Turchia per la sicurezza e l’dentità nazionale

L’Akp di Recep Tayyip Erdogan conquista la maggioranza assoluta del parlamento turco, sfiorando il 50 per cento dei voti. 315 seggi su 550, quanto è necessario per governare in autonomia, ma 15 in meno di quelli necessari per modificare la Costituzione.
Istanbul © Michele Zanzucchi 2004

Sei mesi dopo le elezioni in cui aveva perso la maggioranza assoluta dei voti, il presidente turco riporta una grande vittoria elettorale, ma non sufficiente per operare quella modifica della carta costituzionale turca che avrebbe portato a fare della Turchia un Paese ultrapresidenzialista. I curdi dell’Hdp riescono per un pelo ad entrare in parlamento, il che è già un buon risultato: l’opposizione sarà forte.

 

Il governo in carica ha usato tutti i mezzi per riuscire a vincere le elezioni, alcuni francamente imbarazzanti, come l’impedimento a tanti curdi del sud-est del Paese di recarsi a votare, o come la gestione del gravissimo attentato ad Ankara di un mese fa, o ancora la nuova guerra contro il Pkk curdo, per non parlare del bavaglio messo a gran parte della stampa nazionale, in particolare quella legata al leader sufi Fetullah Gulen.

 

Erdogan ha detto da vincitore: «Le violenze, le minaccie e le carneficine non possono coesistere con la democrazia ed il rispetto della legge», affermando pure che «la Turchia ha scelto la stabilità e l'integrità nazionale». Mentre il leader dell’Hdp, Selahattin Demirta, ha detto che «le elezioni sono state scorrette, perché dovevamo proteggere la nostra gente da un massacro. Ma è ancora una grande vittoria».

 

Resta l’interrogativo sui perché di questa vittoria nazionalista e per certi versi islamista, certamente giocata attorno alle due parole – “sicurezza” e “identità” – che tanto stanno influenzando, al di là delle indubbie differenze, la mezzaluna dei Paesi dell’Europa orientale, dalla Turchia alla Romania, dall’Ungheria alla Slovacchia, dalla Bielorussia alla Polonia.

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