenti. La comunione, infatti, è anche una storia di rapporti, di incontri, di esperienze. Una storia che ha bisogno di discernimento e di orientamento qualora possano sorgere problemi o si possano insinuare tendenze che appiattiscono la comunione, mettono in dubbio la genuinità delle diverse vocazioni o bloccano la crescita verso una missione più autentica ed universale.

 

Non è facile offrire in sintesi le cause e le tendenze del rinnovato rapporto fra vita religiosa e movimenti negli ultimi decenni e la problematica che ne è scaturita. Ma possiamo offrire almeno una descrizione sommaria di tre momenti successivi di questa recente storia.

Si può affermare che un certo rapporto fra religiosi e movimenti ecclesiali è stato vissuto fin dal sorgere stesso dei diversi movimenti ecclesiali, prima ancora del Vaticano II, con una certa serenità entro le possibilità che offriva la stessa disciplina della vita consacrata, spesso guardando piuttosto al servizio che i religiosi potevano dare ai movimenti laicali che al possibile rinnovamento che da essi poteva scaturire nell’ambito spirituale ed apostolico.

 

Il periodo che segue il Vaticano Il si è caratterizzato, da una parte, dall’emergenza e dal protagonismo più spiccato dei movimenti, sia per il loro slancio spirituale, sia per una maggiore apertura e aderenza nel campo della testimonianza comunitaria, dell’apostolato, dell’inserimento nel mondo attuale.

 

In questo contesto i movimenti ecclesiali hanno attirato fortemente membri degli Istituti di vita consacrata in un momento nel quale in molte comunità c’era una certa crisi di identità vocazionale ed apostolica. Una maggiore apertura nei contatti fra religiosi e laici ha favorito una partecipazione più intensa e ricca; il desiderio di alcuni superiori che religiosi e religiose potessero trovare nei movimenti risposte adeguate ad alcune particolari situazioni di crisi vocazionale, per la concreta testimonianza spirituale dei laici, ha creato un clima più aperto di contatti con i movimenti e con le loro attività, specialmente nel campo della spiritualità.

 

Non è una esagerazione affermare che molti religiosi c religiose hanno ritrovato in contatto con i movimenti il fervore della propria vocazione, il rinnovamento della propria vita e del proprio apostolato. E una solenne confessionc fatta da alcuni Superiori Generali nella Assemblea del Sinodo sui Laici del 1987.

Ma questa visione, che risponde molto parzialmente alla ben più vasta esperienza di comunione e di collaborazione a livello ecclesiale, ha potuto creare una certa immagine dei movimenti e dei religiosi che vi hanno aderito. Sarebbero piuttosto religiosi in crisi quelli che si sono rivolti ai movimenti; e questi, cessata una certa situazione di crisi nella vita religiosa, andrebbero ringraziati, sì, per quanto hanno fatto, ma avrebbero cessato di avere un significato specifico nei confronti della vita consacrata. Sarebbe il momento, come da qualche parte si dice, che i religiosi tornino alla loro casa.

 

Negli ultimi anni, con un certo rifiorire vocazionale negli Istituti e una maggiore ritrovata sicurezza nella identità della propria vocazione, qua e là il contatto dei religiosi e delle religiose con i movimenti e la partecipazione alle loro attività è diventato più problematico. A taluni il contatto dei religiosi con le aggregazioni laicali è sembrato una ricerca fuori posto della identità della propria vita religiosa, la scelta di un’altra comunità, come se quella propria non fosse sufficiente, la ricerca di un’altra spiritualità, come se la propria Regola ed il proprio carisma dell’Istituto non fossero adeguati.

 

Si è aggiunta poi negli ultimi anni un’altra, sottile problematica, alla quale fa allusione il documento Potissimurii institutioni della Congregazione per gli Istituti di Vita consacrata e le Società di vita apostolica. Ci riferiamo al problema della formazione dei religiosi e delle religiose che provengono dai movimenti.

Si tratta, in poche parole, di questo: oggi molte vocazioni alla vita religiosa nascono nel fertile terreno dei movimenti ecclesiali, dove i giovani e le giovani conoscono Cristo, imparano ad amare la Chiesa, si aprono alla chiamata a seguire il Signore e servirlo nei fratelli.

