Una gran voglia di fare

Si è conclusa a Milano la settima edizione della fiera "Fa' la cosa giusta". Oltre seicento espositori e 65 mila visitatori per confermare che consumare in maniera critica è possibile, e mettere in comune idee e progetti.
Fa' la cosa giusta critical fashion

Altro che settori di nicchia, per pochi affezionati: Fa’ la cosa giusta, la fiera del consumo critico giunta ormai alla settima edizione, testimonia che temi come il commercio equosolidale, l’agricoltura biologica, l’edilizia sostenibile e le energie alternative non sono appannaggio di una ristretta cerchia di eletti. 65 mila visitatori – di cui molti studenti – oltre 600 espositori e un’eco mediatica sempre più forte hanno confermato il trend positivo (+ 30 per cento di visite in questa edizione) che la manifestazione ha costantemente registrato.

 

L’edizione 2010 è stata dedicata alla “Critical fashion”, o “moda critica” che dir si voglia. Un modo di fare impresa e di vestire attento non solo al design ma anche agli aspetti etici dell’abbigliamento: dai tessuti utilizzati – come il cotone biologico – all’impatto ambientale e sociale della produzione e distribuzione – basti pensare a tematiche come lo sfruttamento dei lavoratori – l’innovazione sostenibile. Ecco allora i capi equosolidali, prodotti dagli artigiani del sud del mondo; abiti in fibre ricavate da materiali riciclati, come il pvc; o le borse realizzate con vecchie camere d’aria di bicicletta e cinture di sicurezza. Ma le altre 13 sezioni della fiera non sono state meno ricche di novità: da “Mangia come parli” – dedicata ai prodotti biologici e di filiera corta, con enfasi particolare sul tema della sovranità alimentare – alla mobilità sostenibile, al turismo responsabile, non basterebbe un libro per dare fondo alla miniera di idee, progetti e novità che stanno nascendo o sono già nati in questi campi.

 

A tutta birra…

Uno dei “circuiti economici alternativi” meglio rappresentati in fiera è stato quello dell’economia carceraria: dai giornali, alla bigiotteria, agli accessori d’abbigliamento, ai biscotti, la lista di ciò che i penitenziari italiani sfornano – letteralmente – è assai lunga. Un modo per i detenuti di rendersi utili alla società e reinserirsi più facilmente nel mondo del lavoro una volta scontata la pena. Tra i progetti forse più curiosi c’è quello della cooperativa Pausa Cafè, che nel carcere di Saluzzo (Cuneo) ha aperto nientemeno che un birrificio. «Tutto è nato dall’incontro di due cooperanti con i produttori messicani – raccontano allo stand – che forniscono la materia prima, rigorosamente biologica ed “equosolidale”. Portare il progetto nelle carceri è stato poi possibile grazie ad un maestro birraio, Andrea Bertola, che si è innamorato dell’idea ed ha lasciato il precedente lavoro per realizzarla». Birra al caffè, al cacao, alla quinoa, allo zafferano: l’inventiva non ha limiti. La produzione, per ora, è limitata: «Abbiamo coinvolto tre detenuti – proseguono – e presto se ne aggiungerà un quarto. La birra è commercializzata solo attraverso i canali della cooperativa, per cui esistono dei limiti strutturali». Il fine ultimo del progetto è comunque quello del recupero e reinserimento dei carcerati: «A Torino, dove abbiamo un progetto simile per la torrefazione del caffè, i detenuti una volta usciti hanno continuato a lavorare nel settore. Vorremmo che fosse così anche a Saluzzo».

 

…e a tutto gas

I gruppi di acquisto solidale (gas) sono una realtà ormai conosciuta ed affermata in tutta Italia: singoli e famiglie che si uniscono per comprare insieme ogni genere de prodotto – dagli alimentari, ai pannelli fotovoltaici, fino ai pacchetti vacanza – così da ottenere condizioni economiche più vantaggiose. Ciò che forse è meno noto è che gli stessi produttori hanno iniziato ad apprezzare il sistema: non sono più i gas a rivolgersi alle aziende, ma le aziende a rivolgersi ai gas. Tanto che Fa’ la cosa giusta ha dedicato un settore alle realtà produttive che hanno fatto questa scelta. «Per noi – spiegano gli aderenti al consorzio di produttori biologici abruzzesi Parco Produce – è stato un modo per accorciare la filiera. Prima eravamo costretti a vendere ad un prezzo generalmente molto basso soltanto ai commercianti, e a volte si vedevano poi dei forti rincari alla vendita. Rivolgendoci ai gas il vantaggio è sia nostro, perché possiamo ottenere un prezzo equo, che dei consumatori, che risparmiano». Sarebbe infatti difficile vendere direttamente ai singoli: «Molti dei nostri prodotti, come i formaggi, vanno consumati subito: una famiglia da sola non potrebbe acquistarne una quantità tale da giustificare una fornitura. Attualmente riforniamo 50 gruppi d’acquisto in tutta Italia». E il contatto con i componenti dei gas non si ferma all’acquisto. La cooperativa Sicilia Vostra, che opera su terreni confiscati alla mafia, propone anche viaggi a costo controllato alla scoperta della realtà in cui lavora: «Molto semplicemente, diciamo alle famiglie di venirci a trovare – spiegano – per conoscere noi, l’isola, ed incontrare testimoni significativi del territorio».

 

Sotto lo stesso tetto

Ma unire le forze non è utile solo nel campo degli acquisti: anche “mettere su casa” insieme può essere conveniente dal punto di vista sociale, ambientale ed economico. Non a caso si è registrata una folta presenza degli stand dedicati al cohousing, ossia alla coresidenza: singoli o famiglie che decidono di progettare insieme l’edificio dove poi andranno ad abitare, pensando a degli spazi comuni a cui dare le destinazioni più varie – dalle sale per incontrarsi, alle palestre, agli asili nido – e sostenendo insieme gli oneri per la costruzione di un edificio ecosostenibile. È il caso del villaggio TerraCielo, in costruzione alle porte di Milano: un complesso residenziale a consumi zero – grazie a geotermia per il riscaldamento e fotovoltaico per l’elettricità – con oltre 400 metri quadrati di spazi comuni, in cui condividere la vita con i vicini. E se la destinazione di questi spazi è scelta in maniera oculata, le ricadute positive ci sono per tutto il quartiere: «Nel complesso di via Gulli a Milano – raccontano allo stand del Consorzio Cooperative Lavoratori, che fornisce assistenza a chi fa la scelta di coabitare – d’accordo con il Comune è stato allestito lo scorso anno un asilo nido, gestito in cooperativa. Riesce ad accogliere una trentina di bambini, di cui alcuni che non abitano nel complesso, e la lista d’attesa non è mai vuota». Nel milanese il cohousing ha assunto dimensioni ragguardevoli: «In città e provincia sono circa 800 le famiglie in coresidenza. Alcune si rivolgono a noi quando già si conoscono, e quindi è possibile un cohousing più “stretto”: ma in altri casi siamo noi a farle conoscere, in base alle esigenze abitative che manifestano».

 

A completare la fiera sono stati gli oltre 120 eventi culturali, dai dibattiti, alle sfilate di moda, ai laboratori, agli orti didattici per le scuole. Perché Fa’ la cosa giusta, come dice il nome stesso, è una manifestazione che – dopo l’iniziale entusiasmo davanti alle innumerevoli novità – mette una gran voglia di “fare”. Concretizzando nella vita di tutti i giorni le idee e proposte di questo mondo “alternativo” che poi tanto alternativo non è, se vogliamo garantire un futuro sostenibile sotto il profilo ambientale e sociale.

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