Venezia 79: Primi passi della Mostra

Emergono le grandi attrici come Catherine Deneuve e Cate Blanchett. Storie di inquietudini e di potere.
Catherine Deneuve durante la 79a edizione del Festival del Cinema di Venezia, Italia, mercoledì 31 agosto 2022. Foto: Vianney Le Caer/Invision/AP

Catherine Deneuve, 78 anni, con i segni leggeri di un ictus passato, è sempre “divina”. Una grande signora del cinema che riceve, emozionata ma non troppo – non sarebbe lei, sempre così “distante” – il Leone d’oro alla carriera. Continua a girare film, ha una vita piena e non vive di nostalgie, anche se ha un passato ricco di soddisfazioni, ha lavorato con grandi registi come Bunuel, Truffaut, Monicelli, Ferreri, Bolognini, ha conosciuto amori italiani come quello con Mastroianni. Ma la diva che sembra altera, in verità è viva, ama la vita fino all’ultimo istante.

Cate Blanchett, australiana, donna soddisfatta nel privato con marito e figli (e soldi) è una star mondiale ed è la protagonista di una storia di potere e di dolore nel film Tàr del regista Todd Filed che l’ha scritto appositamente per lei. Il ruolo è quello di una dea della musica classica, una direttrice d’orchestra giunta al massimo del successo, con una vita sentimentale attiva con la compagna violinista, incisioni, viaggi. Ora sta provando la Quinta Sinfonia di Mahler. Ma le accuse di molestie sessuali, di ingiustizie perpetrate dal suo “potere” vengono alla luce e la travolgono quando lei vorrebbe lasciar perdere i legami. Sui social e poi di fronte alla legge la direttrice ambiziosa e determinata viene messa in crisi dall’intreccio di verità e falsità, e la carriera è rovinata. Memorabile l’interpretazione della Blanchett in un film lunghissimo e un po’ debole verso la fine. Ma che si riscatta per l’attrice che non è solo una grande interprete, ma una di quelle donne come la Deneuve che sono “una presenza” e direbbero un film anche se non spiccicassero una parola.

Cate Blanchett durante la 79a edizione della Mostra del Cinema di Venezia, venerdì 2 settembre 2022. Foto: Vianney Le Caer/Invision/AP

E, a proposito di donne, è risultato interessante nella sezione delle Giornate degli autori il film cinese Muro di pietra, diretto dai coniugi Huang Ji e Ryuji Otsuka. Storia di una coppia, una ragazza ventenne che studia per diventare assistente di volo e del suo fidanzato: lei rimane incinta, lui la spinge all’aborto per la carriera. In una Cina dove l’aborto è diffusissimo, la ragazza finge di accettare, ma poi tiene il bambino e lo affida ad una coppia senza figli per crescerlo.

Si tratta di un film di denuncia sulla condizione attuale di molte giovani donne cinesi che per i soldi sono disposte a tutto, ed è frutto dell’esperienza degli stessi registi che conoscono da vicino parecchie storie simili a quella raccontata. Il film è molto scarno e dice con chiarezza il cumulo di contraddizioni nell’immenso Paese, dove le nostalgie rivoluzionarie convivono con pianificazioni familiari nazionali che in effetti tolgono la libertà.

Fra gli altri film in mostra, abbiamo il lungo e forse retorico Bardo di Inarritu, storia – in parte autobiografica – di un giornalista messicano di successo che vive negli Usa, ritorna in patria e deve fare i conti con il passato. Ricco di citazioni (Fellini, Cavani) fin troppo, diretto bene non ha suscitato consensi unanimi. Forse pecca di narcisismo? Qualche altro dubbio è affiorato su White NoiseRumore bianco di Noah Baumbach sul professore universitario di studi hitleriani (Adrian Driver, ricercatissimo dal pubblico) che vuole essere satira ma anche thriller. Oggi in campo c’è il nostro Guadagnino. Vedremo.

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