 

Entrando nella vita religiosa non possono dimenticare quelle realtà ecclesiali e quei valori di spiritualità nei quali hanno incontrato il Cristo e hanno ascoltato la sua voce, quel pezzo di Chiesa viva che per loro è stato provvidenziale per la crescita nella fede.

In questi casi sarebbe fuorviante volere che la formazione alla vita consacrata segua le linee specifiche della spiritualità dei movimenti da dove provengono le vocazioni, come se non ci fosse una identità per la formazione alla vita consacrata nel carisma specifico dell’Istituto al quale si aderisce. Sarebbe pure erroneo voler continuare ad avere una certa dipendenza dai responsabili dei movimenti nei quali queste vocazioni sono sbocciate, con una interferenza nella formazione specifica alla vita religiosa (cf. Potissirnurn institutioni, 93).

 

Si tratta ovviamente di tendenze che vanno contro le stesse leggi della Chiesa, che affidano la formazione dei candidati alla vita consacrata ai rispettivi responsabili degli Istituti. Tuttavia, i formatori e le formatrici non possono e non devono ignorare queste realtà spirituali alle quali fanno riferimento le nuove vocazioni, per poter dare risposte adeguate alle esigenze di forte spiritualità, di senso comunitario e di spiccata ecclesialità che spesso le nuove generazioni hanno attinto nell’ambito dei movimenti.

 

Potrebbe, infatti, darsi il caso che questi giovani non trovino una certa continuità nella loro formazione alla vita consacrata, qualora non vi sia stato un genuino rinnovamento spirituale, comunitario, ecclesiale negli stessi Istituti religiosi, con la penosa impressione di non aver fatto un passo in avanti di maturazione e di crescita con la nuova scelta vocazionale, ma piuttosto un certo passo indietro.

 

Come si vede, quindi, la problematica attuale è un po’ complessa e riguarda sia la formazione delle vocazioni che vengono dai movimenti sia la partecipazione dei religiosi nei movimenti stessi.

Alla questione della formazione ha già fornito sufficienti ed equilibrati orientamenti il documento Potissimum institutioni, ai quali è doveroso rimandare.

Ci limitiamo a offrire qui alcuni indirizzi e criteri sulla partecipazione dei religiosi nell’ambito dei movimenti.

 

Alcuni criteri fondamentali per una giusta ed equilibrata comunione

 

Per poter offrire risposte adeguate a questa problematica di oggi, sembra opportuno rifarsi di nuovo a quel grande principio della comunione ecclesiale e della reciprocità delle vocazioni in vista della missione, per poter uscire da certi vicoli ciechi e da anguste prospettive che potrebbero nuocere alla vita religiosa e impoverire la stessa realtà dei movimenti ecclesiali.

È vero che la vita religiosa si impoverisce, a livello personale e comunitario, quando perde la sua propria identità seguendo in maniera acritica la spiritualità di un movimento, i suoi metodi educativi, le sue espressioni di testimonianza e di apostolato, diffidando della forza carismatica della propria vocazione e dei suoi vari carismi.

 

È infatti dottrina della Chiesa che ogni carisma ha in se stesso una forza di genuino rinnovamento, che è grazia dello Spirito Santo, in dinamica comunione con la Chiesa che cresce verso la sua pienezza. Ma la stessa vita consacrata rischia di impoverirsi, quando non si apre alla comunione con i laici, quando si chiude a prospettive spirituali, metodologie formative, espressioni rinnovate di apostolato che potrebbero integrare nel proprio patrimonio, ascoltando ciò che lo Spirito dice alla Chiesa oggi, magari mediante un carisma nuovo suscitato dallo Spirito del Signore per rinnovare alcuni aspetti o dinamismi della sua Chiesa.

 

In questa prospettiva si può notare che vi sono due modi erronei di impostare il rapporto fra vita religiosa e movimenti.

Il primo è costituito da una specie di rifiuto di ogni rapporto di comunione e di partecipazione alla vita dei movimenti ecclesiali da parte dei religiosi, con la scusa di mantenere viva la propria identità. Ora è chiaro che nella Chiesa, come è stato detto, ogni vocazione trova la sua identità specifica nel rapporto di comunione, di complementarietà, di reciprocità. Ogni vocazione ecclesiale è capacità di comunione e di reciproco arricchimento, non di rifiuto o di chiusura.

