Verso una Commissione europea più politica

Il futuro presidente Jean-Claude Juncker l’aveva detto e l’ha ripetuto anche prima del voto del Parlamento europeo che ha approvato l’insieme del collegio dei nuovi commissari europei il 22 ottobre: i commissari sono uomini e donne politiche a tutti gli effetti, e non alti funzionari
Jean-Claude Juncker presenta la sua nuova Commissione europea

C’è un’aria di cambiamento legata alla nomina della nuova Commissione europea. Jean-Claude Jucker considera questa istituzione, che presiederà partire al 1° novembre, come un organo eminentemente politico, responsabile delle scelte che l’Unione europea dovrà fare nei prossimi cinque anni per rispondere ai problemi dei suoi cittadini. Il nuovo presidente ha manifestato un’attenzione al sociale e alle esigenze concrete delle persone che contrasta con l’esperienza recente, in cui la Commissione era spesso vista come la camera di mediazione tra gli interessi dei paesi membri dell’Ue.

Il profilo più politico della Commissione deriva innanzitutto dal modo in cui lo stesso Juncker è stato nominato: il Parlamento europeo ha in pratica costretto i capi di Stato e di governo a designare presidente della Commissione il capofila del partito che è risultato vincitore alle elezioni europee di maggio. In tal modo, ha dato maggiore legittimità alla nuova Commissione, rendendo più visibile il legame tra quest’ultima e i cittadini europei. Il Parlamento ha inoltre chiesto e ottenuto, come condizione per dare il via libera alla nuova Commissione, che un certo equilibrio di genere fosse garantito, cioè che almeno nove commissari su 28 fossero donne, il numero del collegio 2009-2014.

La pressione politica da parte del Parlamento è continuata durante le audizioni dei commissari designati, portando tra l’altro al ritiro della candidatura della slovena Alenka Bratušek, ritenuta incompetente e poco etica, essendosi autoproposta come commissaria quando era prima ministra ad interim. Juncker ha accolto inoltre una serie di richieste del Parlamento: ha ritirato all’ungherese Tibor Navracsics, che aveva un curriculum poco rassicurante in termini di libertà di stampa e di indipendenza del potere giudiziario come ministro del governo Orbán, il portafoglio della cittadinanza; ha elevato il rango dello sviluppo sostenibile, affidandolo al primo vicepresidente, l’olandese Frans Timmermans; e fatto marcia indietro sui prodotti farmaceutici, che “non sono merci come le altre” e resteranno nella direzione generale della salute, invece di passare, come Juncker aveva auspicato, al mercato interno.

Juncker ha inoltre già preso, ancor prima della presa di funzioni della Commissione, una serie di decisioni puramente politiche.

Tra le altre, il fatto di non tener conto delle critiche e dei problemi di credibilità che potrebbero sorgere per aver affidato determinati portafogli ai commissari degli Stati membri che hanno precisamente i maggiori problemi in questi settori (la migrazione al greco, quando proprio la Grecia ha eretto una barriera al confine con la Turchia; la politica regionale alla romena, paese che storicamente non riesce a spendere i soldi che riceve dall’Ue; gli affari finanziari al francese Moscovici, che era ministro delle finanze quando la Francia non riusciva a rispettare le regole di bilancio dell’Ue), o per aver ignorato i conflitti di interesse evidenziati nel corso delle audizioni parlamentari (i legami del britannico Hill, responsabile dei servizi finanziari, con la City di Londra e gli interessi della famiglia dello spagnolo Arias Cañete, incaricato dell’energia, con l’industria petrolifera).

Rigorosamente politica è pure la decisione di rivedere ed, eventualmente, ritirare tutte le proposte legislative della Commissione Barroso non ancora approvate dal Parlamento e dal Consiglio, in base al principio di “discontinuità politica”, una pratica comune in alcuni paesi membri secondo cui le proposte legislative non adottate al termine della legislatura decadono, ma che era finora sconosciuta a livello europeo.

Juncker ha inoltre deciso di organizzare la sua Commissione in squadre di commissari, sotto la responsabilità di uno dei sette vicepresidenti, tra cui Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Lo scopo è far lavorare la Commissione come un “corpo politico e collegiale”, e non solo come la somma delle sue direzioni generali, che a volte hanno la tendenza a erigere barriere insormontabili tra di loro. Questo modo di lavorare dovrebbe, nelle intenzioni del presidente, aumentare la coerenza dell’azione della Commissione in settori che ritiene prioritari, come il superamento della crisi economica, l’azione per il clima e il programma “legiferare meglio” (proposte legislative più mirate e che non rappresentino un fardello per gli operatori, soprattutto economici, dell’Ue).

Le prime iniziative che la nuova Commissione presenterà includono un piano di investimenti da 300 miliardi di euro – che il vicepresidente Katainen, ex primo ministro finlandese, è incaricato di reperire – per la creazione di posti di lavoro, la priorità numero uno per un’Europa che vuole trovare la via d’uscita dalla crisi che l’affligge da sei anni, la realizzazione del mercato unico digitale – un settore che ha enorme potenziale in termini di creazione di occupazione e la concretizzazione dell’unione energetica, per rafforzare la posizione dell’Ue e la sua capacità di parlare con una sola voce nei confronti dei suoi fornitori di energia, prima fra tutti la Russia.

La Commissione Juncker parte con un’enorme apertura di credito da parte delle altre istituzioni Ue, in primo luogo il Parlamento che le ha garantito l’appoggio quasi unanime dei tre principali gruppi politici (popolari, socialisti e liberali), nonché aspettative a misura dei problemi che l’Unione deve affrontare: dalla crisi alle sue porte in Ucraina alle minacce dello Stato Islamico e del virus ebola. Ha un presidente con un’esperienza politica pluridecennale e diversi politici di punta, tra cui quattro ex capi di governo, oltre un corpo di funzionari di prim’ordine. Se Juncker riuscirà a vincere la scommessa di far lavorare tutti, dai politici agli impiegati, come un gruppo coeso, superando gli steccati di appartenenza e la mentalità dei compartimenti stagni tra dipartimenti, la Commissione potrà mobilizzare l’enorme potenziale di intelligenza collettiva che detiene, e l’integrazione europea potrebbe davvero prendere di nuovo il volo.

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