Verso la restituzione delle opere d’arte trafugate

La Francia ha deciso di restituire i capolavori sottratti in epoca coloniale, dopo la pubblicazione di un rapporto di Bénédicte Savoy e Felwine Sarr sul patrimonio africano commissionato da Macron

 

Potrebbe essere un gigantesco terremoto nel mondo della cultura. L’Africa sarà finalmente premiata con la restituzione dei suoi tesori artistici sottratti in modo non lecito dalla Francia coloniale e anche più in là. Il 23 novembre, in effetti, due accademici francese e senegalese, Bénédicte Savoy e Felwine Sarr, hanno consegnato un loro rapporto al presidente francese Emmanuel Macron. Sostengono che «quasi tutto il patrimonio artistico dei Paesi africani situati a Sud del Sahara è conservato al di fuori del continente africano». Il documento fornisce un inventario accurato delle decine di migliaia di oggetti che i coloni riportarono dall’Africa tra il 1885 e il 1960. Questa lista riporta oggetti trafugati, rubati, frutto di bottini di guerra, ma anche molti acquisiti a prezzi stracciati, senza alcun rapporto con i prezzi di mercato da mercanti, soldati, missionari, viaggiatori… «Almeno 90 mila oggetti artistici dall’Africa sub-sahariana sono finiti nelle collezioni pubbliche francesi», secondo questo rapporto. Il Musée du Quai Branly di Parigi è il più preoccupato, visto che detiene ben 70 mila di queste opere, due terzi “acquisite” durante il periodo 1885-1960. I Paesi più interessati dalla sottrazione sono il Ciad (9.200 opere), il Camerun (7.800) e il Madagascar (7.500).

Per lo storico e scienziato politico camerunense Achille Mbembe, «la restituzione delle opere è un’opportunità per la Francia di riparare e reinventare i suoi rapporti con l’Africa». Ma, come previsto, questo possibile atto di giustizia non ha per nulla entusiasmato la classe politica francese. Il ministro della Cultura, Franck Riester, è rimasto nel vago sul modo di procedere alla restituzione. Offre «prestiti, depositi a lungo termine, mostre e scambi». Un argomento che va nella direzione delle posizioni difensive dall’Accademia di Belle Arti e dal museo del Quai Branly, ma che contrasta la posizione degli autori della relazione che suggeriscono in particolare di modificare il Codice del patrimonio e consentire il ritorno di oggetti africani nel quadro di «accordi di cooperazione culturale» tra «lo Stato francese e singoli Stati africani». Achille Mbembe ritiene che «è tempo di chiudere una sequenza storica perché il continente, in piena ebollizione culturale e intellettuale, è diventato uno dei centri gravitazionali del mondo».

Emmanuel Macron avanza deciso, restituendo «senza indugio» 26 opere richieste dalle autorità del Benin, che l’esercito francese sottrasse nella guerra del 1892. Inoltre, si propone anche di «incontrare a Parigi nel corso del primo trimestre 2019» tutti i partner africani ed europei «per definire il quadro di una politica di scambio» di opere d’arte. Ma è chiaro che i legami che uniscono il continente africano all’Occidente sono così intrecciati che non siamo vicini a decisioni così rapide.

 

 

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