Una piccola regola nel “casinò finanziario”

Forse è in vista l’adozione della micro-tassazione sulle transazioni finanziarie, grazie alla pressione dei governi francese e tedesco e la risoluzione favorevole del Parlamento europeo. In Italia una proposta di legge partecipata.
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Restare ostaggio dei poteri forti che controllano i mercati finanziari oppure compiere una coraggiosa scelta di civiltà che sia espressione delle sue ancora salde radici umanistiche e cristiane? È questa l’alternativa che si pone per l’Europa davanti all’adozione della tassazione sulle transazioni finanziarie secondo l’economista Luigino Bruni, che è, con Stefano Zamagni e Leonardo Becchetti, tra i primi firmatari di un appello sottoscritto da 130 studiosi e docenti universitari italiani. Oltre mille le adesioni degli economisti a livello mondiale – tra cui alcuni Premi Nobel – mentre il Parlamento europeo, con larga e trasversale maggioranza, si è già espresso a favore della tassazione sulle transazioni finanziarie con una risoluzione dell’ 8 marzo 2011.

 

Il dibattito e le polemiche sono cresciute con il vertice franco-tedesco di agosto, dove è maturata in via definitiva la decisione di proporre una tassa sulle transazioni finanziarie in sede europea. Sarkozy e la Merkel, ambedue espressioni di governi di centro-destra, si fanno così promotori di un provvedimento storicamente sostenuto da settori di sinistra. In Francia una certa diffusione ha avuto il movimento Attac, nato per far crescere la consapevolezza sui poteri finanziari del “turbo capitalismo” da poter inceppare con della sabbia da mettere negli ingranaggi, secondo l’immagine usata dal premio Nobel per l’economista James Tobin che ipotizzò la micro-tassa nel 1972, limitandola tuttavia al solo mercato delle valute. Lo studioso statunitense, in diverse interviste, si manifestò contrario alla declinazione della proposta da parte di soggetti di coloritura “no global”, ma la sua tesi dovette riscontrare una decisa opposizione da parte di molti colleghi che temevano la fuga di capitali. Solo ultimamente, come riporta l’appello dei 130 economisti italiani, è stato il Fondo monetario internazionale a rivelare i risultati di uno studio che ha evidenziato l’esistenza di tasse tipo Tobin in vigore in tredici Paesi senza provocare fuga degli investitori. Londra, ad esempio, impone una Duty stamp tax dello 0,5 per cento sulle transazioni finanziarie che avvengono nella City. La campagna internazionale dei movimenti sociali chiede molto di meno, lo 0,05 per cento, metà della proposta franco tedesca dello 0,10 per cento.

 

Non si tratterebbe perciò di scoraggiare i normali investimenti, ma di colpire i grandi speculatori che compiono operazioni di compravendita in pochi secondi. Insomma, il tentativo di iniziare a mettere qualche paletto nel grande “casinò finanziario” che è all’origine della crisi planetaria che si trascina dal 2007. Non capire che «chiedere il 5 per 10.000 ad una persona che ha risorse da investire sui mercati finanziari può generare risorse importanti per salvare vite umane e finanziare beni pubblici globali» è questione di semplice mancanza di sensibilità, secondo Becchetti. Perché la funzione di questo micro prelievo non è solo quella di colpire la speculazione finanziaria, ma di attuare una redistribuzione della ricchezza, diventando, come arriva a dire Bruni, uno «strumento di solidarietà e fraternità sociale che dice con i fatti che un popolo è anche una comunità con un bene comune da garantire e salvaguardare». I calcoli sul gettito annuale variano dai 200 miliardi di euro nella sola Europa ai 650 miliardi su scala mondiale. Anche la sola adozione a livello europeo indicherebbe il segnale di un’inversione di tendenza, necessaria secondo Becchetti, verso la «restituzione di risorse dagli intermediari finanziari ai bilanci pubblici», mentre Bruni ne intravede il vantaggio non solo per la società civile ma per i mercati stessi, «che hanno bisogno di democrazia e di regole per durare nel tempo».

 

La questione sarà dibattuta e affrontata nella riunione del G20 in programma a Cannes nel novembre 2011. Sembra che il momento sia maturo per una decisione condivisa: a giugno anche il parlamento brasiliano ha approvato una risoluzione favorevole a grande maggioranza. Ma se l’appello degli economisti cosiddetti “pro Tobin” afferma che «di fronte ai problemi del pianeta le esitazioni e i dubbi sull’entrata in vigore della tassa hanno dell’incredibile», si preannuncia una forte opposizione da parte di settori diffusi della finanza che accusano i promotori della nuova Tobin Tax di far leva su un’opinione pubblica «disinformata, emotiva, massivamente ignorante»: come ad esempio afferma Leonardo Baggiani, uno degli studiosi del sempre più affermato Istituto Bruno Leoni.

 

Sembra tuttavia che il meccanismo delle enormi transazioni finanziarie, come la formazione dei paradisi fiscali, sia materia del tutto sconosciuta per gran parte della cittadinanza, che non ne avverte il disvalore ed è abituata ad attendere le decisioni da sedi superiori, come appunto il G20. Non è argomento su cui si riscontri una grande mobilitazione di partiti e movimenti di massa, neanche della società civile. In controtendenza il tentativo della campagna ZeroZeroCinque, che sta elaborando il primo tentativo di “wiki-legge” della storia: una proposta di legge nazionale, coordinata con la campagna internazionale, sulle tassazioni della transazione finanziaria aperta alla «consultazione pubblica di esperti e cittadini che vogliano dare il proprio contributo». Forse i promotori pretendono troppo, ma il metodo potrebbe essere imitato.

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