Tante attese, altrettante convinzioni

Il Sinodo visto dalla prospettiva di osservatori e studiosi africani.
Africani

Anche le aspettative di osservatori e studiosi africani nei riguardi del Sinodo sono numerose. E non difetta un po’ d’orgoglio. «La Chiesa in Africa cresce a un tasso molto rapido – sottolinea Gunther Simmermacher, direttore di Southern Cross, settimanale dei vescovi sudafricani –. Spero, perciò, che il Sinodo dia alla Chiesa in Africa più fiducia in sé stessa e non venga più considerata solo come terra di missione. Ora, infatti, è l’Africa che invia missionari in Europa».

A Simmermacher piacerebbe «che i padri sinodali avviassero un confronto aperto sull’Aids in Africa». Trenta milioni sono le persone colpite. «Quando il papa, durante il volo verso il Camerun, parlò di Aids e preservativi, insistette sull’opportunità di tendere all’astinenza al di fuori del matrimonio e alla fedeltà al suo interno. È un’indicazione facile da capire per i cattolici occidentali mentre risulta molto meno comprensibile nel contesto africano, dove il sistema patriarcale e la concezione culturale del sesso priva molte donne della propria autonomia e impedisce qualsiasi possibilità di scelta. È un tema su cui riflettere».

 

Per Sylvestre Ndoumou, caporedattore di Effort Camerunais, giornale della conferenza episcopale camerunese, «il tema dei lavori riassume i desideri dell’Africa intera. Si tratta di una profonda riflessione sui problemi che sono all’origine del sottosviluppo dell’Africa. Riconciliazione, giustizia e pace sono tre elementi essenziali nella gestione dei Paesi africani. C’è da sperare che i lavori sinodali possano offrire indicazioni chiare riguardo all’azione dei politici africani».

I contesti bellici costituiscono una sfida permanente. Martin Nkafu, camerunese, docente di cultura, religione e pensiero africani alle università Lateranense e Gregoriana di Roma, parte proprio da lì. «Sono ancora in corso molte guerre in Africa. Come portare il Vangelo in quei Paesi? Ora più che mai evangelizzare coincide con la promozione umana e con il perseguimento della pace e dello sviluppo dei popoli. Tuttavia, nell’odierna situazione africana, l’evangelizzazione non può essere portata avanti solo dal missionario o dal sacerdote, ma c’è bisogno di tutti i cristiani. Io ritengo che non serva un nuovo annuncio, piuttosto una nuova testimonianza della Parola, della Parola vissuta. Occorre essere testimoni. Allora ogni cristiano diventa missionario nel proprio ambiente».

 

Un grande ruolo possono svolgere i laici. Lo conferma pure Marcellus Ugbo, professore di Diritto africano negli Stati dell’Africa e Diritto musulmano alle università Lateranense e Urbaniana di Roma: «Nel mio Paese, la Nigeria, negli ultimi tempi si sono verificati episodi di violenza tra cristiani e musulmani, con tanti morti. È perciò importante favorire la formazione, perché un vero cristiano, così come un vero musulmano, non può essere fanatico». Infine, «la corruzione è una piaga in Africa ed è importante che la Chiesa abbia una posizione chiara e senza compromessi. Ci sono Paesi come Nigeria o Angola che sono ricchissimi, ma le popolazioni sono prive di tutto».

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