Sulla vicenda del crocifisso/2

Continuiamo a ricevere una gran quantità di lettere ed email sulla questione aperta dalla Corte di Strasburgo sui diritti umani con il divieto proposto all’affissione del crocifisso nelle aule scolastiche. Altri estratti.
crocifisso

 

 

«La Segreteria di Retinopera, in piena sintonia con i contenuti della Prolusione del presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, alla recente Assemblea dell’Episcopato italiano, si sente impegnata a salvaguardare quel sentire comune che ci può aiutare ad arginare il “progressivo ritiro dei cittadini nel proprio particolare” ed a “svelenire il clima generale”.

«Il Paese, infatti, esige da tutti un impegno effettivo per una svolta radicale nei comportamenti di ciascuno, attraverso un supplemento d’impegno che aiuti a vincere quei sentimenti di odio che sembrano concretizzarsi nei rapporti sociali e politici. Sentimenti di odio che non aiutano la soluzione dei problemi e, anzi, li distorcono. Come, ad esempio, il ragionamento viziato sul presupposto che il crocifisso possa costringere ad una professione di fede.

«In realtà, il Crocifisso esprime la nostra cultura e l’identità ed è un simbolo che può aiutarci a mantenere coesa la società intorno a valori tradizionali e fondanti. Per questo, la Segreteria di Retinopera invita le proprie Organizzazioni ad impegnarsi affinché il Paese possa tornare a crescere per una concreta giustizia sociale che solleciti la responsabilità di ciascuno e generi una coscienza comune, per superare gli interessi particolaristici, a favore del bene comune.

«E ciò sarà possibile attraverso il cambiamento degli stili di vita di ciascuno e di un nuovo modo di essere presenti nella vita sociale del nostro Paese, imparando anche a pagare di persona, per “gettare ponti” e superare intolleranza ed incomunicabilità per riannodare, come ci chiede il Santo Padre Benedetto XVI, relazioni fondate sulla riconciliazione e sulla fraternità».

Retinopera (Associazione tra 18 aggregazioni ecclesiali impegnate nel sociale – www.retinopera.it)

 

«La sentenza sul crocifisso la Corte non solo dimostra ignoranza, ma dà una legittimazione all’esclusione da un importante spazio pubblico della comunità italiana, come la scuola, di un simbolo culturale e religioso, non solo radicato profondamente nella tradizione italiana ed europea, ma che ha segnato e segna un profondo cambiamento nella storia dell’umanità, che la orienta alla pace, alla fraternità universale e al bene comune sociale ed ecologico.

«Si tratta di una effige che nell’esperienza consumata della crocifissione, ricorda e riassume l’intera esperienza di ogni forma di dolore psichico, fisico e sociale dell’uomo, in ogni tempo e condizione della storia. L’uomo innocente, il perseguitato, il calunniato, il deriso, il tradito, l’umiliato, l’oltraggiato, il prigioniero, il torturato, il condannato a morte… l’abbandonato. Una effige che ammonisce tutti a guardare la vita e la storia dalla parte delle vittime.

«L’Uomo, il Figlio di Dio per i cristiani, il grande profeta, figlio di Maria, per i mussulmani, il figlio ebreo della stirpe di Davide, che ha liberato la fede dall’oppressione del potere religioso, che ha sradicato dal cuore dell’uomo la categoria del nemico nata nel seno della filosofia occidentale, che ha liberato l’uomo da ogni forma di schiavitù e di discriminazione di genere, di religione, culturale, politica.

«Questi sono i significati storici, civili e politici oltre che religiosi, che trapelano da quell’effigie e che il crocifisso rappresenta. Un patrimonio valoriale che la tradizione italiana ed europea è chiamata a custodire, disponibile a tutti».

Luigi Triggiano

(Presidente della “Commissione Pace, cooperazione e diritti umani, Comune di Arezzo”)

 

«Ho appreso la notizia dal telegiornale costernata e addolorata. Mi sono subito chiesta cosa fare. Avevo conservato un articolo riportante una lettera del crocifisso all’uomo. Ho pensato di farne fotocopie per la scuola dove insegno. Ma perché solo per la scuola e non anche per la città? Così ho affisso per le vie cittadine questa lettera. È stato motivo di dialogo e arricchimento. Due musulmani si sono fermati e hanno espresso tutto il loro rispetto; alunni di varie scuole, meravigliati, hanno appreso della persecuzione dei cristiani nel mondo, come ho potuto spiegare loro; tanti colleghi mi hanno chiesto una copia di questo articolo e alcune mie alunne hanno voluto aiutarmi nell’affissione. Qualcuno le ha anche strappate, ma mi piace pensare a questa conclusione suggeritami con passione da una mia alunna: “Professoré, l’ha trovata così bella che se l’è portata a casa per rileggersela!”».

