Vent’anni dopo il crollo del muro

Muro Berlino

Sono passati vent’anni dal 1989. A suo tempo, “Nuova Umanità” dedicò un intero fascicolo, il numero doppio 69-70 (maggio-agosto 1990) agli avvenimenti di quell’anno fatidico. Lo riproponiamo senza alcuna modifica ai lettori di oggi, come occasione per immergersi nel clima di allora, negli entusiasmi e nelle speranze, ma anche nei dubbi e nelle preoccupazioni, nei timori per il futuro che quegli avvenimenti suscitavano.

A distanza di vent’anni possiamo oggi sperimentare quanto sia difficile trasmettere, ai giovani che allora non c’erano, ciò che significò il crollo dei regimi dell’Est per tutti coloro che lo avevano lungamente atteso. Per me fu un’esperienza straordinaria: andai una prima volta in Cecoslovacchia, Unione Sovietica e Germania Est dal novembre 1989 al gennaio 1990, inviato da Città Nuova Editrice per iniziativa di Pasquale Foresi e Giuseppe Maria Zanghì. E fu, per me, un “ritorno”: non perché ci fossi stato prima, ma perché lo vissi come l’incontro con i fratelli che avevo sempre avuto e atteso. Mettere piede a Praga, a Mosca o a Berlino, era un ritorno ai luoghi che avevano fatto parte della formazione della mia generazione, descritti nelle opere della grande tradizione letteraria come nei racconti, ascoltati da bambino, di chi era stato in guerra.

Scrissi l’editoriale e i “diari di viaggio” tra il dicembre 1989 e il gennaio 1990; le interviste, raccolte nello stesso periodo, furono riviste dagli intervistati nei mesi di febbraio e marzo 1990. Desidero ringraziare tutti gli amici che allora mi aiutarono e misero a disposizione le loro conoscenze e capacità, le loro esperienze, a cominciare dalla comunità del Movimento dei Focolari di Praga, che mi accolse, allora, durante un incontro che risultava – ufficialmente –  come una riunione del sindacato dei pescatori.  

Un ritorno a casa, dunque, alla casa-Europa che nel 1989 si mostrava, finalmente, aperta nelle sue dimensioni reali: ferita, sfregiata, ma viva. Vale la pena di ricordarsene oggi, quando l’idea d’Europa appare più debole, in tempi in cui perfino nelle campagne elettorali per il parlamento europeo si parla solo di problemi nazionali. Facciamo in modo ciò che, ieri, è stato costruito dai giganti, non venga oggi distrutto dalla nostra piccolezza.

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