Una spirale nefasta

La lotta tra e contro i narcotrafficanti fa registrare in Messico un crescente numero di vittime. Il racconto diretto del nostro corrispondente.
cartelli droga messico

Il Messico si trova avvolto in una spirale di violenza inaudita che non accenna a diminuire. Dal 2005 al 2009 le uccisioni a causa della lotta contro e fra i cartelli della droga sono passate da 1573 a 7724, mentre in questi sette mesi del 2010 sono poco meno di 7000. Le vittime sono prevalentemente membri delle cosche, poliziotti e soldati, ma anche parecchi civili, giornalisti e politici.

 

Il Messico condivide con gli Stati Uniti una frontiera di 3118 km, in gran parte desertica, attraverso la quale si snodano traffici illegali di tutti i tipi: tra questi le sostanze stupefacenti, di cui gli Usa sono il più grande mercato al mondo. È risaputo che la droga arriva prevalentemente dalla Colombia e dal Centroamerica, mentre il Messico ospita i cartelli (carteles) che la commercializzano. Il governo Obama sta insistendo sulla prevenzione e riabilitazione sociale al fine di ridurre il consumo, mentre quello del Messico ha deciso, dal dicembre 2009, di alzare il livello della lotta ai cartelli mobilitando l’esercito, sotto una pioggia di critiche che lo accusano di innescare una spirale di violenza ancora maggiore.

 

Le origini di questo fenomeno sono da ricercare nelle condizioni storiche che hanno fatto del Messico un Paese che, nonostante i notevoli valori umani, non è riuscito a liberarsi dal cancro della corruzione politica e dalla pessima distribuzione delle ricchezze. Infatti il 60 per cento degli oltre i 100 milioni di abitanti sono poveri, mentre un altro 15 per cento vive nell’indigenza (povertà estrema). Le più colpite sono le comunità indigene contadine, che soffrono per la mancanza di politiche agrarie che equilibrino le condizioni asimmetriche dei mercati. La disoccupazione è al 6 per cento, ma il 40 per cento degli occupati è impiegato nel lavoro informale o nero, mentre i salari dei dipendenti sono scandalosamente bassi rispetto a quelli delle fasce dirigenziali. Negli ultimi due anni sei milioni di persone sono passate dalla povertà all’indigenza.

 

Anche il sistema educativo lascia a desiderare sia per la qualità, sia perché non copre efficacemente la totalità del territorio, per cui tanti giovani abbandonano precocemente la scuola. Non avendo quindi l’opportunità di lavoro dignitoso, diventano facile preda delle cosche.

 

Ma ci sono anche altri fattori che favoriscono il prosperare della criminalità. Alla rissosità dei dirigenti politici, che stentano a raggiungere accordi su temi di fondamentale importanza per privilegiare il tornaconto di parte, si aggiungono la corruzione che serpeggia nei diversi livelli dell’amministrazione pubblica, una macchina giudiziaria inefficiente che lascia impuniti la maggior parte dei reati, e un sistema carcerario che sforna persone ancor più inclini commettere delitti per l’assenza di programmi di reinserimento sociale.

 

In alcuni Stati del Nord i cartelli hanno corrotto governi e polizia, esercitando così un dominio incontrastato. Inoltre investono grandi somme in opere di utilità pubblica, come scuole o infrastrutture, generando un senso di ammirazione che si impone nell’immaginario collettivo. In questi luoghi il trafficante è stimato, considerato come un benefattore e un modello di realizzazione per i giovani, di successo economico e di prestigio sociale.

I proventi del traffico di droga sono altissimi, per cui i cartelli hanno potuto crescere in capacità operativa e dominio di interi territori, sopratutto nelle regioni del Nord vicine agli Usa. Hanno inoltre diversificato le attività monopolizzando il crimine in tutte le sue versioni: sequestri, corruzione, attentati, furti, tratta di persone, fino a disputarsi ferocemente le zone per un controllo esclusivo. In questo quadro il traffico di armi dagli Usa rappresenta uno dei fattori di potere nelle loro mani. Inoltre negli ultimi anni, per la cattura di alcuni boss o per le lotte intestine, si sono moltiplicati scontri feroci fra bande, aumentando il numero di vittime. Negli ultimi due anni le reazioni alla pressione dello Stato hanno generato una controffensiva che sembra rivolta direttamente alla società con attentati indiscriminati, per intimidire e seminare paura. È così che si sono consumate stragi durante feste di giovani come nella città di Torreón, i cui abitanti vivono in un costante incubo.

 

Resta molto da fare, sia da parte del governo che dell’intera società, per spingere verso politiche efficaci, programmi sociali trasparenti, e risanamento delle grandi aree contaminate dai cartelli tramite l’integrazione sociale, oltre alla lotta decisa che adoperi più che le armi le forze investigative, con il controllo dei circuiti di riciclaggio del denaro sporco.

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