Maria Teresa Baselice – Nocera Inferiore (Sa)

 

«Dopo che la Corte europea ha sentenziato di togliere i crocifissi dalle scuole, qualcuno ha tirato in ballo don Milani per dire che lui il crocifisso lo tolse 62 anni fa dalla scuola popolare di San Donato. Il gruppo degli ex allievi di don Milani di Calenzano (Fi) ha fatto sapere che è vero, ma don Lorenzo lo fece esclusivamente per contribuire a vincere la resistenza dei giovani comunisti a frequentare la scuola, trattenuti dalla propaganda del loro partito che additava la Chiesa, preti e simboli religiosi come nemici del popolo».

Fernando Cabildon

 

« Marco Travaglio che dice: “Gesù Cristo è (…) da duemila anni, uno ‘scandalo’ sia per chi crede alla resurrezione, sia per chi si ferma al dato storico della crocifissione. L’immagine vivente di libertà e umanità, di sofferenza e speranza, di resistenza inerme all’ingiustizia, ma soprattutto di laicità (‘Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio’) e gratuità (‘Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno’). Gratuità: la parola più scandalosa per questi tempi dominati dagli interessi, dove tutto è in vendita e troppi sono all’asta”, mi fa un piacere incredibile, mi edifica e mi fa sperare».

Roberto di Pietro – Padova

 

«Agli studenti cui insegno storia e filosofia ho chiesto: “Scusate, se in questo momento togliessi il crocifisso dalla parete della classe, cosa cambierebbe nella vostra vita?”. Nulla, è stata la risposta degli allievi. Poi ho parlato del simbolo e del suo significato e del perché della sua  presenza in classe; non conoscevano alcunché. Allora è questione di cultura… Eppure abbiamo l’insegnamento di religione a scuola dalla Riforma Gentile! Come mai non si fa cultura a scuola? Ho spiegato loro che quel simbolo ci ricorda che il nostro stare insieme ha senso per Dio, posizione verticale della croce, se viviamo e ci aiutiamo come in un abbraccio umano; questa  la dimensione orizzontale.

«Personalmente non farei una crociata, brutto termine,  per la presenza del crocifisso in classe, ma per realizzare a scuola un vero laboratorio culturale. Ad esempio, in filosofia e in storia, quante mezze verità comunichiamo agli allievi? Punterei a fare una crociata per una scuola di qualità, con docenti qualificati e che continuamente si qualificano».

Mario Damiano

 

«La questione del crocifisso non riguarda, a mio avviso, la religione o la religiosità di ognuno ma l’identità e quindi la civiltà di noi cittadini, italiani ed europei.
 Nessuno si è mai sentito offeso, perché il calendario inizia dalla nascita di Gesù, perché
si festeggiano il Natale e la Pasqua, perché la domenica è festivo e si chiama in italiano “domenica” (da dominus, signore), o perché
la gran parte delle opere d’arte italiane sono considerate patrimonio dell’umanità e hanno come tema centrale la storia di Gesù e del cristianesimo.

«Al di là di quello che Gesù Cristo rappresenta per i credenti, questi simboli tramandano il ricordo
di un uomo che ha proclamato e testimoniato, con la sua vita e morte, gli ideali di uguaglianza, di libertà, di giustizia e fraternità tra gli uomini».

Vincenzo

 

«Grazie Michele, per l’editoriale “Il crocifisso e Levi-Strauss”. Riesci a mostrare, con un equilibrio mantenuto sia da una ricca preparazione che da una vita alimentata dalla Vita, la stupidità di un’Europa mossa da burattinai in cerca di mestiere».

Tanino

 

«Ho riletto nel Vangelo un brano della Lettera agli Efesini: “Cristo infatti è la nostra pace, colui che ha fatto di due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia, annullando, per mezzo della carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l’inimicizia”.

«Che cosa abbiamo dunque fatto per trasformare questo simbolo di pace in un simbolo di inimicizia e sollevare questo muro di separazione? L’oggetto che noi abbiamo appeso al muro è muto, pronuncia purtroppo solo le parole, dette in suo nome, che escono dalla nostra bocca».

