Un progetto a lungo termine (Evangelii Gaudium 132-134)

Concetti di forte valenza pedagogica per la formazione integrale della persona. Una sorta di lessico educativo tutto da scoprire
scuola

(Evangelii Gaudium 132 – 134)

Si parla di educazione nell’Evangelii Gaudium? Apparentemente non è un tema centrale dell’esortazione e il papa ne scrive esplicitamente solo in alcuni numeri (dal 132 al 134). Eppure scorrendo i paragrafi, ci si accorge che lo scritto del pontefice è intessuto di concetti a forte valenza pedagogica e che suo fine ultimo è la formazione integrale della persona, del cristiano. Papa Francesco è un vero pedagogo (cioè colui che accompagna nel cammino), un vero maestro, non soltanto perché è chiamato a guidare e confermare i cristiani nella fede, ma per la sua vera passione per l’uomo, per il suo stile di rapporto e di comunicazione teso non tanto a trasmettere dei contenuti dottrinali, ma a “far essere” l’altro pienamente, a rendere l’incontro con ogni persona un evento decisivo verso la sua integrale realizzazione. Lo stile stesso dell’esortazione lascia trasparire la consapevolezza che l’educazione è un progetto a lungo termine che richiede capacità di attesa, fiducia rinnovata nel quotidiano e che presuppone una chiamata ad un progetto di vita “alto” capace di uno sguardo attento alla dimensione umana e trascendente della persona.

Dall’Evangelii Gaudium si può ricavare una sorta di lessico educativo, in cui le parole vanno dritte al cuore della verità sull’uomo e presuppongono una totale messa in gioco da parte degli educatori, nello stile di Francesco, che non ha timore di “toccare” e “lasciarsi toccare” dall’altro. Ecco alcune di queste parole ad “alto contenuto pedagogico”: innanzitutto accompagnare: «Più che mai abbiamo bisogno di uomini e donne che (…) conoscano il modo di procedere, dove spiccano la prudenza, la capacità di comprensione, l’arte di aspettare, la docilità allo Spirito». Papa Francesco avverte la necessità di «una pedagogia che introduca le persone, passo dopo passo, alla piena appropriazione del mistero». Sì, perché l’educatore, sa che ognuno è un “mistero” – conosciuto pienamente solo da Dio – un essere unico che deve giungere a conquistare la sua maturità, cioè la capacità di decisioni veramente libere e responsabili. E per questa conquista è “indispensabile dare tempo, con immensa pazienza».

In secondo luogo c’è il concetto di comunicare: ogni educatore dovrebbe essere un bravo comunicatore: la pregnanza del messaggio si trasmette favorendo e coltivando «la vicinanza cordiale (…) il calore del tono di voce, la mansuetudine dello stile delle sue frasi, la gioia dei gesti». Francesco va direttamente al centro della comunicazione tra i cuori quando afferma: «È un bene che non consiste in cose, ma nelle stesse persone che scambievolmente si donano nel dialogo». E questo vale non solamente per la trasmissione delle verità della fede, ma in ogni scambio educativo, nella trasmissione di ogni conoscenza. Quindi un linguaggio rispettoso, e contemporaneamente denso di significato, essenziale e mai moraleggiante o indottrinante, che sappia accogliere profondamente il parlare dell’educando e al tempo stesso lo sappia guidare verso nuovi traguardi del sapere, dell’agire, dell’essere.

Si potrebbe continuare a declinare in termini educativi tutta l’esortazione! Comune denominatore ne è la “gioia”, categoria metodologica sottesa ad ogni affermazione, dimensione in cui l’educatore si deve muovere per progettare percorsi formativi. E ancora gioia che si deve saper far scaturire per “contagio” e “testimonianza” nell’educando, come modalità positiva di approccio all’esistenza.

Patrizia Bertoncello

maestra elementare e pedagogista

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