Strega 2016: nel segno del non romanzo

Nel 70esimo anniversario della manifestazione letteraria (dominata dai soliti editori), vince Albinati. Senza sorprese
Albinati

Pronostico, e classifica provvisoria, pienamente rispettati al Premio Strega 2016. La scuola cattolica di Edoardo Albinati (Rizzoli) ha vinto la 70esima edizione della più antica gara letteraria italiana. Al romanzo dello scrittore romano è andato il solo esito a tre cifre, 143 voti. Votazione finale, proclamazione e premiazione del vincitore, ormai un rito che segna dal 1946 l’incipit dell’estate romana, si sono svolte ieri notte a Roma, per la prima volta al Parco della Musica (l’Auditorium di Renzo Piano), dopo 63 edizioni celebrate a Villa Giulia (curiosità storica: le prime 8, coi pionieri dello Strega animati da Maria Bellonci, la fondatrice, si erano tenute in un hotel di via Sistina).

 

Lo strano titolo scelto da Albinati per il suo libro riguarda l’istituto romano San Leone Magno, un emblema storico del quartiere Trieste, descritto e analizzato minuziosamente, ma in modo discutibile, in quasi 1300 pagine: auguri ai lettori volenterosi! In effetti ridurre un dignitoso rione romano a covo di assassini (gli autori del delitto del Circeo) e in generale vedere nel maschio come tale un inevitabile maltrattatore di donne o peggio, non ci pare, francamente, onesto né antropologicamente fondato e neanche politicamente corretto, criterio a cui oggi giustamente si tiene.

 

Al secondo posto Eraldo Affinati con L’uomo del futuro (Mondadori), che ha ottenuto 92 voti. Si tratta ancora una volta di un non-romanzo – e il Premio Strega testimonia ogni anno declino e metamorfosi che stanno investendo da decenni il racconto tradizionale – incentrato sulla figura e l’opera di don Lorenzo Milani, rivisitato in chiave autobiografica dall’autore. Uomo, prete e soprattutto maestro e pedagogista sono messi al centro di un itinerario affettivo-ideologico che ripropone, nell’oggi vieppiù problematico, la testimonianza di uno dei massimi educatori del '900, in Italia.

 

Terzo classificato, con 89 preferenze, Vittorio Sermonti, con Se avessero (Garzanti), altro romanzo sui generis, dichiaratamente autobiografico. Il vecchio leone dalla zampata tuttora vigorosa, fine dantista e non solo, ci parla del fratello fascista (scampato alle vendette) e del dramma della guerra civile '43-'45, nei suoi riflessi sulle famiglie. Un libro sul destino, in fondo, e sulle sue sliding doors.

 

Quarto posto per Il cinghiale che uccise Liberty Valance di Giordano Meacci (Minimum Fax), fermo a quota 46. Finalmente un romanzo? Un po’ sì, con quel titolo alla John Ford (ma la storia si svolge sul Trasimeno) e però la trama e i personaggi che ammiccano a Cent’anni di solitudine, quindi, ancora una volta, a un “non più” romanzo.

 

Ideologicamente è tutto “iper” nello Strega 2016: iperfemminismo (e iper-anti-maschilismo) in Albinati e qui in Meacci iperanimalismo, con cinghiali come uomini e uomini al pari (peggio?) di cinghiali. Sarà, ma per noi il troppo storpia, sempre.

 

Al quinto posto con 25 voti arriva finalmente il rosa con Elena Stancanelli e il suo La femmina nuda (La nave di Teseo), questo sì più romanzo, con la donna, l’amore, il mal d’amore, una separazione non accettata e la tempesta di reazioni-sentimenti-turbe-paranoie che oggi purtroppo porta spesso alle tragedie anche di sangue registrate in cronaca. Buona lettura, dunque, sotto gli ombrelloni.

 

Per quanto si voglia snobbare lo Strega (vecchio, dominato dagli editori, ritualistico, commerciale, e poi alla fine quell’incredibile sorsata di liquore da parte del vincitore ecc. ecc.), pure quest’anno l’evento è stato specchio dei tempi, della repubblica delle lettere, dell’attuale termometro culturale e di una Roma che, ahimé, continua ad affondare, tra banchine tiberine divenute inferno.

 

Rimane l’ottimo bilancio storico, enfatizzato in questa 70esima edizione, con premiati ormai lontani – ma classici! – come Elsa Morante e Dino Buzzati, Tomasi di Lampedusa e Primo Levi. E scusate se è poco.

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