Violenza senza fine

L’Onu rinnova per un anno il mandato della Missione per la stabilizzazione del Congo (Monusco). I dubbi sono tanti...

Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha votato all’unanimità il 31 marzo una riduzione dei militari e dei poliziotti della forza di mantenimento della pace (Monusco) nella Repubblica democratica del Congo. Gli effettivi di questa forza, una delle più vecchie e costose (ogni anno costa 1,2 miliardi di dollari), passeranno da una capacità teorica di 19.815 membri a 16.215.  La Monusco è costituita oggi da agenti di 23 Stati.

Ma la presenza in Congo non trova tutti d’accordo. In effetti le autorità congolesi vorrebbero un ritiro globale della forza Onu. Per Léonard She Okitundu, capo della diplomazia congolese, in circa due decenni di presenza, la Monusco «non è stata capace, con i mezzi a disposizione, di mettere fine a una situazione di crisi che dura ormai da molti anni».

Ma i diplomatici occidentali ricordano che è proprio grazie ai Caschi blu che il Paese sarebbe più o meno stabile. Ieri ancora la Monusco, attraverso la sua brigata di pronto intervento, ha aiutato l’esercito congolese a mettere fine alla ribellione del Movimento del 23 marzo 2013 (M23). Ed è sempre la Monusco che continua oggi ad appoggiare le operazioni militari contro i diversi gruppi armati nazionali o stranieri che agiscono sul territorio congolese.

Per il segretario generale dell’Onu «il principale obiettivo strategico della missione per i 12-18 mesi prossimi sarà di aiutare a creare un clima propizio per arrivare a elezioni politiche pacifiche e regolari, inclusive e credibili». Il consiglio di sicurezza ha voluto altresì ricentrare il mandato della missione nella protezione dei civili e la messa in atto dell’accordo politico raggiunto il 31 dicembre scorso.

La situazione in Rdc è comunque drammatica. Le diverse fazioni si combattono, mentre la Monusco non riesce a rimanere veramente imparziale. Corruzioni e intrighi sono all’ordine del giorno nella forza Onu che ha perso gran parte della sua credibilità. È di queste ore, giusto per fare un esempio, l’aggressione subita dalla comunità cristiana di Luebo, nella regione di Kasaî. Quattro morti con teste mozzate e sventramenti. Su internet circolano foto drammatiche al riguardo.

 

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