Giorgio

 

 

«Sono convinto che quel simbolo nelle scuole forse andrebbe proprio tolto. Il fatto che si dia per scontata l’attuale cristianità del popolo italiano è purtroppo una terribile mistificazione a cui qualche pericoloso potere sta dando corpo. I cristiani in Italia oggi sono minoranza anche senza addentrarsi nella distinzione praticanti o meno e questo lo sanno tutti, basti vedere le chiese sempre più vuote, la crisi delle vocazioni, la crisi del matrimonio, l’aumento delle disparità sociali… Deve far riflettere e preoccupare dunque che lo Stato italiano nelle sue autorità governative, partiti politici, movimenti secessionisti siano così  interessati a voler “celebrare i simboli cristiani” per la creazione e il rafforzamento della propria identità culturale. Per me si tratta di “appropriazione indebita” da parte di un potere che ha da questi simboli il solo interesse di trarne un’investitura.

«So di non far piacere se dico che Città nuova prosegue nella sua linea di “par-condicio”, senza essere ancora in grado di dire parole chiare su certi temi, non avendo cioè la stessa chiarezza che ha nel trattare temi come l’aborto, che mette d’accordo tutti. Perché non avere il coraggio di andare controcorrente denunciando che forse un po’ di olio di ricino questo Paese se lo merita, e fintanto che non sarà veramente cristiano quel crocifisso sulle aule delle scuole non lo merita più?

«L’esperienza della croce i cristiani devono testimoniarla al mondo, e non usarla come addobbo per delimitare i confini del proprio regno. La sua presenza oggi su quei muri rischia di essere solo un’ipocrisia. Come se bastasse quel simbolo a fregiarsi di essere cristiani, mentre chi lo difende e guida la nostra società va da tutt’altra parte. Quando ero bambino e ragazzo, non era certo la presenza di questo simbolo in classe a farmi ricordare di essere cristiano e testimoniarlo anche a scuola, bensì la testimonianza della mia famiglia e dei miei amici, grandi e piccoli, con i quali condividevo e imparavo a vivere secondo la legge dell’amore, perché come diceva Madre Teresa: “C’è bisogno di crocifissi vivi”. Un passo indietro, da cristiano, lo farei. Accetterei la sfida. Per un cristiano togliere il crocifisso da un muro è certamente una grande sconfitta, come una grande sconfitta l’ha provata Gesù sulla croce… “Sconfitto e abbandonato”. Possiamo “abbracciarla” questa Croce? O siamo troppo orgogliosi e pieni della nostra cultura secolare per tornare a riconoscerLo? Abbiamo il coraggio della nostra fede e della nostra testimonianza? O abbiamo paura e ci aggrappiamo ad un simbolo, per quanto immenso e pieno di significato per noi?»

Marco M.

 

Cristiani tornate nelle catacombe. Se siete portatori di luce, essa si vedrà ugualmente, forse anche di più, costretti nel buio dei sottoscala! È quanto pensano non solo coloro che vorrebbero ritirare i crocifissi dalle aule scolastiche e dai luoghi pubblici – e perciò incappucciare ogni croce sui campanili o fors’anche offrire, nei centri commerciali, della simpatiche cuffiette alle signore che la croce la portano come ciondolo… – ma è il pensiero anche di alcuni cristiani. In fondo, non è forse vero che i seguaci di Cristo, dovrebbero con la loro stessa vita essere dei “Cristofori”? Dunque, a cosa servirebbero dei simboli esposti in pubblico?

Vista da questa prospettiva ci verrebbe la voglia di dargli ragione: la vita cristiana si vive, non si sbandiera con presunzione e soprattutto, quando c’è, si vede, si fa pubblicità da sé. Ma i crocifissi nelle aule sono pubblicità? Le croci dei campanili, delle bandiere degli Stati, le croci posizionate lungo le strade, le edicole dei santi, della Madonna presenti ovunque in Italia, Europa, Americhe e fin dove il cristianesimo è arrivato a costruire le fondamenta di molti popoli, sono pubblicità? Sono affermazione presuntuosa e superba che vuole schiacciare e negare la libertà di ognuno di professare la proprio fede?

«Non è così! Chi pensa questo confonde le carte e non dice la verità neanche a sé stesso. Quelle croci, quei simboli religiosi, quelle costruzioni, sono storia.

