Tra minacce e dilemmi

Rapporti difficili con la Turchia e difficoltà all’interno del Paese. Intanto la popolazione è sull’orlo della disperazione

La notizia è dei giorni scorsi. Un tribunale greco ha stabilito che gli otto golpisti turchi, scappati in Grecia dopo il fallito colpo di stato del 15 luglio 2016 in Turchia, devono rimanere in custodia cautelare: non è stata concessa loro l’estradizione. Una decisione che ha scatenato l’ira turca con possibili pesanti conseguenze sui rapporti bilaterali fra i due Paesi. E se in una nota pubblicata dal ministero degli Esteri di Ankara si legge l’accusa alla Grecia di astenersi «dall’adempiere i requisiti minimi per combattere il terrorismo e il crimine», dall’altra parte, il ministro della Difesa greco Panos Kammenos si è espresso in questi termini: «La Turchia deve capire che nei Paesi democratici, ai quali la Turchia vorrebbe appartenere, la giustizia non riceve direttive da parte dei governi. È indipendente».

Altro motivo di attrito fra i due Paesi: la Turchia ha scelto proprio l’anniversario della crisi greco-turca per l’isolotto di Immia nel 1996, in cui sono morti tre piloti greci – che per poco non è sfociato in uno scontro militare di vasta scala –, per violare di nuovo le acque territoriali greche organizzando uno sbarco di militari e mandando le relative foto alla stampa turca. Non è bastato l’intervento della marina militare greca, che ha allontanato gli “ospiti” non graditi, per placare gli animi e far tacere le critiche.

Intanto, all’interno del Paese ha suscitato allarme la pubblicazione del Rapporto dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio. Oltre ad esprimere una critica al Governo, è pieno di raccomandazioni tra cui l’invito a concludere la seconda valutazione del programma di risanamento il più presto possibile visto che fra poco dovrà essere conclusa la terza valutazione, ancora più difficile, considerati i tempi brevi previsti per questo.

Il rapporto dedica un intero capitolo alla possibilità di un quarto memorandum, e si riferisce spesso alla parola ‘default’ e alle sue conseguenze.  Nello stesso tempo critica anche la posizione della “Nea Dimokratia”, un partito di centrodestra, secondo cui solo la riduzione delle tasse potrà portare allo sviluppo.

Tsipras ha pochissimo tempo per decidere se accetterà tutto o andrà ad elezioni anticipate e si trova di fronte ad un grande dilemma. Sa che il popolo non ce la fa a sopportare un’austerità prolungata, ma d’altra parte sa che perderà le elezioni: gli ultimi sondaggi, infatti, non gli attribuiscono più del 15%.

Volendo fare giustizia bisogna ammettere però che, nonostante le mosse sbagliate del premier, non si possono attribuire a lui tutte le colpe. Da una parte il Fondo monetario internazionale richiede l’alleggerimento del debito; dall’altra le istituzioni europee vogliono il Fmi nel programma, ma non vogliono concedere l’alleggerimento. L’equazione è alquanto difficile. E in mezzo troviamo un Paese debole, un popolo sull’orlo della disperazione e una società che conta disoccupati e suicidi e che se ancora sopravvive lo deve al concetto di famiglia che fortunatamente è ancora vivo.

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