Verso le vette dello spirito

Dal 21 giugno scorso anche la Val d'Aosta ha un sentiero intitolato a Pier Giorgio Frassati. Un itinerario escursionistico e di fede tra panorami mozzafiato.

E siamo a quota quindici: con l’inaugurazione in Val d’Ayas del sentiero Frassati, l’iniziativa “Per incontrare Dio nel creato” lanciata dal Club Alpino Italiano nel 1996 ha regalato anche alla Val d’Aosta un sentiero dedicato al giovane piemontese.

Un’intitolazione capitata per caso, come ha raccontato Luciano Bonino del Servizio Sentieristico della Regione: la proposta è partita da un giovane genovese fin troppo insistente, che Bonino aveva accompagnato in montagna per caso. È così venuto a sapere che proprio in Val d’Ayas, dove un suo amico aveva da poco ultimato – altro caso – uno stupendo sentiero ad anello, c’è ancora la casa dove la famiglia Frassati usava passare le vacanze. Troppi casi perché la cosa venisse lasciata cadere. E così domenica 21 giugno, con la celebrazione presieduta dal Vescovo di Aosta mons. Giuseppe Anfossi, il sentiero è stato ufficialmente intitolato al giovane torinese che tanto amava quelle vette.

                                                                                                                                 

Il percorso inizia a Saint-Jacques, dove parte una comoda mulattiera che porta a Fiéry (1875 m): lì sorge l’ex albergo Bellevue, frequentato dai Frassati. Prosegue poi in direzione Cime Bianche fino all’Alpe di Vardaz (2334) per scendere verso il pianoro di Ceres e quindi Pian di Véraz. Da qui un sentiero in mezza costa conduce a Résy, dove una terrazza naturale offre un panorama da incanto – oltre a un ristoro ai rifugi Ferraro e Guide Frachey. Si riprende poi la discesa verso Saint Jacques, durante la quale si incontra la targa commemorativa dedicata a Frassati.

 

Ma perché dedicare un sentiero proprio a Frassati? Non soltanto perché, come ha ricordato il presidente nazionale di AC Franco Miano, è stato «un giovane capace di grandi atti d’amore», il cui amore per la montagna «corrispondeva alla passione per le vette dello spirito». Né solo perché, per dirla con Bonino, «Pier Giorgio tracciava sentieri di vita per chi vuol vivere e non vivacchiare». Ma anche per la “cultura della montagna” che il suo esempio promuove, come ha sottolineato mons. Anfossi nella sua omelia: da un lato l’invito a contemplare le vette nella preghiera e nella lode a Dio, dall’altro nella consapevolezza che «in montagna si cammina». In un mondo in cui si vorrebbe rendere tutto semplice, camminare insegna «il rispetto per la montagna nella sua durezza: non dobbiamo abbassare le vette per arrivare in cima senza fatica». Una montagna dunque che educa alle fatiche della vita, che Frassati non ha mai voluto evitare: nato in una famiglia agiata, la sua scelta preferenziale per i poveri fino al dono totale di sé – probabilmente contrasse la malattia che gli fu fatale in una delle sue visite a loro – si sposa perfettamente con l’amore per le cime. La fatica di raggiungere la vetta svanisce di fronte alla soddisfazione e all’incanto dell’arrivo, immensamente superiori: così come l’amore che torna è sempre moltiplicato rispetto a quello che si dà.

 

Moltiplicazione che, nel caso di Frassati – beatificato da Giovanni Paolo II nel 1990 – si esprime anche in questo proliferare di sentieri che lo ricordano. Sentieri per camminare e per riflettere, per ammirare e per lodare: perché la montagna sia, secondo l’insegnamento lasciato da Pier Giorgio e riportato nella targa commemorativa, «palestra che allena, scuola che educa e tempio che eleva».

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