Tokyo, la sfida di Francesco ai giovani

Papa Bergoglio ha sottolineato la necessità di saper cambiare i paradigmi socio-culturali che ci governano
EPA/JIJI PRESS JAPAN OUT

Molti i temi affrontati da papa Francesco nella giornata trascorsa nella capitale giapponese. La visita volge ormai al termine e quando questo testo apparirà online Bergoglio sarà già in volo verso Roma, dopo aver fatto visita ed incontrato la realtà accademica della prestigiosa Sophia University e, in forma del tutto privata, come normalmente fa in ogni angolo del mondo, la comunità gesuita.

Tokyo ha offerto la possibilità dell’incontro con l’imperatore e con le autorità civili, politiche e diplomatiche; con la locale comunità cattolica – e non solo – nel Tokyo Dome dove il papa ha celebrato la messa dopo un giro trionfale attorno allo stadio; con i giovani all’interno della cattedrale e con un gruppo di sopravvissuti dalle diverse calamità che hanno colpito il Paese negli ultimi anni.

Molte, quindi, le questioni sul tavolo. È ovviamente riemersa la questione ambientale proposta dalla condivisione di tre sopravvissuti – fra questi anche un monaco buddhista – al terremoto-tsunami e al disastro nucleare. Dopo un intenso momento di silenzio in preghiera per le diciottomila persone scomparse in queste tragedie, il papa, dopo il forte monito di ieri da Nagasaki e Hiroshima, ha espresso nuovamente «la preoccupazione per il prolungarsi dell’uso dell’energia nucleare, per cui hanno chiesto l’abolizione delle centrali nucleari».

Ma qui, dopo aver ascoltato chi ha vissuto momenti recenti di tragedia nucleare e che ha ancora la vita davanti a sé,  Bergoglio ha tenuto a sottolineare la necessità di saper cambiare i paradigmi socio-culturali che ci governano. A fronte di una epoca come quella attuale, governata da un “paradigma tecnocratico” di progresso e di sviluppo che modella la vita delle persone e il funzionamento della società facendo «del progresso tecnologico la misura del progresso umano», è fondamentale «fare una pausa, fermarci e riflettere su chi siamo e, forse in modo più critico, su chi vogliamo essere».

Qui, come spesso ha fatto nel corso della giornata, il gesuita Bergoglio invita chi lo ascolta a fare un ‘discernimento’, tipico di Ignazio e del suo carisma. Si tratta di un discernimento sociale, ma che riveste un ruolo decisivo per l’umanità di oggi. Francesco chiede di coniugare la saggezza e l’esperienza degli anziani con l’entusiasmo delle nuove generazioni per «guardare con grande rispetto il dono della vita e la solidarietà con i nostri fratelli e sorelle nell’unica, multietnica e multiculturale famiglia umana».

È in questa direzione che sarà possibile «scegliere uno stile di vita umile e austero che risponda alle urgenze che siamo chiamati ad affrontare». È necessario trovare «un nuovo percorso per il futuro, un percorso basato sul rispetto per ogni persona e per l’ambiente naturale».

La vita è stata, con ogni probabilità, la vera protagonista nella molteplicità delle tematiche affrontate in questa giornata. Del resto proprio questo era il tema che scandiva la tappa giapponese di questo viaggio papale. Protect all life, recita il logo ufficiale della visita.

Ai giovani, rispondendo ad una delle testimonianze che hanno preceduto il suo intervento, papa Francesco ha parlato della necessità e della bellezza di celebrare la vita. «Voi sarete felici, sarete fecondi se conservate la capacità di festeggiare la vita con gli altri» ha affermato il papa.

Ed anche qui il gesuita Bergoglio ha chiamato i giovani ad un percorso di discernimento. «Non è così importante concentrarsi e domandarsi perché vivo, ma per chi vivo. Imparate a farvi questa domanda: non per cosa vivo, ma per chi vivo, con chi condivido la mia vita». Infatti, non ci si può limitare a vivere la vita, sarebbe ancora troppo poco ed ancora troppo egoistico.

Francesco ha sfidato i giovani: «Non solo vivere la vita, ma condividere la vita». Qui sta il segreto per avere qualcosa di bello e prezioso da offrire al mondo: l’amicizia. «I giovani possono dare qualcosa al mondo. Testimoniate che l’amicizia sociale, l’amicizia tra di voi è possibile! La speranza in un futuro basato sulla cultura dell’incontro, dell’accoglienza, della fraternità e del rispetto per la dignità di ogni persona».

 Anche in Giappone, quindi, il papa ha ripreso uno dei temi che gli sono più cari: la cultura dell’incontro, l’accoglienza e la fraternità. Il motivo glielo ha offerto la dolorosa testimonianza di Leonardo Cachuela, giovane filippino, figlio di migranti, che ha parlato della vita difficile di coloro che arrivano in Giappone da altri Paesi per lavorare e studiare. Una esistenza in cui si è oggetto di discriminazione e bullismo che rivelano una cultura dello scarto e della discriminazione a fronte della quale papa Francesco ha proposto la figura di Gesù: «guardare alla vita di Gesù ci permette di trovare conforto, perché Gesù stesso sapeva cosa significa essere disprezzato e respinto, persino fino al punto di essere crocifisso. Sapeva anche cosa significa essere uno straniero, un migrante, uno “diverso” […] è stato il più “emarginato”, un emarginato pieno di vita da donare».

Bergoglio, dunque, più volte, ha fatto chiari riferimenti, qui nella capitale nipponica, al problema dei migranti. Come avevamo accennato nell’articolo di contestualizzazione del viaggio nel Paese del Sol Levante, la problematica è particolarmente sentita, non solo nella società, ma all’interno della Chiesa cattolica dove i cattolici provenienti dall’estero sono ormai in numero superiore a quelli giapponesi, ma spesso, soprattutto quelli che sono arrivati come manodopera si trovano ad essere isolati e sfruttati.

Papa Francesco ha richiamato l’attenzione di tutta la comunità cattolica su questo punto, facendo riferimento ancora una volta alla vita. «Siamo invitati come comunità cristiana a proteggere ogni vita e a testimoniare con sapienza e coraggio uno stile segnato dalla gratuità e dalla compassione, dalla generosità e dall’ascolto semplice, uno stile capace di abbracciare e di ricevere la vita così come si presenta «con tutta la sua fragilità e piccolezza». Ed in questo ha incluso lo straniero, chi ha sbagliato, i malati e i carcerati.

Infine, non può mancare un cenno all’atteggiamento di umiltà, di ascolto e di apprezzamento che papa Francesco ha saputo mostrare anche in questa parte di Asia, come aveva fatto in Thailandia. Citando il suo confratello gesuita, Alessandro Valignano, padre di quella “scuola dell’adattamento” che ha saputo seminare profeti di inculturazione in tutta l’Asia (Matteo Ricci in Cina, Roberto De Nobili e Giovanni Beschi in India, De Rodhes in Vietnam), il papa seguace di Ignazio di Loyola ha pubblicamente affermato: «Chiunque voglia vedere ciò che il nostro Signore ha dato all’uomo è abbastanza per venire a vederlo in Giappone».

Ha apprezzato «il prezioso patrimonio culturale che il Giappone, nel corso di molti secoli di storia, è stato in grado di sviluppare e preservare, e i profondi valori religiosi e morali che caratterizzano questa antica cultura». Ha invitato i fedeli delle diverse religioni a continuare a costruire una cultura del dialogo «per un futuro di pace, ma anche per preparare le generazioni presenti e future a valorizzare i principi etici che servono come base per una società veramente giusta e umana».

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