Un colpo d’ala per Palermo

Il Natale è esperienza che deve convivere con dolori grandi e piccoli e con le piaghe di questa terra, ma è sopratutto storia di cambiamento. Dal nostro corrispondente
Natale Teatro Massimo

Cosa chiederei per la mia terra, il giorno di Natale?Certamente la fine della mala pianta delle mafie, di questa cultura di morte che ha asfissiato in questi anni ogni tentativo, ogni anelito di libertà. Che per ogni anelito e tentativo di libertà ha risposto, colpo su colpo, con arroganza e violenza.

 

Chiederei con fermezza e con vigore un colpo d’ala alla mia gente: nel saper scegliere il grano dall’oglio, il bene dal male, quel che aiuta da quel che distrugge Perché l’anelito alla legalità è frutto di esercizio di virtù, meglio se collettivo, piuttosto che di iniziative che non hanno saputo compiere questa distinzione.

 

Chiederei il centuplo per tutti quei giovani che ho incontrato in questi mesi in giro per l’Italia per parlare di legalità e costruzione di un mondo nuovo, e con i quali ho instaurato un delicatissimo rapporto di fiducia. Anche per loro, e da oggi insieme a loro, voglio lottare affinché il  futuro sia davvero il miracolo del ricongiungimento tra cielo e terra.

 

Oggi però ho una inquietudine che voglio condividere.  Tutto  rischia di rimanere un bel sogno o, alla meno peggio, una cosa bella ma ininfluente. Più incontro persone, più leggo le mie speranze nei loro occhi e più mi convinco che non è più possibile aspettare … Tutto quel che di positivo sta accadendo e di cui ne sono spesso testimone e protagonista diretto, rischia di essere liquidato come il bene che però… non fa la storia! Bello, interessante ma non fa storia. Incapace di cambiare la storia.E poi, l’atmosfera natalizia, l’ottimismo ingenuo, la voglia di qualcosa che ci “tiri su”, il buonismo. E dopo Natale tutto torna come prima. E lo sapevamo! Cosa accade invece veramente per Natale? La nascita di Gesù, il  progetto di uomo nuovo, mica di buoni propositi! Il Natale è anche esperienza di gioia che può e deve convivere con i dolori grandi e piccoli: le piaghe delle nostre terre (il malaffare, le mafie e via dicendo) nessuna esclusa da Nord a Sud, la ritroveremo anche a gennaio, finite le feste.

 

Ecco, allora, cosa vorrei chiedere in questo giorno: essere la storia, diventare la storia che porta il cambiamento. Spesso parlando del mio ultimo libro (“L’uomo d’onore non paga il pizzo”) ho incontrato tanti giovani che si ritrovano in questa dimensione della terra fecondata dal sangue dei martiri ma dove manca la politica. Manca la parte più importante perché è quella che può dare concretezza a queste esperienze di cambiamento. La politica è quella che indica il progetto per le nostre città, per le nostre terre. Se manca la politica, manca il progetto e quindi manca il futuro, la prospettiva.

Ed ecco cosi la vera richiesta, la nuova frontiera: la politica. La politica come servizio al bene comune, la politica come l’atto d’amore più concreto. Diventare storia che cambia la nostra terra. Riprendiamoci la politica, facciamo in modo che il sangue dei martiri fecondi anche questo ambito.

 

Fecondare la politica, può essere il regalo per Natale?

Di sicuro può essere la nuova sfida, per garantire un futuro e un progetto. Con la certezza che possiamo spostare le montagne.

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