«Volenti o nolenti, infatti, la civiltà occidentale si è andata costruendo su quel crocefisso. Esso, spesso, è simbolo dell’identità di quei popoli che in passato hanno gioito e sofferto sotto quella croce e senza la quale non si potrebbe spiegare la vita di secoli di umanità. Non troverebbe più ragione la vita di grandi uomini, le loro intuizioni, le loro scoperte scientifiche, le loro azioni in favore della comunità civile, gli stessi illustri artisti di ogni campo si ritroverebbero senza più ispirazione. Ed ancora, chi potrebbe spiegare la vita quotidiana della gente semplice che ha resistito a guerre, catastrofi e carestie, grazie a quel crocefisso? E non spingiamoci oltre, perché non si valuterà mai abbastanza quanto la nostra cultura sia impastata di cristianesimo.

«E si sa, senza riconoscere tutto questo, senza radici, senza passato, l’umanità non ha futuro. Di questa antica verità, spesso sembra ci si voglia dimenticare.

A chi dice di voler essere libero di educare i propri figli nel modo da lui voluto, chiedo in cosa il crocefisso, il candelabro ebraico, una moschea o un tempio sikh nella propria città…, impedisca loro di farlo. Paura forse che il bambino vedendolo si interroghi su quella figura? Faccia loro domande? Bene, avreste l’opportunità di spiegare al vostro figliolo le convinzioni di famiglia ed argomentarle. Ho paura che per loro, invece, educare non significhi argomentare, spiegare e lasciare liberi di scegliere, ma, forse, cancellare, nascondere, così che non nasca affatto il problema, che il loro bambino cresca sulla luna o dentro una bolla, purché sia al riparo da ogni stimolo che possa nuocergli. Attenzione! Direbbe un induista, un ebreo, un appartenente delle religioni tradizionali africane: l’opera della creazione – e della salvezza, aggiungerebbe un cristiano – è presente ovunque… anche sulla luna!

«Mi sembra che tali genitori di fatto stiano negando non tanto qualcosa agli altri bambini cristiani, musulmani, ebrei… che se credono nel loro Dio possono vederlo ovunque, ma al loro stesso figliolo che si vedrà amputare un pezzo rilevante e fondamentale di storia e cultura dell’umanità, con tutti i rischi di chi improvvisamente dovesse uscire dalla bolla in cui è cresciuto.

«Detto questo, stiamo attenti a non fare una nuova crociata a non alzare steccati e palizzate; piuttosto, sull’esempio di chi ha amato fino alla croce, spalanchiamo anche noi cuore e braccia. A mo’ di quel crocefisso, diamo vita ad un amore che tutti accoglie e comprende».

Sara Felli

 

«Siamo una coppia di Gela (CL), sposata con figli e con differenti posizioni nei confronti della religiosità: marito agnostico e moglie cattolica cristiana non praticante. Leggendo e commentando l’editoriale di Zanzucchi sulla vicenda dell’affissione del crocifisso nella aule delle scuole italiane, ne sono venute fuori alcune considerazioni per dire la nostra sul vostro periodico che leggiamo grazie ai nostri amici che hanno voluto regalarci l’abbonamento annuale.

«Tutti, a vario titolo e per varie ragioni, sentiamo il bisogno di relazionarci con altre persone o con entità spirituali aiutandoci con i simboli. La storia dell’uomo è fatta di simboli e questo è innegabile. Sul fatto che i simboli vadano salvaguardati, quindi, siamo tutti d’accordo ma, a nostro modo di vedere, la vera domanda da porsi è: quale rapporto con i simboli?

«Prima di rispondere ognuno sarà sicuramente portato a fare un distinguo tra i simboli in cui si riconosce e i simboli in cui non si riconosce o, quanto meno, gli sono indifferenti. È ovvio che il credente troverà perfettamente naturale vedere esposti i simboli della propria religiosità in tutti i contesti della sua vita privata e anche in quella pubblica. Ma, credente o meno, l’uomo tende a relazionarsi anche con simboli di altro genere che si rifanno, ad esempio, al capo dello Stato, al partito politico, alla squadra di calcio del cuore…

«Quando una persona nutre devozione o rispetto contemporaneamente per un simbolo religioso, per una bandiera nazionale, per una bandiera politica o per quella di una squadra di calcio, sicuramente vorrà essere libero di potere esporre tutti questi simboli nella sfera privata della sua vita. Ma sarebbe lecito pretendere di poterlo fare anche in quella pubblica?