 

E poiché la comunione si estende quanto si estende il piano di Dio e la missione della Chiesa, apartire dalla propria identità vocazionale, ogni membro del Popolo di Dio è reso capace dallo Spirito Santo di entrare in comunione con tutte le realtà e carismi della Chiesa, ovviamente nella misura delle reali possibilità.

Ognuno quindi in virtù della sua chiamata all’unità in Cristo è abilitato a vivere a partire dalla propria vocazione un’apertura universale su tutto il piano della salvezza. Teresa di Lisieux ce lo insegna nella sua ansia di vivere tutte le vocazioni ecclesiali a partire dalla sua vocazione contemplativa per essere, nel cuore della Chiesa, l’amore che tutto vivifica.

 

A partire dalla propria identità e conservando l’unità di vita, cioè in quanto è possibile e compatibile con la propria vita, nella doverosa obbedienza alle proprie leggi e ai propri superiori, un religioso vive un rapporto di comunione ecclesiale quando nell’ambito di un movimento vive la comune vocazione insieme ad altri membri del popolo di Dio, riceve da loro il proprio dono ed offre pure la sua testimonianza specifica ed il suo contributo apostolico.

Conservando quindi la propria identità vocazionale ogni religioso si apre alla comunione e si orienta verso la missione universale della Chiesa. In questo senso gli appartengono tutte le cose di Dio e della Chiesa, da portare nel cuore con la sua preghiera e con la sua azione apostolica. Anzi, come dice la Gaudium et spes al n. 1, nulla di quanto è umano può essere estraneo al cuore del discepolo di Cristo.

 

L’altra posizione errata da parte dei religiosi che partecipano alla vita e alle attività dei movimenti sarebbe quella di una identificazione tale con la spiritualità, la vita e le attività di un movimento ecclesiale, da creare una separazione affettiva ed effettiva dal proprio Istituto, sottraendosi alla disciplina religiosa e all’obbedienza ai legittimi superiori.

 

Alcuni orientamenti fondamentali

 

Possiamo affermare che in un doveroso discernimento sulla effettiva capacità che la vita religiosa ha di salvaguardare il suo giusto rapporto con i movimenti ecclesiali, possono essere illuminanti alcuni orientamenti fondamentali.

 

1. In virtù della propria vocazione, che è vocazione alla comunione e alla missione della Chiesa, ogni religioso è abilitato e sollecitato ad avere un giusto rapporto di comunione ecclesiale con tutte le altre componenti e vocazioni del popolo di Dio e per tanto con i movimenti ecclesiali.

 

2. Il religioso che partecipa della spiritualità, della vita e delle attività dei movimenti ecclesiali deve essere perfettamente identificato con la propria vocazione, la propria famiglia religiosa, la comunità concreta alla quale appartiene, nella giusta sottomissione alla disciplina e alla dipendenza dai propri superiori.

 

3. Questa dinamica unità di vita, cioè la capacità di vivere la propria vocazione in una armoniosa e concreta apertura ecclesiale, in una più ampia visione evangelica e spirituale, sarà la migliore garanzia di autenticità nella partecipazione alla vita dei movimenti.

 

4. La capacità di testimoniare all’interno della propria comunità i benefici ricevuti in contatto con un movimento ecclesiale e la correlativa capacità di offrire all’interno del movimento il dono della propria vocazione e spiritualità, nella doverosa reciprocità dei carismi ecclesiali, sarà un segno evidente di maturità e di unità di vita.

Questi quattro criteri di discernimento, appena abbozzati, mettono in luce quale dovrebbe pure essere da parte dei movimenti il giusto atteggiamento verso la vita consacrata. Si può affermare che saranno più autentici dal punto di vista ecclesiale in confronto con la vita religiosa quei movimenti che meglio garantiscono per i religiosi la identità della propria consacrazione e del proprio carisma, la vera educazione alla comunione e all’unità con la propria Famiglia religiosa e i propri superiori, l’apertura della loro vocazione e della missione verso la universalità del disegno di Dio in Cristo.

 

Queste semplici prospettive possono essere un punto di riferimento per chiarire e orientare i religiosi e i movimenti in un tema, la cui centralità si raccomanda da se stessa per favorire la comunione e la missione di tutte le vocazioni e di tutti i carismi nella Chiesa, in vista della nuova, urgente evangelizzazione, alla quale siamo tutti convocati in un rinnovato spirito di unità, affinché il mondo creda.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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