Un missile nella campagna elettorale

La crisi sembra rientrata, ma la tensione tra Hamas e il governo israeliano è sempre alle stelle. Il missile che ha colpito i sobborghi di Tel Aviv, facendo sette feriti, è piombato su un Paese che s’interroga sul suo futuro politico
(AP Photo/Adel Hana)

Mentre il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu veniva ricevuto da Donald Trump alla Casa Bianca, il quale gli faceva il “regalo” del riconoscimento della sovranità dello Stato ebraico sulle alture del Golan, annesse nel 1981, degli aerei da combattimento e degli elicotteri con la stella di Davide hanno sorvolato il territorio palestinese, colpendo decine di obiettivi attribuiti a Hamas, comprese le strade deserte di Gaza City.

Un edificio di tre piani è stato distrutto nel quartiere di Tzabra che, secondo l’esercito israeliano, «sarebbe stato il quartier generale dei servizi segreti militari e civili del movimento islamista».

I palestinesi hanno sostenuto che, quella stessa sera, anche gli uffici del capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, erano stati presi di mira. Un chiaro messaggio politico, non la volontà di assassinarlo, perché tutti i leader del movimento islamista erano già al sicuro sparpagliati nella Striscia per la minaccia dei bombardamenti israeliani.

E tutto ciò come ritorsione per un razzo che, partito dal sud della Striscia, era arrivato fino a colpire i sobborghi di Tel Aviv alle 5 del mattino, a Mishmeret. La casa è stata sventrata e sette persone sono rimaste ferite, tra cui un bambino di 3 anni.

Il comune di Tel Aviv aveva così ordinato l’apertura dei rifugi antiaerei pubblici, per paura di una escalation notturna, che in realtà non c’è stata: i palestinesi di Gaza hanno lanciato razzi a corto raggio sui paeselli al confine della Striscia.

Sorpresa: mentre Netanyahu era in volo verso Israele, anticipando la fine della sua visita negli Stati Uniti, verso le 10 di sera il portavoce di Hamas, Faouzi Barhoum, annunciava che era stato concluso un cessate il fuoco, grazie alla mediazione egiziana. Come era avvenuto già il 14 marzo 2019 e il 21 luglio e il 29 marzo 2018, delle brevi esplosioni di violenza erano state seguite da tregue unilaterali. Ma l’esercito israeliano ha fatto sapere che avrebbe continuato a colpire Gaza.

Siamo in campagna elettorale in Israele, e questo razzo sembra aver colpito il suo svolgimento, perché al di là dei danni è una sfida politica e di sicurezza per Israele.

Le giustificazioni date da Hamas al lancio – «Sarebbe stato un errore dovuto al cattivo tempo», ha aggiunto il portavoce di Hamas Bassam Najm – mostrano quanto l’organizzazione palestinese fosse soddisfatta della riuscita del tentativo. Nonostante tutti gli sforzi militari del governo, infatti, Hamas e i suoi alleati nella Striscia di Gaza sono ancora vivi, e probabilmente riescono a ricevere persino dei missili dall’esterno, perché appare poco probabile che un ordigno del genere possa essere stato fabbricato nel piccolo territorio isolato dal resto del mondo.

L’esercito israeliano ha addirittura aumentato recentemente la sua forza nel sud, schierando altre due brigate, oltre ai riservisti delle forze aeree, mentre la zona di pesca è stata ridotta.

Ci si chiede come quest’episodio possa influire sulla campagna elettorale. Spingerà l’elettorato a destra o a sinistra del premier? Vinceranno coloro che sostengono che Netanyahu ha fallito la sua politica contro Hamas auspicando più forza militare (la destra) o quelli che auspicano più forza politica (la sinistra)?

 

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