Una sera a New York con Pizzarotti

Il sindaco di Parma ha partecipato alla ‘Settimana della cucina italiana nel mondo’ ma non ha lasciato a casa la politica. Ci ha raccontato del suo rapporto con i 5 Stelle e con Casaleggio, del suo no al referendum e della lista civica con cui si ricandiderà nel 2017
Federico Pizzarotti

ll primo sindaco a 5 stelle d’Italia, Federico Pizzarotti, è a New York per rappresentare la storia e la tradizione gastronomica della sua città, Parma, nella Settimana della cucina italiana nel mondo. Prosciutti, pasta, parmigiano, risotti sono prodotti legati ad un territorio unico a cui l’Unesco ha dato il riconoscimento di città della gastronomia e di città creativa del 2015. Parma però è anche la prima comunità dove il Movimento 5 Stelle ha iniziato la sua esperienza di governo della cosa pubblica.

 

Lei è il primo sindaco grillino che ha aperto una strada ad altri suoi colleghi, come Virginia Raggi a Roma e Chiara Appendino a Torino. Poi però è stato espulso dal suo stesso Movimento. Cosa non ha funzionato?

“Ho aperto la strada è vero, solo che poi io ho preso un’altra strada. Pensando all’esperienza amministrativa mi viene da fare un parallelismo con la vita di famiglia, dove al primo figlio si contesta qualsiasi cosa faccia, ma al secondo va diversamente perché il primo gli ha già fatto la strada e quello che fa il secondo va quasi sempre bene. Così è stato nei miei confronti. Si sono fatte tante critiche senza correggere il tiro e ora stanno facendo tutti le stesse cose, senza generare sconcerto. Per esempio. Io ripetevo che sarò il sindaco di tutti e non rappresenterò solo la mia parte. Tutti hanno  contestato queste affermazioni e ora le elette di questo turno l’hanno ripetuto e in tanti hanno apprezzato dicendo: ‘Che bel gesto!’. A me invece solo una gragnuola di critiche”.

 

Nessun riconoscimento quindi per questa sperimentazione sul campo?

“Se devo vantarmi di una medaglia è che io dico sempre quello che penso e in certi casi è scomodo e non è appropriato. Nello stesso tempo questo mio modo di essere meno yesmen di altri non è piaciuto e quindi l’ho pagata,  nel contesto in cui opera il Movimento, ma non mi sono fermato dal dire quello che penso e dentro mi rimane una grande libertà”.

 

Cosa il Movimento avrebbe dovuto imparare dalla sua esperienza e cosa non ha imparato?

“Avrebbe dovuto imparare la differenza tra l’essere all’opposizione e l’essere al governo: è un approccio molto diverso. Questo non sembra l’abbia imparato. Dall’altra parte dopo la mia esperienza rischiavano un effetto a catena con altre persone al governo che non potevano continuare ad operare come quando facevano opposizione soprattutto nelle città grandi. Il risultato è che sono diventati più moderati e morbidi di fronte ad atteggiamenti molto peggiori dei miei. Nel tempo ci diremo chi aveva ragione”.

 

Ha avuto almeno dalla sua i suoi cittadini, visto che il Movimento l’ha silurata?

“Io ho avuto il sostegno di tanta gente e del Meetup di Parma un gruppo che non mi ha mai lasciato solo perché abbiamo condiviso un percorso umano prima ancora che politico. Abbiamo deciso fino in fondo di  prenderci una responsabilità, condividerla pronti anche alle critiche che non sono state di poco conto. Non è stato facile”.

 

Cosa salverebbe dell’operato del Movimento di quest’ultimo anno e cosa getterebbe a mare?

“Una delle cose veramente importanti, realizzata anche dal Movimento, è stata la legge sugli eco-reati, una norma che l’Italia aspettava da tanti anni e da cui non si riusciva a cavarne fuori nulla. Da buttare è quell’essere sempre contro, a tutti i costi e non cercare altri risultati o altre connessioni. Non si giocano gli assi giusti, non si intessono relazioni perché sei sempre all’opposizione, mentre per avere risultati significativi devi invariabilmente trovare un accordo, che non vuol dire sporcarsi e giocare al ribasso, ma significa dialogare e questa è una cosa che il Movimento non riesce a fare. Si vive da immunizzati: questo è davvero un peccato”.

 

Parliamo del purismo grillino e delle epurazioni. Non le sembra eccessiva questa costante ricerca di macchie? Quale è la sua opinione? Ha l’impressione che si è più concentrati nell’individuare colpevoli e colpe che in una reale azione di governo?

