Il viaggio in Ucraina di Ivano Milani e l’accoglienza della comunità di Pinerolo

Dopo un volo atterrato a Budapest e 5 ore di viaggio in macchina, Ivano Milani ha raggiunto l’Ucraina, portando con sé due borse di 40 chili. Contenevano beni che sono stati distribuiti a chi ne aveva bisogno, così racconta con la moglie Laura
Ivano Milani

Duecento metri che rappresentano la salvezza, quelli tra il confine ungherese e ucraino, non esclusi però dalla sofferenza che sta nella separazione di tutti quegli uomini che accompagnano i familiari in macchina, poi costretti a tornare indietro, non sapendo quando si incontreranno di nuovo. Ivano Milani e le persone che lo hanno accompagnato hanno assistito impotenti davanti a questa processione, decidendo di prestare soccorso nelle loro possibilità.

Ivano Milani

La comunità di Pinerolo faceva degli incontri legati al Sinodo, quando è scoppiata la guerra. Si è poi compattata per raccogliere dei beni di prima necessità e inviarli a Mukachevo, cittadina ucraina di 80 mila abitanti, a una cinquantina di chilometri dal confine con l’Ungheria. Delle focolarine di Kiev rifugiatesi lì avevano infatti chiesto un sostegno. Ivano racconta di aver sentito le sirene e aver visto sacchi di sabbia di fronte agli edifici, però quella zona non è ancora soggetta a bombardamenti.

La comunità, oltre ai beni, ha devoluto quasi 5 mila euro. Parte del denaro è stato usato anche per comprare dei medicinali in loco, per fortuna infatti a Mukachevo le farmacie sono ancora aperte, anche se magari poco fornite. Ivano Milani e gli altri focolarini hanno incontrato lì una ragazza fuggita dalla guerra senza la madre, che è rimasta a combattere. Lei e altri tre ragazzi saranno accolti a Montet, cittadella del Movimento dei Focolari in Svizzera.

Nel frattempo è arrivato un altro aggancio di una mamma con la figlia e la nonna. Camminando a piedi da un paese vicino Mariupol e mangiando quello che riuscivano, sono arrivate a Leopoli, poi da lì hanno raggiunto l’Italia, dove la comunità di Pinerolo si sta impegnando per assicurare loro tutto il necessario.

In programma un altro viaggio per portare aiuti. Si sta organizzando anche una cena, per raccogliere fondi e creare condivisione. Molti profughi non parlano italiano, quindi confrontarsi con persone della stessa nazionalità, che vivono la loro situazione, può essere un dono. «È bello che certe belle notizie possano circolare, anche per invogliare altre comunità locali», Ivano conclude così il racconto, con un messaggio di speranza.

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