Undicesimo comandamento: accogliere tutti

Le parole di Francesco sui migranti in occasione della giornata mondiale del migrante e del rifugiato
ANSA/CLAUDIO PERI

Torna a parlare dei migranti, papa Francesco, in occasione della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato che si terrà il prossimo 21 gennaio 2018.

Le sue parole sono ancora una volta forti e chiare, lontane da qualsiasi vaghezza o ideologia, come quelle espresse in occasione della sua prima visita pastorale l’8 luglio 2013 a Lampedusa. Il papa indica quattro verbi che dovrebbero orientare l’atteggiamento verso i migranti: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Nessun uomo politico, oggi, parla con parole così dirette, concrete e per questo fortemente civili.

Sapremo essere all’altezza di queste parole facendo nostro questo impegno radicale? Il papa si aspetta da noi cristiani più coraggio di quello sino ad ora dimostrato.

Le sue parole non hanno nulla di astratto. Ciascuna coincide con un’azione collettiva precisa.

 Accogliere, favorendo a migranti e rifugiati «possibilità più ampie di ingresso sicuro e legale nei Paesi di destinazione», implementando per esempio i corridoi umanitari. Qui il Papa ha sicuramente in mente i terribili viaggi che uomini, donne e un numero sempre crescente di minori, al seguito delle famiglie o completamente soli, compiono per cercare di raggiungere il nostro Paese via mare.

Proteggere è il secondo passo da compiere, «evitando le espulsioni collettive ed arbitrarie», favorendo invece i programmi di accoglienza diffusa, che favoriscono «una migliore qualità dei servizi e offrono maggiori garanzie di successo». Il papa sembra aver ben in mente, qui, la situazione di alcuni centri di accoglienza sul nostro territorio nazionale, che concentrando numeri eccessivi di persone in un unico luogo rischiano di avere effetti negativi per i migranti stessi e per la popolazione.

Promuovere. Non basta infatti accogliere e proteggere, ma occorre adoperarsi per permettere ai migranti di realizzarsi come persone, «in tutte le dimensioni che compongono l’umanità voluta dal Creatore», quella umana, personale, lavorativa, e anche religiosa. In particolare il papa sottolinea la necessità di garantire ai migranti «libertà di movimento, possibilità di lavorare e accesso ai mezzi di telecomunicazione». Questi ultimi sono uno strumento fondamentale per permettere ai nuovi arrivati di mantenere legami famigliari e accedere alle reti dei servizi nel paese ospitante.

Integrare, è lo scopo ultimo di questo percorso. Il papa specifica che integrare non significa “assimilare”, chiedendo all’altro di perdere la propria identità e origine. Anzi, in un’ottica di reciprocità lo scopo ultimo del percorso di accoglienza dovrebbe portare nuovi e vecchi cittadini a incontrarsi e scoprire gli uni il “segreto degli altri”, favorendo uno scambio e una crescita reciproca.

Uno sguardo particolare Francesco lo rivolge ai minori, nati a seguito della migrazione dei genitori. Le sue parole si rivolgono al mondo intero e non solo al nostro Paese, ma è impossibile oggi non leggerle anche alla luce della legge sullo “ius soli”, arenata ormai da mesi nel nostro Parlamento. «Nel rispetto del diritto universale ad una nazionalità, questa va riconosciuta e opportunamente certificata a tutti i bambini e le bambine al momento della nascita», afferma con forza Francesco citando la Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo.

 

 

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