“Talvolta è vero. Siamo più preoccupati a dimostrare che siamo bravi piuttosto che a progettare un futuro o un governo. Il purismo nel Movimento non è reale, basta guardare allo scandalo delle firme false . Noi a Parma non avremmo mai fatto una cosa del genere, eppure siamo stati criticati per molto meno e adesso, in quel caso, si osserva un giustificazionismo sconcertante. ‘E va beh! – qualcuno esclama – hanno ricopiato solo delle firme. Vediamo se sospenderle’. Io dico tra me che c’è sempre uno più puro che ti epura e alla fine se si continua con questo purismo, quando ti capita qualcosa di impuro devi diventare un falso pur di giustificarti e giustificare situazioni ingiustificabili”.

 

La morte di Casaleggio, il fondatore e il capo carismatico dei 5 Stelle cosa ha significato per lei e per il movimento. Qualcuno parla già di un dopo Casaleggio?

“È evidente che il dopo Casaleggio è proprio un altro movimento che non ha la stessa forza e la stessa visione. Si può essere pro o contro Gianroberto, ma in lui c’era una visione, magari poco condivisibile, come per me, ma era determinata, trasparente mentre ora si deve arrivare, nel percorso di approvazione della base, sempre al 51% a tutti i costi, poco importa del percorso che si sta compiendo. Questa modalità sigla la perdita inevitabile di un’occasione di rinnovamento”.

 

Qualcuno negli Usa ha messo nello stesso calderone del populismo Trump, Berlusconi e Grillo. Un’esagerazione, secondo lei?

“Secondo me sì perché sono due storie e due modi di gestire la cosa pubblica totalmente diversi al di là delle formazione di Grillo e del Movimento in sé. I 5 stelle sono un movimento senza soldi, partito dal basso, mentre Trump ha impiegato tanti soldi per raggiungere un risultato. Lui non aveva una base, non aveva attivisti, non aveva un partito dietro e ha fatto tutto da solo e ha fagocitato tutti. Il parallelo lo vedo più con Berlusconi che aveva creato una rete di supporter plastica, forgiando le persone e usando tanti soldi: la storia è molto più simile. Ora però stiamo a guardare come andrà il tema Trump e che tipo di evoluzione dobbiamo aspettarci”.

 

Non ha fatto mistero che al Referendum voterà no. Per quale ragione?

“ Il mio ‘no’ non è un voto contro Renzi o contro il governo. Non è un motivo politico che mi spinge a questa scelta, ma va guardata fino in fondo la proposta di riforma. Una riforma che non toglie il Senato e lo modifica prendendo i consiglieri regionali, che in genere non sono rappresentativi di niente, come eletti che rappresenteranno un territorio. Tra le motivazioni a favore del sì, c’è l’ottimismo di spendere meno ma è una cifra ridicola quella che si risparmia: 50milioni all’anno è meno di un euro a persona. Se vuoi davvero risparmiare elimina l’intero Senato, i dipendenti, la struttura e allora sì che guadagnerai un miliardo di euro. Non si può avere un reale risparmio con questa riforma o con la proposta di riprendere l’articolo 70, che va solo a complicare e non semplificare la burocrazia. A mio parere la prima legge da fare, non era un plebiscito sul governo o sul bicameralismo, ma bisognava riformare la giustizia, prima di tutte le altre riforme e poi modificare la legge elettorale. Il mio no serve a dare un segnale e non tanto a dire che si tratta di un tema contro Renzi o a suo favore. Ha fatto l’errore di personalizzare la campagna come un voto per il suo operato o contro: è un errore fare questo. Comunque capiremo il 5 di dicembre come andrà a finire”.

 

Il prossimo anno ci saranno le elezioni amministrative e lei si ricandiderà con una lista. Dovrà inventarsi un altro simbolo rispetto ai 5 Stelle?

“Il simbolo è il minore dei mali, ma abbiamo già trovato il nome: “Effetto Parma”. Lo abbiamo copiato dal Pd che in un emendamento alla legge elettorale ci ha citato dicendo che andava evitato il ballottaggio perché si potrebbe verificare un “effetto Parma”. Ci è sembrato che sulla città e sulla politica, il nostro sia stato un effetto positivo e quindi abbiamo il nome della lista”.

 

Se dovesse fare un bilancio dell’ultimo anno da sindaco, cosa direbbe?

“Positivo certamente, ma dopo tre anni difficilissimi in cui abbiamo pagato i debiti, concluso le grandi opere eredità del passato e sistemato il Comune. Ora raccogliamo i risultati, che non abbiamo avuto prima per il disastroso bilancio comunale che abbiamo trovato. Essere sindaco è un’esperienza umana faticosa dal punto di vista amministrativo e personale. Mi ha fatto crescere tanto e sono diventato un esperto nel giudicare le persone e le loro intenzioni positive o polemiche: un apprendimento fondamentale per la gestione di una comunità”.

 

Lei prima accennava all’importanza del dialogo. Cosa vuole dire il dialogo per lei?

“Il dialogo è fondamentale, poi magari non con tutti e a tutti i costi però provarci assolutamente sì, vanno costruite relazioni prima di ogni cosa”.

"Questo articolo è stato originariamente pubblicato su La Voce di New York"

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