Tornano a casa migliaia di detenuti arrestati per spaccio

Le conseguenze dell’illegittimità costituzionale della legge Fini-Giovanardi riguardano circa 3-4 mila soggetti, ma continua a mancare un’adeguata politica sociale che eviti recidive ai condannati e che promuova la formazione dei giovani contro l’uso di stupefacenti
Cannabis

Una recentissima sentenza delle sezioni unite penali della Corte di Cassazione ha stabilito che dovranno essere ridotte le pene definitive per gli spacciatori di droghe leggere (cannabis, marijuana, hashis). Il provvedimento recepisce pienamente la sentenza del febbraio scorso con la quale, la Corte Costituzionale aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge Fini-Giovanardi.

Si ricorderà che quest’ultima legge aveva eliminato, ai fini del trattamento sanzionatorio in materia di spaccio, la distinzione tra droghe pesanti (eroina, cocaina) e droghe leggere (cannabis, marijuana, hashis), prevedendo per entrambe la pena compresa tra 6 e 20 anni.

Nel febbraio scorso la consulta aveva bocciato la Fini-Giovanardi, dichiarandola non costituzionale, in quanto le modifiche furono apportate con forzature legali: secondo la Corte Costituzionale nella norma di conversione furono inseriti emendamenti estranei all'oggetto e alle finalità del decreto, invalidando l'atto legislativo, anche se non direttamente il contenuto, in cui la sentenza non entra nel merito. Con la decisione rivive la legge IervolinoVassalli come modificata dal referendum del 1993, che prevede pene più basse per le droghe leggere (da 2 a 6 anni), e nessuna punibilità per l'uso personale, anche se permane l'illecito amministrativo (la possibilità di sospensione della patente, del porto d'armi e del passaporto).

Il meccanismo di retroattività della sentenza della Corte Costituzionale comporta, ora, che tutti coloro che sono stati condannati in base alla legge Fini-Giovanardi potranno chiedere una ricalcolo al ribasso della loro pena in base al trattamento sanzionatorio previsto dalla Jervolino-Vassalli.

Attualmente i detenuti per spaccio e detenzione di droga sono circa 14 mila.

È evidente che non sarà una operazione agevole selezionare le condanne interessate dalla sentenza, soprattutto laddove il soggetto è stato ritenuto responsabile contemporaneamente di spaccio di droghe leggere e droghe pesanti. Per cui ogni situazione va valutata in sé.

Circa il numero dei beneficiari, l’amministrazione penitenziaria ha dato una prima stima, quantificando in circa 3-4 mila i soggetti che vedrebbero aprirsi per loro le porte del carcere. Ma – come dichiarato da Cosimo Ferri, magistrato e sottosegretario alla Giustizia – è «impossibile allo Stato quantificare il numero delle scarcerazioni». Certamente, continua Ferri «ci sarà un effetto positivo sul sistema carceri, un sistema in affanno e sotto esame da parte della Corte di Strasburgo e del Consiglio d’Europa».

È evidente che l’unico beneficio che si ravvisa nella decisone della Corte di Cassazione, è quello di deflazionare l’oramai patologico sovraffollamento delle carceri. Altri vantaggi per la collettività, sinceramente, faccio fatica a vederne. Come spesso accade, lo Stato, attraverso le sue istituzioni, interviene per «curare il male» già in essere, senza preoccuparsi di mettere in atto ogni più opportuna azione tesa a «prevenire il male» stesso. Manca, infatti, una adeguata politica sociale che consenta allo spacciatore, attraverso la pena, di raggiungere una adeguata rieducazione e un reale inserimento sociale. Obiettivi, questi, che possano, una volta reinserito nel contesto sociale, evitare al condannato il rischio di recidiva, spesso frequente in materia di spaccio.

Dall’altro, non si può guardare al fenomeno dello spaccio senza considerare i rischi legati all’uso delle sostanze stupefacenti. I fruitori dell’attività illecita, spesso soggetti di giovane età, sono raramente consapevoli o bene informati di tali rischi. Pertanto, una politica sociale che promuova e favorisca la formazione e l’informazione nei giovani, nelle famiglie, nelle scuole, sarebbe il miglior antidoto contro il dilagare di un fenomeno, quello dello spaccio di sostanze stupefacenti, che, considerata l’importanza degli introiti, risulta essere fra le attività illecite preferite dalla criminalità organizzata.  

A fronte di ciò, invece, l’azione di contrasto dello Stato alle attività illecite di spaccio sembra essere molto tenue se si considera che è appena entrata in vigore una nuova legge che stabilisce che lo spaccio di qualsiasi sostanza, sia cannabis che eroina, comporta la reclusione da sei mesi a quattro anni.

Il nuovo regime sanzionatorio risulta, quindi, ancor più favorevole rispetto al passato considerato che, mentre si è ritornati nuovamente alla equiparazione tra i due tipi di spaccio, come disciplinato dalla Fini-Giovanardi, sotto il profilo sanzionatorio si è passati da una pena compresa tra 6 e 20 anni, a quella attuale da 6 mesi a 4 anni. 

L’incoraggiamento a non abbandonare attività illecite così redditizie, che l’attuale norma rivolge a chi è dedito allo spaccio, è sin troppo evidente!

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