Un esempio di dialogo

L'importanza di ascoltare le “buone voci”, nell'esperienza dell'Indiana Centre for Cultural Exchange raccontata da Living City.
icce

La tragedia dell’11 settembre ha unito il nostro Paese nella lotta contro il terrorismo. L’allora presidente Bush aveva sin dall’inizio tracciato una distinzione tra un numero esiguo di estremisti e una maggioranza pacifica nel mondo islamico, mentre cattolici, protestanti, ebrei e musulmani hanno reagito insieme contro la violenza degli attacchi terroristici. Nelle chiese, nelle sinagoghe e nelle moschee hanno preso il via diversi percorsi di dialogo interreligioso, per strimolare la conoscenza e il rispetto reciproco. Anche la più alta autorità islamica negli Stati Uniti ha emesso una fatwa (sentenza) contro la violenza, sottoscritta da oltre 500 leader musulmani, in cui si affermava chiaramente che gli atti di terrorismo sono proibiti nell’islam e che i musulmani hanno il dovere di non cooperare con chi li compie, ma anzi di assicurarli alla giustizia.

 

Sfrotunatamente molte persone hanno dipinto l’islam come una religione violenta, e a farne le spese sono stati musulmani innocenti. Abbiamo bisogno di tornare ad ascoltare le “buone voci” dei nostri leader religiosi. Punto di riferimento per i cattolici è ancora una volta il Magistero, quando afferma che «la Chiesa guarda ai musulmani con stima. Adorano l’unico Dio […] e si impegnano a sottomettersi alla sua volontà» (Nostra Aetate).

 

Poco dopo l’11 settembre, alcune persone nelle università americane insieme ad alcuni leader religiosi e organizzazioni hanno dato vita all’Indiana Center for Cultural Exchange (Icce, Centro dell’Indiana per lo scambio culturale), come risposta agli appelli alla comprensione e al rispetto reciproco. Abbiamo ricevuto fondi dal Dipartimento di Stato, e i nostri progetti – rivolti soprattutto ai giovani – ci hanno portato fino all’Asia centrale, al Medioriente, al Nordafrica e al Sudest asiatico.

 

Come direttore dell’Icce ho spesso fatto riferimento alla spiritualità del Movimento dei focolari, in quanto traccia le linee guida per costruire l’unità con gli altri. Ad esempio, abbiamo scoperto che molti dei partecipanti ai nostri progetti che venivano dell’estero erano preoccupati per il viaggio negli Stati Uniti, così abbiamo mandato un nostro gruppo ad incontrarli per infondere fiducia. Durante la visita abbiamo poi cercato di coinvolgere ciascuno singolarmente e il gruppo nel suo insieme in discussioni sulle loro convinzioni, le loro vite, i loro obiettivi e i loro bisogni, ascoltandoli con attenzione. In questo modo la spiritualità dell’unità ha fornito la base per costruire amicizie interreligiose. Abbiamo conosciuto in prima persona molti aspetti interessanti dell’islam e della vita dei musulmani, così come loro per quanto riguarda il cristianesimo e l’ebraismo. Un percorso spesso sorpendente, che si è snodato tra chiese, sinagoghe e moschee, in cui i nostri ospiti hanno scoperto come i musulmani americani vivono la loro fede nella quotidianità e sono amici di cristiani ed ebrei.

 

Quando abbiamo visitato la Thailandia, Paese che si trova ad affrontare dei gruppi islamici estremisti nel Sud, abbiamo incontrato un leader musulmano che ogni anno rischia la vita organizzando campi estivi per migliaia di giovani locali, potenziali reclute per questi gruppi. L’obiettivo dei campi, pienamente riuscito, è passare il messaggio che l’islam rifiuta il terrorismo e cerca la pace.

 

In Nordafrica abbiamo lavorato con degli allenatori di pallacanestro, per insegnare la tolleranza e costruire la pace attraverso lo sport. Uno di loro ci ha raccontato di essere stato sul punto di unirsi agli estremisti in passato, e che tutti i suoi amici che lo avevano fatto erano stati uccisi a causa di quella che ora riteneva un’interpretazione distorta dell’islam. Adesso vuole aiutare i suoi atleti a non compiere quegli errori che lui stesso stava per fare.

 

Dopo l’11 settembre abbiamo dato ascolto alle “buone voci”. Non posso che credere che i risultati ottenuti sono in buona parte dovuti a quella spiritualità dell’unità che sta alla base del nostro centro.

 

 

L’autore è docente di filosofia e direttore dell’Icce presso la Purdue University negli Stati Uniti.

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