«Bisogna ricondurre ogni cosa al proprio posto: i simboli religiosi nei luoghi di culto, le bandiere nazionali negli uffici pubblici, quelle politiche nelle sezioni di partito, quelle di calcio nei circoli sportivi ecc. Uno Stato laico e democratico ha il dovere di garantire la libertà di tutte le espressioni religiose ma non può identificarsi in esse, tanto meno in forma esclusiva.

«La Costituzione italiana non è stata scritta nel nome di un Dio ma secondo i principi laici di libertà, uguaglianza e democrazia, ed essa garantisce i diritti civili di tutti i cittadini compresa la libertà di culto, qualunque esso sia, purché non contrasti con le leggi dello Stato. Ma questo concetto è stato espresso in maniera più che brillante proprio da Michele Zanzucchi quando dice: “La diversità è infatti una ricchezza per una società laica e democratica”. Zanzucchi asserisce, quindi, che laicità vuol dire garantire la convivenza delle diversità, ma ciò contrasta con la pretesa di esposizione monopolista del simbolo di un singolo credo religioso negli uffici pubblici.

«Ci sarebbe poi da discutere anche sull’effettivo ritorno che questi simboli producono: lo stesso Zanzucchi ci rivela che “anche se li si cancellano esteriormente, restano presentissimi nella vita dei cristiani”; quindi non vediamo dove sta il problema se, a maggior ragione, nel nostro Paese nessuno si sogna di cancellare il crocifisso. Si chiede, semmai, di esporlo negli spazi preposti (chiese) e nei luoghi privati.

«Riteniamo di non poter condividere la posizione intransigente della Chiesa su questa questione che rischia solo di far lievitare le cause che ne stanno mettendo a dura prova l’autorevolezza. Noi vorremmo che questa sentenza potesse essere colta come l’opportunità per compiere un’apertura e un reale avvicinamento nei confronti delle genti e di tutte le confessioni religiose (strada sulla quale Giovanni Paolo II ha avuto il coraggio di avventurarsi con sincero impegno, pur fra mille difficoltà), dimostrando di non avere paura di fare un passo indietro rispetto a posizioni acquisite in particolari contesti storici e ormai diventate anacronistiche.

«Si disinnescherebbe, così, anche la scandalosa strumentalizzazione che della questione ne ha fatto sia gran parte del mondo politico di tutti gli schieramenti, al quale importa poco delle sorti del crocifisso e molto, invece, del consenso elettorale degli ambienti clericali, sia la televisione che ci propina inqualificabili performance di sedicenti difensori delle posizioni della Chiesa.

«Restituire, quindi, la giusta dignità ad un simbolo la cui presenza, però, non può e non deve essere imposta a nessuno, anche se si trattasse di una minoranza. Sicuramente non lo vorrebbe neanche Gesù Cristo. Lasciamolo in pace nelle chiese, alla portata di quanti sentano il bisogno di avvicinarvisi».

Ignazio e Silvana Di Dio

 

«Finalmente é stato individuato il nemico numero uno dell’educazione europea: il crocifisso! Ci voleva l’arida fantasia giuridica di sette paludati giudici della Corte europea stimolati da un’algida finlandese, ora nostra concittadina, offesa da quell’ingombrante presenza nelle scuole italiane. Summum ius summa iniuria. È pericoloso esporre il simbolo che ricorda chi affermò che l’amore di ogni persona per l’altro è il fondamento dell’umanità perché “tutti siano uno” e per questo fu messo in croce. Ma non si riesce proprio a immaginare che se si applicasse quel che l’uomo in croce dice non vi sarebbero violenze, torture, guerre e oppressioni? Può il simbolo di chi predicò “ama il prossimo tuo come te stesso”, dando per questo la vita, spaventare chi è libero di pensare altrimenti? Forse sì: altrimenti come farebbero i predicatori di violenza, i venditori di armi, di droga, di morte, gli adoratori del dio denaro, gli affamatori, se si ascoltasse e applicasse nel mondo il monito gridato da quel sovversivo che vuole scacciare i mercanti dal tempio, esaltare gli operatori di pace?

«In questa ottica il crocifisso è pericoloso, sovversivo, va eliminato dalle scuole dove si plasma il futuro. Anche se una ragazza musulmana diceva con semplicità in televisione: “A me il crocifisso non ha mai dato fastidio e i miei genitori mi hanno fatto studiare in una scuola dove ho appreso con lui nell’aula”. E Abdel Shamir, presidente del centro islamico a Milano: “Quando fui ricoverato in ospedale lo lasciai lì anche se una suora si era offerta di spostarlo”».

Ennio Di Francesco

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