Ti perdono…e poi?

È un ingrediente fondamentale della vita di coppia. Lo strumento per “ripartire” insieme. Rino Ventriglia, autore di Le spie rosse dell’amore (Città Nuova, 2013) spiega il valore e la ricchezza del perdono nella vita a due.
le spie rosse dell'amore_copertina

Per-dono: interessante che in lingua inglese, francese, tedesca e italiana l’etimologia della parola sia identica: un dono per l’altro. Sul perdono è stato detto tanto. Si parla del perdono in varie discipline.

Si parla del perdono e della misericordia nel cristianesimo (pensiamo alla parabola del Padre misericordioso, al racconto della Samaritana…). Per poter parlare del perdono dobbiamo, dapprima, soffermarci sul concetto di colpa e di responsabilità.

[…]

Tante volte ho constatato che si fraintende il concetto di perdono. Perdonare non coincide con il subire passivamente. La rassegnazione è il comportamento “passivo” che nasce da una svalutazione. Si può valutare a 4 livelli:

1) non accorgersi dell’esistenza del danno (per esempio un partner non è consapevole che l’altro si comporta in modo egoistico disinteressandosi completamente delle esigenze familiari e assume un ruolo materno);

2) essere consapevoli del danno, ma non dargli importanza (ritornando all’esempio precedente, si è consapevoli di comportarsi “da madre” e che il partner assume comportamenti irresponsabili, ma non si da importanza alla cosa);

3) notare il danno, riconoscerne la lesività e pensare che in certe situazioni nessuno può far niente (si è consapevoli, si dà importanza ai comportamenti disfunzionali propri e del compagno, della compagna, ma si pensa che la situazione non abbia soluzione);

4) svalutare la propria capacità di agire per cambiare la situazione (si è consapevoli, si dà importanza ai comportamenti, si pensa che si potrebbe fare qualcosa per cambiare la situazione, ma ci si sente incapaci di agire).

Queste situazioni sono caratterizzate dalla passività, cioè dal non affrontare il problema, e promuovono rapporti simbiotici che, come abbiamo visto, consideriamo “spie” lampeggianti.

Ma ritorniamo al perdono. Esso non è il desiderio di quiete, tipico di quelle persone per le quali la priorità nella vita è evitare le discussioni, i litigi, i conflitti, la rabbia, la disperazione, il dolore…

Perdonare, inoltre, non coincide con dimenticare. Il dimenticare che, in termini psicologici, definiamo “rimuovere” è un meccanismo di difesa utilizzato dal nostro “io” quando non riusciamo a vivere l’angoscia provocata dai comportamenti degli altri o dalle nostre pulsioni. Ma questa è una dinamica inconscia. Consapevolmente non possiamo decidere di dimenticare il danno subito; esso è parte della nostra storia.

Rassegnarsi passivamente ad azioni dannose del partner può nascere dalla paura, paura di un pericolo reale o immaginario. Reale se il partner è oggettivamente pericoloso; immaginario se sul partner si proiettano figure del passato pericolose e/o minacciose…

Il perdono è un processo attivo, per certi aspetti inquietante, che nasce dall’elaborazione di vissuti emotivi la cui intensità è proporzionale all’intensità dell’azione offensiva e che è costituito da cinque condizioni:

1) la consapevolezza del danno subito e delle conseguenti emozioni;

2) l’elaborazione della rabbia, l’emozione che le persone provano quando sono danneggiate;

3) la rinuncia alla vendetta;

4) la rinuncia al risarcimento;

5) la rinuncia a dimostrare che si ha ragione.

Da questo elenco comprendiamo la complessità del perdono, il percorso psicologico che richiede anche quando si è animati da valori spirituali, la necessità di un tempo, il “tempo del perdono”.

[…]

Il perdono, accanto alla gratitudine e alla tenerezza, è uno degli “ormoni della crescita” dell’amore! Dà un impulso vitale alla coppia, a entrambi i partner. L’offensore, quando è perdonato, arricchisce il suo amore di gratitudine, che è un ingrediente essenziale in ogni rapporto.

In quel «Grazie di te!» che ho ascoltato tante volte dirsi tra partner è sotteso il messaggio che solo l’amore vero, cresciuto, sofferto e gioioso sa dare: Grazie perché sei proprio tu, così come sei. Grazie perché mi hai accolto. Grazie per la pazienza. Grazie per avermi fatto credere di essere importante, nonostante i miei limiti e le lacrime che ti ho provocato.

Da Rino Ventriglia, Le spie rosse dell’amore, cosa non fare nella vita di coppia (Città Nuova, 2013)

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