Un incontro di oriente e occidente

Si è tenuto a Bose, dall'8 all'11 settembre, il Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa. Da 18 anni, uno spazio di approfondimento e di confronto.
bose

Un autunno anticipato accoglie i convegnisti. Ma l’atmosfera è da subito calda e cordiale, segno di rapporti intessuti e maturati nel corso di anni. Siamo alla XVIII edizione del Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa (8-11 settembre), promosso dal monastero di Bose (in Piemonte) in collaborazione con le Chiese Ortodosse.

13 i rappresentanti delle Chiese orientali presenti, 9 gli ordinari cattolici, 12 i e le superiori di monasteri. Presenti anche molti rappresentanti delle tradizioni spirituali di Oriente e Occidente, come monaci ed eremiti. Infine, amiche e amici di Bose, arrivati qui «per condividere quattro giorni di vita insieme» dice fratel Lino, uno degli organizzatori del convegno e braccio destro di Enzo Bianchi, fondatore e attuale priore del monastero che ci ospita.

 

Prima che in un simposio teologico e accademico, ci troviamo in una comunità variegata di cristiani che credono nella possibilità di testimoniare che la loro fede è una: lo dicono le tante lingue che risuonano nei momenti liberi e non sembrano ostacolare la condivisione di esperienze, idee e impressioni; lo dice l’organizzazione curata per andare incontro alle esigenze di ciascuno e l’attenzione con cui ogni Chiesa viene valorizzata. Forse non è un caso che il convegno abbia inizio l’8 settembre, giorno in cui si ricorda il nome di Maria: la Madre della Chiesa certo intercede per l’unità dei suoi figli. E pensiamo si compiaccia dal Cielo nel vedere raccolti le vesti bianche dei fratelli di Bose, le tuniche nere degli ortodossi, le croci d’oro dei chierici orientali, veli e cappucci azzurri e marroni degli ordini cattolici, il magenta dei vescovi latini.

Il tema di quest’anno, Comunione e solitudine, ci porta al cuore dell’esperienza cristiana sin dalle origini. La vita della Chiesa, comunità di quanti si raccolgono intorno all’eucaristia, si svolge tra questi due poli. Una comunione fattiva tra le sue membra, tra istituzione e carismi, tra clero e monaci è essenziale e va costantemente ricercata, come sottolinea il vescovo Irenej di Bačka (patriarcato di Serbia).

 

Anche l’esistenza del cristiano non può prescindere dal raggiungimento dell’equilibrio tra la solitudine, intesa come luogo privilegiato dell’incontro con il Signore, e la comunione coi fratelli, secondo la vocazione specifica di ciascuno. Certo, per coloro che scelgono la vita monastica, l’esperienza di solitudine è da sempre fondante, ma mai l’isolamento è da preferire alla comunione. Il monaco si allontani dal mondo – consigliano all’unanimità i padri spirituali di varie epoche– solo dopo aver fatta propria l’esperienza autentica della fraternità della vita comunitaria, e nel silenzio rimanga in comunione con il mondo.

 

Le due dimensioni sono costitutive dell’uomo stesso, in quanto “animale sociale” che, pur non potendo prescindere da spazi di autonomia e crescita personale, necessita del rapporto con gli altri per realizzarsi. E ciò è tanto più attuale nella società contemporanea in cui – per riprendere le parole di mons. Bagnasco – la solitudine è invasa e le forme tradizionali di vita sociale sono insidiate, producendo una sorta di mercificazione dei rapporti.

 

Al dibattito concorrono esperti di discipline e formazione diverse: teologi, filosofi, bizantinisti, slavisti, storici della Chiesa, esperti di ecumenismo. Si è scelto di mettere in programma poche relazioni – spiegano fratel Salvatore e fratel Matteo – per lasciare spazio al dialogo e permettere a tutti di esprimersi. Nonostante ciò, il tempo non basta e lo scambio di opinioni continua spontaneo negli intervalli. La riflessione si arricchisce, poi, delle parole di autorevoli assenti: «La solitudine e il silenzio […] ci insegnano il giusto modo di relazionarci e di essere in comunione con gli altri», scrive il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo nel messaggio augurale. «Il mondo deve vedere che i doni dello Spirito santo […] oggi abbondano tra coloro che cercano di vivere secondo il Vangelo, come abbondavano nei secoli passati» è l’auspicio del patriarca Kirill di Mosca; e il cardinale Tarcisio Bertone, a nome del papa Benedetto XVI, invita a «contemplare in Cristo il modello perfetto di comunione e solitudine, in cui personalmente sussiste Dio, uno e trino». Impossibile citare tutti coloro che hanno espresso la propria vicinanza: tra questi i metropoliti dell’Ucraina, di Minsk, e della Grecia, il patriarca della Chiesa Ortodossa romena, l’arcivescovo di Canterbury, il segretario del Consiglio ecumenico delle Chiese, il presidente del Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani, il presidente della Conferenza episcopale italiana.

 

Il Convegno è diventato negli anni luogo di incontro, di reciproca conoscenza, spazio di confronto, occasione di formazione e approfondimento. «Se vieni una volta, non puoi non tornare» commenta Marisa di Milano, attualmente alla sua terza presenza. E c’è in effetti chi fedelmente partecipa da 18 anni, come Gelian Prochorov di San Pietroburgo. Chi arriva qui per la prima volta, come è il caso mio, rimane impressionato dalla concretezza di vita, dai fatti, dall’intelligenza e dalla delicatezza accorta con cui la comunità di Enzo Bianchi, nel silenzio, va tessendo una trama di rapporti preziosi e autentici fra cattolici e ortodossi. Un contributo importante al cammino verso l’unità.

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