Un Leone sulle tragedie umane

Vincono il documentario sull’attivista Nan Goldin e la Meda moderna di Alice Diopp. L’Italia vince a metà con Guadagnino. Tanti film su un mondo in cerca di pace.
Laura Poitras riceve il Leone d'oro a Venezia. (AP Photo/Domenico Stinellis)

Non c’è davvero pace nel mondo, oggi, in nessuna parte. Perché non c’è pace nel cuore degli uomini e delle donne. In una edizione molto femminile – per presenze, film e glamour -, la giuria presieduta da Julianne Moore ha premiato con il Leone d’oro – non senza prevedibili contrasti – il documentario All the Beauty and the Bloodshell dell’americana Laura Poitras sull’artista e attivista Nan Goldin dalla tragica vicenda personale e dalla lotta contro i crimini della casa farmaceutica Perdue Pharma che ha provocato la morte di centinaia di persone per overdose.

Il Leone d’argento – Gran Premio della giuria è andato alla senegalese-francese Alice Diopp per Saint Omera, rivisitazione del processo ad una madre senegalese per infanticidio come l’antica Medea. Francia e Usa, come si vede, hanno fatto il pieno, anche di opere in una rassegna che però si svolge in Italia…

La miglior regia è toccata al film italo-americano di Luca Guadagnino Bones and All, storia durissima di due giovani cannibali, manifesto chiaro di un mondo irrequieto e senza amore.

Già, perché l’amore – cercato e distrutto, invocato e negato, in famiglia, in società e nella storia – è stato il reale protagonista dei film della Mostra: un segnale chiarissimo di una esigenza e di una sete mai saziata.

Si collocano su questa prospettiva anche il film su Padre Pio di Abel Ferrara – indagine sul frate negli anni Venti del ‘900 – e quello su Chiara d’Assisi di Susanna Nicchiarelli, “una santa femminista”, secondo la regista: due lavori originali e per nulla scontati.

Fra i premi, la Coppa Volpi per il miglior attore è andata all’irlandese Colin Farrell per Gli spiriti dell’isola, bella storia di una amicizia virile distrutta in nome della musica, mentre la miglior attrice non poteva che essere la star Cate Blanchett per il ruolo di direttrice d’orchestra in Tàr.

Abbastanza prevedibile poi il Premio speciale della Giuria (purtroppo solo questo) all’iraniano tuttora in carcere Jafar Panahi per il suo amarissimo Gli Orsi non esistono.

E gli italiani, cioè Amelio, Virzì e amici nelle diverse sezioni? Solo premi interessanti – ad esempio il Pasinetti a Virzì – ma purtroppo collaterali.

In una edizione affollata di prodotti, con le piattaforme che non hanno ottenuto il successo sperato, la giuria è apparsa contraddittoria e tutt’altro che unanime, relegando in seconda categoria l’Italia che presentava ben cinque lavori in concorso oltre al resto, e quasi tutti di buona qualità.

Il problema serio diventa ora: che fine faranno i film presentati a Venezia? La gente andrà in sala a vederli o solo gli affezionati? È la grande incognita dopo questa edizione – che ha presentato i soliti problemi organizzativi – che ha voluto essere ecumenica, ma non troppo.

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